Nacque a Firenze nel
1879 e morì a Milano nel 1946. Artista a tutto tondo (fu pittore, scultore,
disegnatore, poeta e prosatore), lo stesso anno della sua nascita vide la
scomparsa, per omicidio, del padre. Dopo una breve frequentazione
dell'Accademia Militare di Modena, Dal Molin Ferenzona cominciò a spostarsi,
per brevi periodi, in varie città italiane, approfondendo i suoi studi
artistici. A Firenze conobbe il pittore Domenico Baccarini divenendone amico. A
Roma, si avvicinò alla cerchia poetica di Sergio Corazzini. Nel contempo
cominciò ad esporre e pubblicare i suoi lavori artistici (soprattutto disegni);
si dedicò, quindi, anche alla scrittura e in particolare alla poesia,
pubblicando un primo volume (versi e prose) nel 1912. Verso il 1918 entrò in una
sorta di crisi mistica che lo spinse verso l'esoterismo; ciò è dimostrato anche
da alcune opere di questo periodo in cui sono presenti sia poesie che disegni.
Questa tendenza verso l'occultismo andò ad aumentare cogli anni; nel frattempo
iniziarono a peggiorare le sue condizioni di salute (fu ricoverato in un
ospedale psichiatrico di Roma). Negli ultimi anni della sua vita continuò a
vagabondare da un luogo all'altro, fino alla morte.
Le sue poesie e le
sue prose poetiche si possono dividere in due fasi ben distinte: la prima
mostra la vicinanza dell'artista toscano al crepuscolarismo e al simbolismo; la
seconda è invece esclusivamente mistico-esoterica, con riferimenti continui
alla dottrina dei Rosa Croce e ad altre religioni.
Opere poetiche
"La ghirlanda di
stelle", Concordia, Roma 1912.
"Zodiacale",
Ausonia, Roma 1919.
"A ô B
(Enchiridion notturno)", Bottega d'Arte, Livorno 1923.
"Ave
Maria!", Tip. Scuola Professionale Orfani di Guerra, Firenze 1929.
"Asha. Decade
aurea", Società «Universa», Roma 1921.
Presenze in antologie
"Poeti
simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni
Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 3, pp. 83-84).
"Dal simbolismo
al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (Tomo I, pp.
269-276).
Testi
GLI ULTIMI GIGLI
Ecco, la mia stanza
À l'aria di non
respirar più
È senza speranza
Come una tisica
gioventù!
Nella mia stanza non
vi son più fiori
La sorte è sempre
dura
Colei che li portava
con tanta premura
Ogni dì le belle
braccia ricolme come cornucopie d'avorio
È partita!
E per «addio» non m'à
lasciato
Che un bouquet di
gigli in agonia
Un bouquet disperato!
L'ultimo!
E dove? dove a sera
Come in una preghiera
Affonderò la fronte,
gli occhi, le labbra
Velati di cipria??
Non avrò più i miei
gigli per la mia purificazione!
Ella è partita!!
Bisogna convincersi!
Non più
purificazione!
Va bene: stanotte
porterò il mio cuore sulla
Riva del fiume e lo
lascerò cadere in fondo
All'acqua nel fango!
E da domani sarò libero
Anche di questo bisogno infantile di purificazione!
(da "La
ghirlanda di stelle")
LIBRAQUE. ORAZIONE
I miei piatti si bilanciano, o Altissimo: su
quello di argento siede la Notte di cupo smeraldo, su quello di rame il Giorno
mette la briglia al vitello paziente. Su quello d'argento un Angiolo de le
Dominazioni pose le rose luminose del Mattino, su quello di Rame, un Angiolo
dei Principati pose il mirto ombroso della Sera.
Sull'uno il Cigno si raccoglie nel suo quieto
candore, sull'altro il Corvo apre l'occhio de la sua interiore vitalità.
Tra i girasoli alti e robusti gaie danze
s'intrecciano nell'isola di Cipro ove Venere seminò con gesto musicale il primo
arancio.
Una società giusta e sapiente inadatta al
lavoro fisico, ma dotata di maravigliose intuizioni, vive in positiva e
sensitiva armonia di cordialità. Le loro labbra alte al bacio sono piene di
grazia e ne l'opera artistica le loro belle mani esplicano un talento fine,
modesto e impersonale.
Essi t'inviano le loro preghiere di
gratitudine poiché Tu ài concesso loro il privilegio de l'Armonia, ne
l'analogia dei contrari, e la conoscenza percettiva e sensitiva ne la virtù di
Vedanâ
Con un fremito di ardore religioso io ti
offro con simultaneo dono, o Pieno e Inafferrabile Archetipo, la cornucopia de
le Promesse e quella ugualmente pesante de le Minaccie onde Tu voglia concedere
agli uomini la Virtù Suprema dell'equilibrio.
(da
"Zodiacale")