domenica 29 dicembre 2019

I poeti della "Linea ligure"


In riferimento alla storia della poesia italiana che comprende circa un cinquantennio, partendo dall'ultima decade dell'Ottocento e giungendo agli anni trenta del Novecento, alcuni critici letterari hanno intercettato una Linea ligure, ovvero una sorta di continuum che lega e accomuna varie generazioni di poeti nati nella regione Liguria. I primi esponenti di questa presunta corrente o scuola, andrebbero identificati in Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Mario Morasso, Alessandro Giribaldi ed altri poeti di un cenacolo che si formò a Genova intorno al 1896, e che contribuì non poco al rinnovamento della poesia italiana. Questo gruppo di poeti si rifaceva al simbolismo francese, ma non soltanto. Dopo di loro, emersero altri autori di versi nati in Liguria, la maggior parte dei quali trovò spazio nelle pagine di due riviste importanti: La Riviera Ligure e La Voce; tra di essi spiccano i nomi di Camillo Sbarbaro, Giovanni Boine e, sebbene anagraficamente più anziani, i due fratelli Angiolo Silvio e Mario Novaro (entrambi diressero La Riviera Ligure). Infine, esiste un'ultima generazione "ligure", che si fece conoscere nella terza e nella quarta decade del XX secolo, grazie ad opere di indubbio valore; di questa fa parte addirittura il premio Nobel Eugenio Montale, ma vanno anche ricordati altri nomi meritevoli come quelli di Adriano Grande e di Angelo Barile (anche se quest'ultimo, per la data di nascita, dovrebbe appartenere alla generazione precedente). A proposito di questa generazione, c'è da ricordare che molti di loro pubblicarono poesie in un'altra rivista memorabile, nata nel 1931 grazie ad Adriano Grande: Circoli.
Sinceramente, devo dire che, come è piuttosto facile rintracciare i nomi dei poeti della citata Linea ligure, così è difficile trovare un punto di unione che possa ritenersi attendibile per confermare la tesi secondo la quale esistono delle somiglianze nel fare poetico di tre o quattro generazioni nate, più o meno, negli stessi luoghi.
Alla fine ho rinunciato all'impresa: almeno per me non esiste nemmeno un elemento che possa fare da trade union tra tutti questi poeti, spesso così differenti e distanti - poeticamente parlando - tra loro. Mi limiterò perciò a fare un elenco dei loro nomi (scusandomi nel caso in cui ne abbia dimenticato qualcuno), inserendo alcuni dati biografici e bibliografici, e quindi lasciando ancora aperta la possibilità, forse recondita, di trovare qualcosa di unitario, ovvero un idem sentire poetico tale da poter affermare con certezza l'esistenza di una Linea ligure della poesia italiana tardo-ottocentesca e novecentesca.


Copertina di un numero della rivista "La Riviera Ligure"



I POETI DELLA "LINEA LIGURE"


ITALO MARIO ANGELONI (Genova 1876 - Torino 1957)
Scrittore, pittore e artigiano, fu docente di lettere e di storia dell'arte. Dopo la fine della Grande Guerra si trasferì a Torino, dove visse fino alla morte. Scrisse versi in dialetto e in  lingua; in questi ultimi, pubblicati nei volumi La fantasia del Crepuscolo (1899), Le Nevi (1900) e Il Conquistatore (1910), il suggestivo paesaggio alpino la fa da padrone.

ADELCHI BARATONO (Firenze 1875 - Genova 1947)
Pur nato a Firenze, visse prevalentemente a Genova, e si distinse come filosofo. Praticò la poesia soltanto in gioventù, pubblicando col fratello Pier Angelo un volume di versi intitolato Sparvieri (1900), dove si riscontrano temi vicini al decadentismo e qualche elemento che si ritrova nella poesia di Eugenio Montale.

PIERANGELO BARATONO (Roma 1880 - Trento 1927)
Al di là del luogo di nascita, va considerato a tutti gli effetti un ligure, e in particolare un genovese (a Genova dedicò diversi suoi scritti). Fu poeta in giovanissima età, quando, col fratello Adelchi, pubblicò Sparvieri (1900); in seguito abbandonò la poesia per abbracciare la prosa, ottenendo anche diversi riconoscimenti. I suoi versi, in parte, anticipano quel mondo favolistico su cui si basano i suoi migliori romanzi.

ANGELO BARILE (Albissola Marina 1888 - ivi 1967)
Collaboratore di varie riviste, tra cui Solaria, cofondò Circoli. Iniziò a pubblicare libri di versi oltre i quarant'anni. Nelle sue opere (Primasera, 1933; Quasi sereno, 1957; Poesie, 1965) spiccano una forte e pur sofferta religiosità, un'attenzione particolare agli ultimi della terra e la descrizione appassionata dei luoghi dove ha vissuto.

GUGLIELMO BIANCHI (Lavagna 1899 - ivi 1966)
Di famiglia benestante, fu poeta, giornalista e pittore; fu redattore e condirettore della rivista Circoli. Pubblicò due libri di versi: Sciamiti (1923) e Sestante (1937). La sua poesia si rifà al migliore Cardarelli, con, in aggiunta, una rara fantasia e una prevalenza di temi pittorici (come detto, il Bianchi fu anche pittore di fama).  

GIOVANNI BOINE (Finale Marina 1887 - Porto Maurizio 1917)
Cofondatore della rivista Rinnovamento, collaboratore della Voce e della Riviera Ligure, fu uno spirito fortemente tormentato; nei suoi scritti filosofici si nota spesso un travaglio interiore di chi si trova a metà strada tra una visione della realtà prettamente razionale e una tendenza istintiva verso la religione cristiana e i suoi principi incontestabili. Scrisse delle poesie in prosa molto originali, che vennero pubblicate in volume dopo la sua morte col titolo Frantumi (1918).

GINO BORZAGHI (1872 - 1935)
Di lui si sa pochissimo. Pubblicò due volumetti di versi, il primo dei quali, intitolato Sinfonie luminose (1893), contiene anche alcune liriche di Mario Morasso. Qui, come anche in alcuni versi di Nel passato (1902), si notano alcune caratteristiche riconducibili al simbolismo ed altre che lo avvicinano ai poeti minori del secondo Ottocento.

GIOVANNI DESCALZO (Sestri Levante 1902 - ivi 1951)
Autodidatta, nella vita fece vari mestieri tra cui il tipografo, l'operaio e l'archivista; fu per lungo tempo marinaio, e il mare è protagonista in molte delle sue prose e delle sue poesie; quest'ultime furono raccolte nei volumi: Ulgine (1929), Risacca (1933) e Interpretazioni (prose liriche, 1934).

ALESSANDRO GIRIBALDI (Porto Maurizio 1874 - Chiavari 1928)
Lettore entusiasta della poesia simbolista, tentò di importarla in Italia, sia pubblicando una serie di testi poetici in riviste come Endymion e Vita nova (di quest'ultima fu fondatore e direttore), sia dando alle stampe un volumetto a tre mani insieme ad Alessandro Varaldo e Mario Malfettani: Il 1° libro dei trittici, in cui attuò una forma sperimentale di scrittura e di lettura. Finito in carcere dopo aver ucciso accidentalmente un uomo, non pubblicò più nulla in vita. Postumo uscì il volume I canti del prigioniero e altre liriche (1940), che comprende anche molti testi scritti nel periodo di prigionia, e che conferma l'anima decadente e simbolista di questo sfortunato poeta.

ADRIANO GRANDE (Genova 1897 - Roma 1972)
Poeta e giornalista, fondò le riviste Circoli e Maestrale. Il suo primo libro di prose e versi: Avventure, uscì nel 1927; seguirono La tomba verde (1929), Nuvole sul greto (1933), Alla pioggia e al sole (1935), Poesie in Africa (1938), Strada la mare (1943), Fuoco bianco (1950), Preghiera di primo inverno (1951), Canto a due voci (1954). Poeta assai prolifico, inizialmente vicino al Cardarelli, poi al Montale, andò maturando una sua personale scrittura, con sempre più evidenti tracce di una religiosità sincera e tormentata.

MARIO MALFETTANI (Genova 1875 - ivi 1911)
Ottenuta la laurea in legge si dedicò alla letteratura e frequentò alcuni poeti dell'ambiente genovese fra cui Alessandro Giribaldi; appassionatosi di politica, entrò nel partito socialista. Morì suicida. Le sue poesie risentono del clima decadente e simbolista che aleggiava nel cenacolo dei poeti di Genova. Opere poetiche: Il 1° libro dei trittici (con A. Giribaldi e A. Varaldo, 1897), Fiori vermigli (1906).

EUGENIO MONTALE (Genova 1896 - Milano 1981)
Su un insigne poeta come Montale mi sembra inutile aggiungere qualcosa rispetto a ciò che è stato già scritto e detto; mi limito quindi a riportare un elenco delle sue opere poetiche: Ossi di seppia (1925); La casa dei doganieri e altri versi (1932); Le occasioni (1939); Finisterre (1943); La bufera e altro (1956); Xenia (1966); Satura (1971); Diario del '71 e del '72 (1973); Quaderno di quattro anni (1977); Altri versi e poesie disperse (1981).

MARIO MORASSO (Genova 1871 - Torino 1938)
Fu un avanguardista a tutto tondo, a partire dai suoi versi sperimentali, molto vicini all'area simbolista, che pubblicò in gioventù nei volumi: Sinfonie luminose (con Gino Borzaghi, 1893); I Prodigi (1894); Profezia (1902). Nelle sue prose si dimostrò un convinto teorico del macchinismo estetico e, per certi aspetti, anticipò di circa un decennio le idee futuriste di Marinetti. 

ANGIOLO SILVIO NOVARO (Diano Marina 1866 - Imperia 1938)
Fratello di Mario, diresse nei primi anni di vita La Riviera ligure: rivista tra le più celebri del primo Novecento, in cui compaiono i nomi di scrittori di altissimo livello; autore di prose narrative, di prose liriche e di versi, dedicò molti libri al pubblico infantile. Nei suoi migliori versi (e volendo anche in alcune prose poetiche) influenzati certamente dall'opera di Giovanni Pascoli, emergono alcuni elementi costanti, tra i quali la semplicità, la cantabilità ed una tormentata religiosità. Opere poetiche: La casa del Signore (1905); Il Cestello (1910); Il fabbro armonioso (prose poetiche, 1920); Il cuore nascosto (1920), Dio è qui (prose poetiche, 1927), Il piccolo Orfeo (1929); La madre di Gesù (1936) e Tempietto (1939).

MARIO NOVARO (Diano Marina 1868 - Imperia 1944)
Fratello di Angiolo Silvio, filosofo, direttore per un ventennio della rivista La Riviera Ligure, scrisse un unico libro di versi: Murmuri ed echi, che fu pubblicato per la prima volta nel 1912, e che ebbe varie edizioni che includevano nuove poesie. Novaro è stato un poeta innovativo sia per quel che concerne la forma, sia per i temi trattati; nei suoi versi e nelle sue prose poetiche ha privilegiato il paesaggio ligure, inserendovi emozioni personali, interrogativi esistenziali, riflessioni e meditazioni.

CECCARDO ROCCATAGLIATA CECCARDI (Ortonovo 1871 - Genova 1919)
La sua vita irregolare e tormentata fece sì che venisse accostato ai "poeti maledetti"; tant'è vero che, questa abitudine al randagismo e all'irrequietezza gli procurò un precoce logoramento del corpo. Fu carducciano, pascoliano e dannunziano, lesse e in parte imitò i poeti decadenti francesi, ma soprattutto fu poeta originale, cantore del paesaggio apuano e versiliese. Anche Eugenio Montale parlò di lui come un fondamentale maestro. Le sue opere poetiche principali sono: Il libro dei frammenti (1895); Sonetti e poemi (1910) e Sillabe e ombre (postumo, 1925).

CAMILLO SBARBARO (Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967)
Traduttore eccellente, studioso e collezionista di licheni, collaborò alla Voce e alla Riviera Ligure con poesie e prose poetiche. Dopo l'esordio di Resine (1911), si fece conoscere grazie alla raccolta Pianissimo (1914), in cui la lezione leopardiana si unisce alla crisi esistenziale dell'uomo del XX secolo, inaridito dalla vita cittadina e dall'assenza di valori. Ottime anche le sue prose, che cominciò a riunire a partire dal 1920, in un volume intitolato Trucioli. In seguito diradò le sue pubblicazioni; tra di esse non è da considerarsi rilevante la nuova edizione di Pianissimo, che presenta diverse rielaborazioni e modifiche rispetto al testo originale.

ALESSANDRO VARALDO (Ventimiglia 1876 - Roma 1953)
Giornalista, critico, commediografo e prosatore, scrisse versi in gioventù che pubblicò sia in alcune riviste, sia nei tre volumi: Il 1° libro dei trittici (comprende anche poesie di A. Giribaldi e di M. Malfettani, 1897); Marine liguri (1898) e Romanze e notturni (1904). Poeticamente parlando, il Varaldo mostrò varie tendenze che vanno da un accentuato simbolismo ad un ben curato e intenso paesaggismo, in cui prevalgono i luoghi cari della Liguria.



domenica 22 dicembre 2019

Poeti dimenticati: Carmelo Errico


Nacque a Castel Baronia, in provincia di Avellino, nel 1848. Dopo i primi studi effettuati a Benevento, si trasferì a Napoli, dove conseguì la laurea in Giurisprudenza. Fu quindi a Roma, dove conobbe, tra gli altri, scrittori famosi come Gabriele D'Annunzio e Matilde Serao. Professò l'avvocatura, spostandosi, durante la sua carriera, in varie città italiane. Morì nella capitale a soli quarantaquattro anni.
La poesia di Errico, che si distingue per una sapiente musicalità e per una sincera malinconia, può essere inserita nelle correnti tardo-romantiche e pre-crepuscolari che contraddistinsero la seconda metà del XIX secolo.



Opere poetiche

"Malinconie", Casali, Forlì 1870.
"Versi", Galeati, Imola 1878.
"Convonvoli", Sommaruga, Roma 1883.
"Convolvoli" (2° ed. ampliata), Campitelli, Foligno 1894.





Presenze in antologie

"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (p. 392).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. IV, pp. 54-61).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 597-599).



Testi

UNA VIOLA

China sul gambo gracile
La delicata testa,
O violetta mammola,
Passavi i giorni, mesta.
Sola, sul clivo florido,
Dove l'april fa festa,
         Gemevi sola.

Modesta, in tuo silenzio
Tu di un arcano amore
Parlavi, o vera immagine
Di chi sospira e muore:
Parlavi, e malinconica,
Dolce scendeva al core
         La tua parola.

Trista, ne l'ora tacita
Che si scolora il giorno,
Errando solitaria
Al molle clivo intorno
Una pietosa vergine,
Ti tolse al tuo soggiorno
         E al tuo dolore.

Ne le tue foglie pallide,
O fior senza speranza,
Cadde la mesta lagrima
D'una pia ricordanza,
E pegno d'amicizia
A me venisti. Or stanza
         Hai qui, sul core.

E mi sei cara. Un palpito
Tu mi ridesti in petto,
E i dolci desideri
D'un innocente affetto.
Sempre, o viola mammola,
Mio fiorellin diletto,
         Con me sarai.

Te rimirando, al subito
Svanir dei cari inganni,
Ed ai giorni incantevoli,
Ed ai presenti affanni
Ripenso. Ahimè non tornano
I miei dieciassette anni:
         Vissi, ed amai.

(da "Versi")




MARINA

Ne l'ampia solitudine
Del vespero d'estate
Le paranzelle dormono
Su l'acque addormentate.

Con le vele senz'aria,
Accidiose e lente
Si cullano ne l'ultimo
Raggio del sol morente.

Stanno. In grembo a la tenue
Nebbia crepuscolare
S'immergono, dileguano
Lungi, tra cielo e mare.

Per l'aere non palpita
Nessun'ala di canto;
Di vita nessun fremito
Move dai campi. Intanto

Pe 'l mar de le memorie,
Come una vela bianca,
Pe 'l mar dei sogni naviga
L'anima oppressa e stanca.

E, nel vasto silenzio
De la notte che scende,
La tua gentile imagine
Agli occhi miei risplende.

Invocata, a l'Angelico
Più serena e più bella
Non apparve la Vergine
Ne la deserta cella.

(da "Convolvoli")


domenica 15 dicembre 2019

10 poesie tratte da 10 opere in versi per l'infanzia, scritte da 10 poeti italiani del XX secolo


Quando, già diversi anni or sono, riandai a sfogliare dopo tanto tempo i vecchi libri di scuola, mi fece grandissimo piacere il ritrovarvi alcune poesie semplici, che a volte erano vere e proprie filastrocche, e che mi avevano accompagnato durante i favolosi anni dell'infanzia. Erano versi che avevo quasi dimenticato; ho detto quasi, perché in realtà, dentro di me, qualcosa era rimasto, e questo qualcosa è riemerso non appena ho riletto quelle pagine, suscitandomi un'emozione rara, ed una altrettanto intensa tenerezza, forse dovuta all'estrema ingenuità di quelle parole in rima che ritrovavo intatte, e che ora leggevo con altri occhi e con altri pensieri. Gli autori delle poesie per ragazzi che ho ritrovato nei testi scolastici dei miei tempi, sono più o meno famosi, e rispondono ai nomi di Giovanni Pascoli, Guido Gozzano, Angiolo Silvio Novaro, Renzo Pezzani, Lina Schwarz, Diego Valeri e altri ancora, che non conoscevo né conosco. Da quando mi è nata la passione per la poesia italiana, alcuni di questi poeti hanno riempito gli scaffali della mia personale libreria; però non tutti hanno scritto dei libri di versi destinati al solo pubblico infantile, anzi, ce n'è più di uno che non lo ha mai fatto. In questo mio post, intendo ricordare alcuni di coloro che scrissero e pubblicarono libri di versi per ragazzi o per bambini durante il XX secolo. Sono 10 poeti e 10 poesie; spiccano alcuni nomi, che sono, alla fine, quelli che ho già citato in precedenza. Il libro più vecchio è del 1904 e fu scritto da Lina Schwarz; il più recente, autore Nico Orengo, è del 2000, e quindi si pone al confine col nuovo millennio. I testi che ho scelto forse non sono tra i più famosi, ma proprio per questo ho voluto metterli in luce, visto che li ritengo particolarmente belli e meritevoli. I temi trattati sono svariati, e si può notare che in alcuni fa la sua prepotente comparsa l'argomento religioso; ciò è comprensibilissimo, considerando l'educazione prettamente cattolica che generazioni e generazioni di bambini del XX secolo hanno avuto (me compreso). Ci sono anche degli elementi drammatici: piccoli, nel caso in cui un canarino in gabbia viene catturato da un predatore; ma anche grandi, quando, in un cimitero di campagna, una madre che ha perduto la figlioletta si raccomanda a tutti coloro che dovessero visitare quello sperduto cimitero, affinché dedichino un canto o una preghiera a quella povera bambina che, sebbene sia morta, può ancora udire e rallegrarsi delle manifestazioni di affetto che riceve dalla buona gente.


10 poesie tratte da 10 opere in versi per l'infanzia scritte da 10 poeti italiani del XX secolo



ANGELO MIO
di Graziella Ajmone

Angelo mio custode,
che invisibile accanto
mi fosti dal fiorire dei miei giorni,
compagno silenzioso
al mio canto e al mio pianto,
forse un poco t'oblio nel mio cammino.
Ma talvolta, in cert'ore
incantate e sognanti,
io ti sento vicino
- trasparenza d'un'ala,
splendor d'un viso bianco -
come quando bambina,
umidi ancora gli occhi d'innocenza,
ti vedevo al mio fianco
e stavo cheta e buona
perché tu non fuggissi.
Non i bimbi soltanto;
per quel piccolo lume di poesia,
che il Signor m'ha donato
e che tu reggi acceso
a illuminarmi il cuore,
io ti vedo talora, angelo mio,
così come ti vidi
sulle strade d'allora.

(da "Mattutino", Vita e Pensiero, Milano 1942)






LA CICALA
di Vittorio d'Aste

Nel querceto assolato
la cicala ha cantato.
Frii, frii, frii, qua e là,
ha cantato e canterà:
gli occhi bevono il sole.
Tutto per sé lo vuole.
Ha l'ala trasparente
e canta assiduamente;
ma se il cielo s'oscura,
la pioggia la impaura.
Stremo sole d'agosto,
in autunno bolle il mosto;
quando l'uva s'ammora
la cicala canta ancora.
Il sole la gioia le dà:
Frii, frii, frii: Dove sarà?

(da "I flauti azzurri", Vallecchi, Firenze 1926)






IL MANTO DELLA PRIMAVERA
di Idilio Dell'Era

La primavera è come una regina,
appende drappi d'oro alle finestre,
inargenta di gigli la collina,
mette zecchini in bocca alle ginestre,
e specchia dentro gli occhi dei ruscelli
la sua giovane grazia innamorata
e ci lascia l'odore dei capelli
come una lucentissima cascata
di petali ed il suo bel manto rosa
perde una frangia in mezzo ai biancospini,
la sera si addormenta luminosa
dietro l'ombra di rondini e bambini.

(da "Il canzoniere del fanciullo", Effigi, Arcidosso 2000)






PICCOLO DRAMMA
di Matilde Fondi Caccia

Avevo un canarino nella gabbia,
vicino al rampicante, sul balcone.

Stamani nel portargli il biscottino
e l'acqua e il miglio per la colazione,
ho visto, ahimé, che vuota era la gabbia!
Il canarino mio non c'era più!

Poche piume leggiere tra due sbarre
con un grumo nerastro appiccicato.

«Un uccellaccio? La civetta! Oh è certo!
Questa notte cantava...»

E m'ha serrato
tra le braccia la mamma, consolando
in silenzio il mio pianto desolato.

(da "Voci sommesse", Tip. Rondoni, Roma 1964)






LA BUONA NOTTE DELLE RONDINI
di Angiolo Silvio Novaro

Quando muore il dì perduto
dietro qualche oscura vetta,
quando il buio òccupa muto
ogni vuota erbosa via,
una strana frenesia
tra le rondini scoppietta.

Come bimbi sopra l’aia
giocan elle con giulive
grida intorno alla grondaia,
e poi su pel cielo rosa
vanno vanno senza posa
dove Iddio soletto vive.

Gaie arrivano in presenza
del buon Dio, che tutto accoglie;
una bella riverenza
fa ciascuna; e poi dice:
- Sia la notte tua felice! -
Dice, e il volo, quindi, scioglie.

Scioglie il volo, e giù si china
con un poco di tremore
per la lieve aria turchina;
e ritrova le sue orme,
trova il nido, e vi si addorme
col capino sopra il cuore.

(da "Il Cestello", Mondadori, Milano 1939)






LA SABBIA
di Nico Orengo

Non scompare mai
la sabbia dell'estate,
riappare fra le lenzuola,
nello zaino di scuola,
fresca saltella in tasca,
da Natale a Pasqua
e giù ancora
quando è l'ora
di tornare al mare.

(da "Spiaggia, sdraio e solleone", Einaudi, Torino 2000)






CIMITERO DI CAMPAGNA
di Renzo Pezzani

Campetto fuori mano
col muro inamidato di calce
dove non passa la falce,
dove non cresce mai grano;

più piccolo d'un cortile,
più povero d'un sagrato,
ma verde come un prato,
prato di mezzaprile;

se non ci fosse la povera gente
che si china per un fuscello
e viene a pregare al tuo cancello
aguzzo come un tridente;

se non ci fosse di tanto in tanto
un morto da seminare,
una croce da piantare,
povero camposanto.

Chi vive, chi cerca pane
- e i giorni sono così corti -
non ha tempo di pensare ai morti
dei paesi verdi e sotterranei.

Solo una mamma che so io,
quando butta le briciole agli uccelli,
dice loro: - O benedetti da Dio,
quella bambina di così bei capelli,

ricordate? quella bambina
che pettinavo sulla porta
e le facevo una treccina
per ogni spalla, è morta.

Sui ginocchi me la son vista mancare.
Era così savia che l'ha voluta Gesù.
(Gli uccellini per ascoltare
sono lì che non beccano più).

Se mai passaste dal cimitero
così verde col muro di gesso,
fermatevi. C'è un cipresso.
Ma buono, anche se nero.

Cantate l'aria che volete.
La mia piccola vi sentirà.
Ancora briciole, prendete:
carità per carità.

(da "Belverde", Società Editrice Internazionale, Torino 1935)






ARMI DELL'ALLEGRIA
di Gianni Rodari

Eccole qua
le armi che piacciono a me:
la pistola che fa solo pum
(o bang, se ha letto qualche fumetto)
ma buchi non ne fa...
il cannoncino che spara
senza far tremare
nemmeno il tavolino...
il fuciletto ad aria
che talvolta per sbaglio
colpisce il bersaglio,
ma non farebbe male
né a una mosca né a un caporale...
Armi dell’allegria!
Le altre, per piacere,
ma buttatele tutte via!

(da "Il libro degli errori", Einaudi, Torino 1980)







LA BAMBOLA DIMENTICATA
di Lina Schwarz

La bimba dorme nel suo lettino,
Dorme tranquilla, sogna beata...
E la sua bambola, fuori in giardino,
Sta sola sola, dimenticata.

Piove a dirotto tutta la notte...
Povera bambola, che infreddatura!
Star lì inzuppata, con l'ossa rotte,
Liquefacendosi per la paura.

Ma quella bimba, poi, domattina,
Quanti rimproveri farsi dovrà,
Quando la cara sua bambolina,
In quello stato ritroverà!

(da "Il libro dei bimbi", Bemporad, Firenze 1928)





CHIARO
di Diego Valeri

Quando il trenino campagnuolo
sosta alle piccole stazioni
(cubetti rossi di mattoni
su un sfondo di verde oro),

nel silenzio improvviso immenso
odi cantare uccelli, frusciare
tra le fronde fresche e rare
il respiro piumoso del vento.

Vedi levarsi tra rosei pèschi
un ciliegio bianco verdino,
segnando nel grigio celestino
del cielo i suoi teneri rabeschi.

Di qua di là, tra gelsi verdoni,
vedi casolari spalancati,
coi materassi arrotolati
che traboccano dai balconi.

Donne si fanno su la soglia,
le braccia nude arcate sui fianchi,
bimbi sollevano le gambe stillanti
dall'acqua azzurra della roggia.

Ombre trascorrono su la faccia
del piano, che sospira profondo:
ombre di angeli che vanno intorno
per il cielo, in pallida traccia.

(da "Poesie piccole", All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1969)