mercoledì 26 febbraio 2020

La vita mi demolisce

La vita mi demolisce pezzo a pezzo,
a colpi di piccone mi sgretola.
Intacca un blocco della facciata,
un muro maestro va giù nella polvere;
si spalancano cantine
piene di ragnatele.
Sento la mia decadenza,
vedo la prossima fine.





Questa breve poesia è di Giorgio Vigolo (Roma 1894 - ivi 1983), e fa parte della raccolta Linea della vita (Mondadori, Milano 1949); la si può leggere alla pagina 124, all'interno della sezione intitolata Amico di Caronte. Sono otto versi in cui il poeta romano confessa la sua sofferenza causata da un'esistenza più che mai difficile, paragonata - con grande maestria e originalità - alle mura di un vecchio edificio che subiscono continuamente dei colpi da un piccone, e che quindi si sgretolano un po' alla volta. Proprio come i muri ormai logori di una casa antica, l'uomo si sente, col passare degli anni, intaccato e corroso; le difficoltà che si accumulano lungo il percorso dell'esistenza, non fanno altro che abbattere a poco a poco le fondamenta di quella casa che in realtà è il poeta stesso, invecchiato, disilluso e indebolito; esso si accorge della propria decadenza e intravede la prossima fine, ovvero la morte, con un realismo scabro, senza margini di speranza o d'illusione.

mercoledì 19 febbraio 2020

Festa grigia


a Marino Moretti

Iersera la festa dei vivi colori,
la danza di risa e di lazzi iersera!...
La festa del grigio è stamane,
del grigio di piombo.
S'è fatta la luce assai tardi;
la strada è ravvolta nel grigio silenzio,
non s'ode che l'eco di sonno,
di sonno di piombo.
La nebbia leggera purifica l'aria
siccome i vapori d'incenso,
ricuopre di grigio lo specchio macchiato
che ancora ne l'ombra riflette
gli sprazzi scarlatti di risa,
di risa e di lazzi.
Riposano ai piedi dei letti di sonno profondo
gualciti gli stracci dai vivi colori.
La festa del grigio è stamane!
Rasentan le mura
coperte di brune mantiglie,
beghine ricurve,
rasentan le mura silenti.
Insiste argentino l'invito a la Messa:
la Prima.
Leggere vi corron le piccole figlie.
La strada è ravvolta nel grigio silenzio.
L'invito argentino si tace.
Più nulla. La Messa incomincia.
Più ratte rasentan le mura
le brune mantiglie,
più rade si fanno ed il passo ne cessa.
Soltanto la nebbia leggera
tranquilla rimane al suo giorno di festa:
la festa del grigio è stamane!





Festa grigia è una poesia di Aldo Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani, nato a Firenze nel 1885 e morto a Roma nel 1974). Comparve per la prima volta come settima lirica (pp. 33-34), all'interno del volumetto Lanterna, che lo scrittore toscano pubblicò a sue spese in Firenze nel 1907. La si ritrova poi costantemente, sebbene in parte modificata, nelle successive raccolte che riuniscono le poesie di Palazzeschi, a partire da Poesie (1904-1909), Vallecchi, Firenze 1925, fino alla complessiva Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2002, dove viene riproposta anche la prima versione di questa lirica. Io l'ho riportata da un altro volume, intitolato I cavalli bianchi. Lanterna. Poemi, pubblicato dalle Edizioni Empirìa di Roma nel 1996 (da cui la foto sopra); qui si possono rileggere nelle versioni originali, tutte e tre le prime raccolte poetiche di Palazzeschi, che grosso modo, rappresentano la fase più "crepuscolare" di questo poeta così sui generis nel panorama italiano del primo Novecento. Ma soltanto in Lanterna, Festa grigia porta la dedica al poeta ed amico Marino Moretti, probabilmente per quel colore grigio così amato dallo scrittore romagnolo, come si può evincere dai tanti suoi versi in cui viene evocato. Ma non è da dimenticare che il grigio è uno dei colori preferiti un po' da tutti i poeti crepuscolari, a cominciare da Corrado Govoni, che intitolò la sua seconda raccolta di poesie Armonia in grigio et in silenzio. Quanto all'argomento trattato da questi versi, si tratta di un mattino nebbioso che segue una notte di festa grande (forse carnevalesca). Come in molte altre poesie di Palazzeschi - e si fa riferimento soprattutto alle sue prime raccolte - il tutto è avvolto da un'atmosfera altamente misteriosa e da un'immobilità spaventosa, che fa apparire quel paesaggio, quasi ultraterreno: sia per la sola presenza vitale rappresentata dalle beghine che si recano quasi furtivamente alla prima messa; sia per l'unico rumore presente, che è quello delle campane che annunciano l'inizio del rito religioso. Inutile aggiungere che in questa poesia, il poeta toscano riesce, una volta di più, ad affascinare il lettore come pochissimi altri poeti hanno saputo fare.

domenica 16 febbraio 2020

Antologie: "Otto secoli di poesia italiana"


Statisticamente non sono poi moltissime le antologie poetiche che hanno voluto prendere in considerazione l'intera storia della lirica italiana, partendo dal Duecento e giungendo fino ai tempi attuali. Tra di esse merita senz'altro qualche considerazione Otto secoli di poesia italiana (sottotitolo: da S. Francesco d'Assisi a Pasolini), pubblicata dalla Newton Compton di Roma, all'interno della collezione I mammut, nel 1993. Il curatore è Giacinto Spagnoletti (1920-2003), ovvero un critico ed un poeta di fama, che aveva già curato diverse antologie prima di questa, quasi tutte dedicate alla poesia italiana del Novecento (qualcuna, di ottima qualità, l'ho già inserita in questo blog, qualche altra ne aggiungerò a breve). La capacità - per non dire la maestria - dello Spagnoletti, nell'organizzare opere antologiche, si è confermata anche in questo libro di 819 pagine, che parte dal XIII secolo, col Cantico delle Creature di San Francesco d'Assisi, e arriva fino a Pier Paolo Pasolini: ultimo poeta preso in considerazione tra quelli del XX secolo. Forse, l'unica pecca che si riscontra nella struttura di questa antologia, è la mancanza delle ultime generazioni poetiche novecentesche; ma, vista la data di uscita del libro, l'assenza di questi poeti è in parte comprensibile.
Chiudo riportando i nomi di tutti i poeti - compresi i dialettali - presenti in Otto secoli di poesia italiana.



OTTO SECOLI DI POESIA ITALIANA



IL DUECENTO E IL TRECENTO
S. Francesco d'Assisi, Giacomo da Lentini, Guido delle Colonne, Rinaldo d'Aquino, Pier della Vigna, Stefano Protonotaro, Giacomino Pugliese, Mazzeo di Riccio, Percivalle Doria, Compagnetto da Prato, Cielo d'Alcamo, Guittone d'Arezzo, Bonagiunta Orbicciani, Chiaro Davanzati, Rustico di Filippo, Compiuta Donzella, Monte andrea da Firenze, Dante da Maiano, Jacopone da Todi, Bonvesin de la Riva, Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Cecco Angiolieri, Francesco da Barberino, Dante Alighieri, Cecco d'Ascoli, Cino da Pistoia, Sennuccio del Bene, Folgòre da San Gimignano, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Antonio Pucci, Franco Sacchetti.

LA CIVILTÁ RINASCIMENTALE
Leonardo Giustinian, Domenico di Giovanni (il Burchiello), Giovanni Pontano, Luigi Pulci, Antonio Cammelli (il Pistoia), Pietro Jacopo de Jennaro, Matteo Maria Boiardo, Matteo Franco, Lorenzo de' Medici, Niccolò da Correggio, Angelo Ambrogini (il Poliziano), Jacobo Sannazzaro, Gasparo Visconti, Pietro Bembo, Ludovico Ariosto, Michelangelo Buonarroti, Baldassarre Castiglione, Veronica Gambara, Vittoria Colonna, Teofilo Folengo, Ruzante (Angelo Beolco), Francesco Berni, Giovanni Della Casa, Angelo Di Costanzo, Luigi Tansillo, Galeazzo di Tarsia, Isabella di Morra, Gaspara Stampa, Antonio Veneziano, Torquato Tasso, Veronica Franco, Maffeo Venier.

BAROCCO, ARCADIA E PREROMANTICISMO
Gabriello Chiabrera, Tommaso Campanella, Giambattista Marino, Tommaso Stigliani, Claudio Achillini, Giulio Cesare Cortese, Giambattista Basile, Filippo Sgruttendio de Scafato, Gian Giacomo Cavalli, Gian Francesco Busenello, Ciro di Pers, Pier Francesco Paoli, Leonardo Quirini, Girolamo Fontanella, Giuseppe Battista, Marco Boschini, Ermes di Colloredo, Francesco Redi, Carlo Maria Maggi, Francesco de Lemene.

LA RIVOLUZIONE LETTERARIA DEL SETTECENTO
Pier Jacopo Martello, Giovan Battista Felice Zappi, Eustachio Manfredi, Paolo Rolli, Carlo Innocenzo Frugoni, Giorgio Baffo, Pietro Metastasio, Tommaso Crudeli, Alfonso Varano, Carl'Antonio Tanzi, Domenico Balestrieri, Giacomo Casanova, Gavino Pes, Giuseppe Parini, Melchiorre Cesarotti, Lorenzo Pignotti, Giovanni Meli, Vittorio Alfieri, Jacopo Vittorelli, Lorenzo Mascheroni, Domenico Tempio, Aurelio de' Giorgi Bertola, Ippolito Pindemonte, Edmondo Ignazio Calvo.

L'OTTOCENTO
Vincenzo Monti, Anton Maria Lamberti, Carlo Porta, Ugo Foscolo, Giovanni Berchet, Alessandro Manzoni, Marc'Antonio Parenti, Tommaso Grossi, Giuseppe Gioacchino Belli, Giacomo Leopardi, Luigi Carrer, Niccolò Tommaseo, Alessandro Poerio, Angelo Brofferio, Giovanni Rajberti, Giuseppe Giusti, Aleardo Aleardi, Giovanni Prati, Vincenzo Padula, Giacomo Zanella, Luigi Mercantini, Giambattista Maccari, Giosuè Carducci, Emilio Praga, Giuseppe Maccari, Iginio Ugo Tarchetti, Emilio Consiglio, Antonio Fogazzaro, Arrigo Boito, Mario Rapisardi, Giovanni Camerana, Olindo Guerrini, Luigi Gualdo, Arturo Graf, Remigio Zena, Giovanni Pascoli, Vittoria Aganoor, Severino Ferrari, Cesare Pascarella, Luigi Zanazzo, Salvatore Di Giacomo.

IL PRIMO E IL SECONDO NOVECENTO
Gabriele D'Annunzio, Ferdinando Russo, Pietro Mastri, Ada Negri, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Trilussa, Francesco Guglielmino, Guelfo Civinini, Filippo Tommaso Marinetti, Ernesto Murolo, Francesco Gaeta, Ardengo Soffici, Guido Gozzano, Umberto Saba, Piero Jahier, Corrado Govoni, Aldo Palazzeschi, Marino Moretti, Dino Campana, Arturo Onofri, Clemente Rebora, Virgilio Giotti, Modesto Della Porta, Sergio Corazzini, Delio Tessa, Nino Costa, Vincenzo Cardarelli, Camillo Sbarbaro, Giuseppe Ungaretti, Raffaele Viviani, Edoardo Firpo, Biagio Marin, Luigi Bartolini, Umberto Postiglione, Vittorio Clemente, Eugenio Montale, Giacomo Noventa, Giuseppe Pacotto, Carlo Betocchi, Salvatore Quasimodo, Lucio Piccolo, Libero De Libero, Sandro Penna, Antonio Delfini, Cesare Pavese, Tommaso Landolfi, Leonardo Sinisgalli, Alfonso Gatto, Lorenzo Calogero, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Vittorio Sereni, Mario Luzi, Emilio Villa, Anna Maria Ortese, Giorgio Bassani, Albino Pierro, Tonino Guerra, Andrea Zanzotto, Pier Paolo Pasolini.   


domenica 9 febbraio 2020

La poesia di Adriano Guerrini

Adriano Guerrini (Alfonsine 1923 - Genova 1986) è l'ennesimo poeta italiano sottostimato - e di conseguenza trascurato - da una critica letteraria che troppo spesso, nel valutare le opere di uno scrittore, fa attenzione e dà importanza soltanto ad elementi che riguardano le correnti e le mode dei tempi in cui tale scrittore visse e operò. Guerrini è stato senza alcun dubbio un poeta dotato di un talento enorme, che però ha sempre rifiutato, se non avversato, certe tendenze poetiche basate su ricercatezze formali e su preziosismi linguistici, come pure quelle che prediligevano sterili e cervellotici sperimentalismi. Fin dalla sua prima gioventù, il poeta romagnolo ebbe precisi punti di riferimento: i versi che sempre amò e da cui s'ispirò sono soprattutto quelli di Giovanni Pascoli, Diego Valeri e Camillo Sbarbaro. Ciò è evidente già dalla prima raccolta di versi: Alti boschi, che comprende poesie scritte tra il 1943 e il 1947, e che fu pubblicata soltanto nel 1973. Qui emerge la natura in tutta la sua stupefacente bellezza; i luoghi alpini così pieni di fascino e di mistero sono descritti in modo eccellente, e mostrano tutta la passione del poeta romagnolo nei confronti della montagna, ma direi anche, più in generale, della natura incontaminata. Però a partire dalla sua seconda raccolta: L'età del ferro, ecco comparire il timore per il serio pericolo che tale, meravigliosa natura subisca delle interferenze da parte dell'uomo, comprese le conseguenti modifiche tali da renderla assai meno affascinante e da comprometterne definitivamente quella verginità fondamentale, senza la quale si avvia un percorso di deterioramento cronico, che si conclude con la fine della vita stessa, come viene paventato in un'altra, splendida raccolta di Guerrini: Jon il groenlandese¹.
Accanto al Guerrini naturalista ed ecologista ne esiste un altro, del tutto differente dal primo, che mette in mostra la sua tagliente vena polemica e la sua sincera passione politica. Quest'ultimo aspetto poetico lo si rintraccia facilmente in due raccolte dai titoli eloquenti: Polemica e Poesie politiche. In questi versi Guerrini prende spunto dalle mode poetiche dei suoi tempi e dai falsi o distorti ideali politici in voga nella seconda metà del Novecento, per esporre, con evidente indignazione, il suo disappunto e la sua ironia; anche quando tratta questi argomenti, si nota una non comune capacità di colpire nel segno, a conferma dell'enorme talento poetico di Guerrini. Le restanti raccolte, che vanno da Quindici poesie a qualcuno a Ultimi versi ², e che aggiungono ulteriori memorabili tasselli alla sua notevole produzione poetica, sono assolutamente "da leggere", e sarebbe anche il caso di riunire tutti i versi di questo poeta così tormentato e così misteriosamente trascurato in un unico volume, visto che a tutt'oggi esiste soltanto un libro: Poesie (1941-1986) che in parte ripercorre la sua carriera letteraria. In conclusione, riporto un elenco delle opere poetiche e tre bellissime poesie di Guerrini.

NOTE
1) Ora disponibile in nuova edizione dal 2016, grazie alla casa editrice San Marco dei Giustiniani di Genova.
2) Comprende otto liriche scritte tra il 1981 e il 1986, presenti nel volume Poesie (1941-1986).




Opere poetiche

"L'adolescente", Liguria, Genova 1957 (2° ed. accr. Sabatelli, Savona 1980).
"Età di ferro", Rebellato, Padova 1958.
"L'amore e il tempo", Amicucci, Padova 1960.
"Ritorno alla terra euganea", Ca' Diedo, Padova 1961.
"Polemica", Genova 1966.
"Cinquanta quartine", Genova 1971.
"Alti boschi (1943-1947)", Genova 1973.
"Jon il groenlandese", Scheiwiller, Milano 1974.
"Poesie politiche", Scheiwiller, Milano 1976.
"Età del ferro", Mondadori, Milano 1978.
"Quindici poesie a qualcuno", Sabatelli, Savona 1981.
"Ventotto poesie", San Marco dei Giustiniani, Genova 1981.
"L'invito", San Marco dei Giustiniani, Genova 1984.
"Tanka (1974-1979)", Res, Milano 1984.
"Poesie (1941-1986)", De Ferrari, Genova 1996.







L'OMBRA

Tra voci e fitti suoni,
tra ansiti di macchine
veloci, e luci, e scritte
senza tregua, al tramonto,
appare oscura un'ombra.

Dietro vortici d'occhi
febbrili e indifferenti,
mossi da un rosso lampo
o da un rifiuto inerme,
livida affiora un'ombra.

Lungo le vecchie strade,
a notte, se torniamo
silenziosi, pensando
a questi nostri anni,
cupa s'addensa un'ombra.

E nel tuo cielo, Europa,
su dal mare in cui splendide
galere più non vanno,
coi giorni malcerti,
come ingrandisce l'ombra!

[da "Poesie (1941-1986)", p. 57]




NULLA

Quando sarò scomparso anch'io, e di me
non resterà che un nome ed una data
sopra una pietra lungo un vecchio muro,
forse sarà scontata, solo allora,
la grande colpa d'essere esistito.
Tutto diventerà puro, lontano:
io non sarò che una leggenda antica
che nessuno conosce. Il nome mio
d'altro non parlerà se non del tempo
a qualcuno, per caso. Su di esso
passerà il lume dei giorni sereni,
la nebbia delle sere tristi, sempre,
sempre; fino a che anch'esso sparirà.
Così, nulla di me sarà mai stato.

(da "L'invito", p. 44)




NOI

Tu che torni ogni sera
e vai sicuro e lieto, discorrendo
senza guardarti intorno, conosciamo
il tuo segreto: mai col desiderio
sei andato al di là di quella donna
che hai, di quelle frasi
che pronunci ogni giorno,
di quel ritorno per la via che sai.

Noi con fastidio e con disperazione
verso di te guardiamo:
noi che dovunque siamo non è mai
casa nostra, che in fondo
al cuore udiamo sempre un'altra voce,
cui gli occhi sempre fuggono
oltre i muri e cui sempre l'inquietudine
ha vuotato le mani.

Uomini soli, noi, che quando anch'esse
le parole ci avranno ormai delusi,
solo squallore attenderà, domani.

(da "L'invito", p. 71)

domenica 2 febbraio 2020

Poeti dimenticati: Donata Doni


Donata Doni (nome d'arte di Santina Maccarone) nacque a Lagonegro nel 1913 e morì a Roma nel 1972. Laureatasi in lettere a Padova, professò l'insegnamento in varie scuole italiane. Si trasferì poi a Roma dove lavorò presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Coltivò l'amore per la poesia fin dalla primissima gioventù ma il suo primo volume pubblicato è del 1940. Si spense in seguito ad una grave e lunga malattia. La poesia di Donata Doni si fa notare per la sincera autobiografia che contiene, e che riflette un'anima dolente, fortemente religiosa e meditativa; altro elemento che spicca è la limpidezza dei suoi versi: parole semplici e nello stesso tempo profonde, che hanno la capacità di trasmettere emozioni non comuni. Troppo spesso ignorata dagli antologisti, l'opera poetica della Doni non è stata ancora riunita in un unico volume, e non ne capisco il motivo, visto il grandissimo valore che possiede.




Opere poetiche

"Amore di poesia", Carabba, Lanciano 1940.
"Orme di nubi", Il sentiero dell'arte, Pesaro 1949.
"L'alba che ignoro", Gastaldi, Milano 1954.
"Neve e mare", Rebellato, Padova 1959.
"Il pianto dei ciliegi feriti", Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1963.
"La carta dispari", Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1968.
"Il fiore della gaggìa", Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1973. 
"Neve e mare" (2° edizione accresciuta), Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1973.





Presenze in antologie

"La poesia femminile del '900", a cura di Gaetano Salveti, Edizioni del Sestante, Padova 1964 (pp. 109-117).
"Brucia, invisibile fiamma", a cura di Enzo Bianchi e Riccardo Larini, Qiqaion, Magnano 1998 (pp. 23, 40, 42-43, 74, 96, 99-100, 118).
"L'altro Novecento, Volume IV", a cura di Vittoriano Esposito, Bastogi, Foggia 1998 (pp. 46-47).
"L'altro Novecento, Volume V", a cura di Vittoriano Esposito, Bastogi, Foggia 1999 (pp. 179-181).
"Poesie di Dio", a cura di Enzo Bianchi, Einaudi, Torino 1999 (pp. 21, 46-47, 54, 64, 106, 114, 168).




Testi

SEGUIRÒ IL MIO ANGELO

Quando tutto sarà in ordine
io seguirò il mio Angelo
che mi porterà nel paese
dove il sole non tramonta,
dove tutti si vogliono bene
e le pupille degli uomini
sono chiare come quelle dei bimbi.
Nel paese donde attinsi le voci
della mia poesia, dove mi rifugiai
sempre, dove ritroverò quelli
che mi hanno preceduta.
È questione di attesa.
L'istante è nella mente di Dio.
Se la fiaccola arderà nella notte
seguirò il mio Angelo,
che mi porterà per mano, lieve.

(da "La carta dispari")




IL N. 5

Anch'io camminavo per le strade
con il viso nel sole.
Mi guardavate,
mi chiamavate fratello.
Avevo anch'io una casa,
chiara fra le colline.
Sapevo le vostre parole:
amore, ricchezza, fortuna.
Ora non ho che una cella,
e il cielo non è più mio.
Per altri rinverdiscono prati,
per altri sfavillano fiori,
per altri canta la luce,
trascorrono musiche d'acque.
Un pazzo non ha casa,
né donna, né voci di bimbi,
né sguardi d'amore.

Un numero recide
la mia squallida vita
dalla linfa del mondo:
un numero sopra la cella
conchiude il segreto
che mi dissolve.

(da "Neve e mare")