giovedì 8 giugno 2017

Fucilazione

Un bambino faceva le bolle di sapone
dalla finestra quando mi fucilarono
sulla piazza piantata di alberi senza nome,
una mattina deserta con poco sole
tra i rami secchi che non trattenevano le voci,
tra quinte grige d'imposte sprangate
oscillavano effimere formazioni, grappoli
subito disfatti in acini trasparenti.
Un bimbo, solo una tenera macchia viva
in un rettangolo nero,
c'era un vasetto rosso sul davanzale,
la sola cosa rossa di quel giorno tutto grigio,
io non potevo vedere i suoi occhi
sentivo la sua anima appendersi dondolando
in cima alla cannuccia di paglia,
staccarsi con un brivido, volare in silenzio,
trattenere il fiato per pregare il vento,
attraversare il poco sole in punta di piedi,
rapita in una smorfia di felicità.
I miei carnefici gli voltavano le spalle,
nessuno di loro poté vedere le sue mani
in adorazione, quando una bolla
più gonfia, la più bella di tutte,
partì dal davanzale come un pianeta di cristallo,
e prima di scendere salì verso il tetto
come una preghiera, come una favola
piena d’ogni dolcezza che non si può perdere,
intatta e vera per il suo tempo giusto,
non ci sono abbastanza plotoni di esecuzione
in questo mondo e ogni altro
per fucilare tutte le bolle di sapone.



Fucilazione è la ventesima poesia della sezione Materia prima appartenente al volumetto intitolato Il cavallo saggio. Poesie Epigrafi Esercizi (Editori Riuniti, Roma 1990), che raccoglie trentasei testi poetici di Gianni Rodari (Omegna 1920 - Roma 1980). L'autore, famoso scrittore per l'infanzia, quando uscì questo libriccino era già scomparso da dieci anni; in realtà, tutte le poesie dello stesso erano già state pubblicate sulla rivista Il Caffè, tra il 1961 ed il 1980. Sono, praticamente, quasi tutti i versi che Rodari ha dedicato al pubblico degli adulti. Nella bella prefazione al libro, Edoardo Sanguineti parla di influenze surrealiste, di parola che giuoca e di inclinazione favoleggiante. Leggendo queste poesie non si può negare che tutto ciò sia vero ed anche l'accostamento, sempre di Sanguineti, dello scrittore piemontese a Palazzeschi e a Lear mi pare indiscutibile.
La poesia qui riportata, come dice il titolo, ha come argomento una fucilazione e chi parla è colui che l'ha subita. L'uomo ricorda alcuni particolari di quella tragica mattina: la piazza dove è avvenuta l'esecuzione, gli alberi spogli, la scarsa luminosità, le imposte tutte sprangate, un grigiore diffuso su tutto l'ambiente circostante e l'assenza di persone, a parte quella di un bambino, affacciato ad una finestra di una casa poco distante dalla piazza, intento a fare delle bolle di sapone. Soltanto il condannato poteva vedere il piccolo (i soldati erano di spalle) estasiato da quelle sferiche formazioni che a grappoli volavano e quindi si disfacevano; quell'immagine rappresenta l'unica cosa lieta di quel drammatico momento. Tornando alla prefazione di Sanguineti, egli cita gli ultimi, indimenticabili tre versi di questa poesia e dice:


[...] le «bolle di sapone» sono, ad un tempo, emblema della vita che si innalza, con la sua splendida e inesauribile fragilità, e della favola, intanto, che la rispecchia con la sua iridescente leggerezza.

A ciò si potrebbe aggiungere che le bolle di sapone possono anche simboleggiare la fantasia umana, i cui voli troppo spesso infastidiscono determinate persone che detengono il potere; per tale motivo esse, non di rado, fanno di tutto per annientarla.  

Nessun commento:

Posta un commento