Non so per qual prodigio di natura,
io che tra voi, fraternamente, crebbi,
Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.

"Dal simbolismo al déco" è il titolo di un'antologia curata dal critico letterario Glauco Viazzi, che uscì nel 1981 per Einaudi editore. È la seconda, più completa e dettagliata, selezione di poeti italiani simbolisti (e non solo) dopo "Poeti italiani simbolisti e liberty", opera realizzata dallo stesso Viazzi e dall'editore Vanni Scheiwiller tra il 1967 ed il 1972, e di cui ho già parlato. Questa antologia, pur essendo realizzata in due tomi, è da considerarsi quale opera unica (al contrario della precedente). Si tratta (come viene specificato nel retro della copertina del primo tomo) di una indagine, una selezione e quindi una rilettura della poesia italiana sorta tra l'ultimo decennio del XIX secolo ed il primo ventennio del XX secolo. Il tutto avviene escludendo consapevolmente dei pilastri della poesia italiana primo-novecentesca non per scelta di merito, ma perché non inseriti nel contesto delle mode e dei movimenti letterari che più hanno influenzato durante quel preciso trentennio la lirica italiana ed anche quella europea.Il lupo della steppa (titolo originale: Der Steppenwolf, 1927) è uno dei migliori romanzi di Hermann Hesse (1877-1962). Io lo lessi qualche decennio fa, soprattutto perché m’intrigava la situazione di profonda crisi spirituale del protagonista Harry. Costui, come spiega bene il frammento che ho riportato, possiede una personalità assai complicata e tormentata; spesso pensa al suicidio come unica via d’uscita per tutti i problemi che lo affliggono, ma mai vi ricorre. Questa crisi, con caratteristiche certamente diverse e decisamente meno cervellotiche, ritengo di averla avuta anch’io, in età adolescenziale. Fu in quel periodo che, come Harry, cominciai a pensare al suicidio, pur non avendo né l’intenzione, né il coraggio di praticarlo. Sicuramente fui influenzato, nella mia ossessione suicida, da una notizia che avevo appreso di recente, riguardante un mio coetaneo che si era tolto la vita impiccandosi in casa, molto probabilmente a causa dell’insopportabile dolore provato in seguito alla morte del nonno, a cui, evidentemente, era affezionatissimo. Eppure io non avevo subito un lutto del genere, però avvertivo un disagio esistenziale, che si spiega soltanto con l’età adolescenziale: così difficile a volte, e dolorosa.
Il frammento che ho trascritto fa parte del volume: Hermann Hesse, Il lupo della steppa, Mondadori, Milano 1976 (la prima edizione italiana pubblicata dalla casa editrice milanese, risale però al 1946). Più precisamente, si trova all’interno della Dissertazione: una sorta di prologo piuttosto lungo, che precede il romanzo vero e proprio.


