Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
venerdì 21 febbraio 2014
Il carnevale in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo
venerdì 14 febbraio 2014
L'amore in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo
Ho sentito tante e tante volte parlare d’amore nelle canzoni popolari, nei film, nelle poesie e alla televisione, eppure, questo amore, se dovessi definirlo con parole mie, non saprei farlo.
Però deve essere amore questo sentimento così intenso che io provo per te; deve esserlo se sento che non potrei fare a meno della tua presenza, se è vero che ogni tuo allontanamento da me diviene sofferenza atroce; se è vero che quando poi ti rivedo comparire, quando ti sento parlare, avverto un benessere indescrivibile, e corro ad abbracciarti ed a baciarti.
Deve essere per forza amore se spesso mi rendo conto che ora io, senza di te, mi sentirei totalmente perso, completamente solo e incapace di ricominciare a vivere; che mi preoccupo se stai male, se soffri, se sei infelice, e desidero il tuo bene più di ogni altra cosa.
Deve essere amore se la mia esistenza, adesso, dipende soltanto da te, è influenzata solamente dalla tua vita, che è tutt’uno con la mia.
Mi rendo conto di tutto ciò, eppure, ancora non ti ho mai detto “Ti amo”…
di Gaetano Arcangeli (1910-1970)
Amore, presto, sono
una luce che cade,
un'ora che declina...
Tu, ora che ascende,
tu, luce che si accende,
calore che si apprende,
non tardare più oltre
- non deviare! - a volgermi
quell'atteso baleno che mi salva...
Volgiti a questa parte, passo vivo
alacre dell'amata, qui scandisci
il ritmo del mio giorno, non altrove!
Qui qualche cosa giace disperata.
(Da "L'Appennino e nuove poesie", Mondadori, Milano 1963)
COME GLI UCCELLI
di Luigi Bartolini (1892-1963)
Abbiamo fatto, con l’Anna, come gli uccelli;
abbiamo fatto il nido in aprile
anzi, no, era di maggio, al primo, al due,
quando ci siamo messi a fare come gli uccelli,
ad ammassare stecchi tagliati da borzacchini.
Io sono andato dove strepono le macchine,
ho tagliato i legni con le mie mani
ho misurato tre metri per due.
E un baracchino tenero s’è rizzato per campi
dove stiamo in pensiero, io e la Anna,
a vedere cosa fa il lugubre mondo
e cosa fanno, invece, gli uccelli.
(Da "Poesie 1911-1963", Rebellato, Padova 1963)
NOI ABBRACCIATI LA NOTTE
di Libero De Libero (1906-1981)
Noi abbracciati la notte,
noi vide la notte a riva
del fiume sommersi
nel volto e nei capelli.
Noi l'aurora scoprì
strettissimi all'ala
delle mani e dementi:
e un albero, un altro albero
ancora ne parla alla gente.
Notizia avrai da un frutto
mangiato a primavera.
(Da "Romanzo", All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1965)
DISTACCO
di Francesco Gaeta (1879-1927)
Partivi l'indomani. Io mi scuotea
da l'amor tuo siccome dal sopore
de la morfina, a cui chi cede muore:
un'osteria marina ci accogliea.
E ne la contentezza annegavamo
del cuor profondo il tremito, il richiamo:
e più ciascuno li fuggiva, e tanto
più in sé cercava tremito e rimpianto.
Entrò di suonatori un gruppo roco;
volò, fra i mandolini, una canzone
del tempo a noi felice... Ed un alone
sul monte Somma spaziò, di fuoco;
la vetta partorì quindi il lunare
disco; formicolò d'argento il mare:
pensavi tu, piangendo fra le mani
stellate di brillanti, a l'indomani.
(Da "Poesie d'amore", Laterza, Bari 1920)
L'ERBA, IL SILENZIO IL MUOVERE DELL'OMBRA
di Alfonso Gatto (1909-1976)
Soli, nel pianto tuo della mattina,
l'erba, il silenzio, il muovere dell'ombra,
e gli steli del vento. Il tuo sollievo
è di vederti calma nell'attesa
ch'io giunga da lontano, il tuo riposo
è la speranza d'incontrarci a sera
per caso in un inverno.
Lasciarti per sparire,
per essere il tuo cielo dove guardi
senza rimorsi, avere il tuo rimpianto,
la tua memoria, le tue mani vuote...
Forse è più dolce piangermi che avermi.
(Da "Poesie d'amore", Mondadori, Milano 1973)
AMORE
di Guido da Verona (1881-1939)
Cadeva una sera d'estate sul bel Tibidabo,
sul bel Tibidabo che matura grappoli di soli.
Allora così le parlai, nella grande
ombra delle sue trecce ravviluppate,
che mi pesavan sul cuore:
«E inoltre ancora, o donna passante,
così, non altro che così, donna, è l'amore.
Solleva i tuoi occhi di barbara;
il mio cuore oggi t'inghirlanda;
sei bella come l'estate - io sento ardere in me
la fiamma quasi d'oro del tuo colore di ghianda -
e ridi!... Ho bisogno di ricordarmi
che hai riso un giorno sul bel Tibidabo.
E inoltre ancora, o donna passante,
se vuoi che il mio cuore come polvere
turbini quando sarò più distante,
laggiù, dove l'ombra del crepuscolo
trascina il profumo de' rosai,
da questa città luminosa, grande, bianca, non mia,
ridi, barbara!... tu sarai
un'ombra nel sole d'esilio che m'illumina la via».
Ecco, e le campane delle chiese
uscivano dalle chiostre, brillando;
le ville sparse cantavano di chitarre assonnate:
vampe immobili di rosai
ridotti a mucchi di polline ubriacavano l'estate.
«Ecco: ed inoltre ancora
la strada mi porterà più distante:
le fiamme del sole bruceranno
sul bel Tibidabo senza me.
Ieri, mi ricordo, nelle trecce
portavi un pettine cesellato
come le ebree di Marrakesh.
Ecco, da ieri tu sei
per me la donna che ho incontrata
passando in una strada sconosciuta,
colei che in un giorno di sole
rideva sul bel Tibidabo,
quell'ultima ond'io sentirò le trecce pesarmi sul cuore,
poichè per l'anima d'un navigatore
così, non altro che così, barbara, è l'amore».
(Da "Il libro del mio sogno errante", Corbaccio, Milano 1933)
IL TRENO
di Umberto Marvardi (1903-1990)
In questo treno che non ferma più,
amore, ci sei tu, e non so dove.
Ti cerco in ogni carrozzone e il treno
corre per piani, rimbomba per monti,
scavalca abissi e dei fiumi si bagna.
ormai sono crollati tutti i ponti,
immoti i mari e il verde, anche, ristagna.
Amore, ecco, d'azzurro ora m'appari:
nuvola bianca, sussurro di cielo,
sorriso d'aria rosa sul tramonto.
E il treno corre, corre dal profondo,
dentro la ferma notte luminosa.
(Da "Immagini e preghiere", De Luca, Roma 1972)
POESIA D'AMORE
di Daria Menicanti (1914-1995)
Le giornate si sono fatte lunghe
i nembi caldi, soffici; marino
quasi
il vento guerriero.
E mi porta farfalle e cartoline
e sull'angolo
te,
un irto di capelli e di sontuose
baruffe,
ma assai caro
egualmente,
assai caro.
(Da "Canzoniere per Giulio", Manni, San Cesario di Lecce 2004)
ANCHE TU SEI L'AMORE
di Cesare Pavese (1908-1950)
Anche tu sei l'amore.
Sei di sangue e di terra
come gli altri. Cammini
come chi non si stacca
dalla porta di casa.
Guardi come chi attende
e non vede. Sei terra
che dolora e che tace.
Hai sussulti e stanchezze,
hai parole - cammini
in attesa. L'amore
è il tuo sangue - non altro.
(Da "Poesie del disamore", Einaudi, Torino 1977)
TENEREZZA
di Nicola Vernieri (1893-1965)
L'invisibile spola della vita
già t'ha tessuto la sottile ragna,
di fili e nodi ai polsi ed alle dita,
o dolce mia compagna.
Intorno agli occhi restano del riso
i raggi spenti; e sulla fronte chiara
il cuneo del corruccio già t'ha inciso
la sua virgola amara.
Nel bel mantello dei capelli neri
c'è un riflesso d'argento che traluce:
forse un baco che fila fra i pensieri,
o un punto che si sdruce?
Tu pure dunque l'età triste incalza?
Oh! potessi portarti senza fine
sul tempo, in braccio, come bimba scalza
sui cardi e sulle spine!
(Da "Itinerario", Istituto Statale d'Arte, Urbino 1954)
giovedì 13 febbraio 2014
10 poesie d'amore di 10 poeti italiani del XIX secolo
di Vittoria Aganoor (1855-1910)
Dunque domani! il bosco esulta al mite
sole. Ho da dirvi tante cose, tante
cose! Vi condurrò sotto le piante
alte, con me; solo con me! Venite!
Forse... - chi sa? - non vi potrò parlare
subito. Forse, finalmente sola
con voi, cercherò invano una parola.
Ebbene! Noi staremo ad ascoltare.
Staremo ad ascoltare i mormoranti
rami, nello spavento dell' ebrezza;
senza uno sguardo, senza una carezza,
pallidi in volto come agonizzanti.
(Da "Poesie complete", Le Monnier, Firenze 1912)
SE NON CI SEI...
di Giovanni Camerana (1845-1905)
Se non ci sei, mi sembra un sepolcreto
Questo villaggio;
Svanita è la malìa del paesaggio,
Del verde idillio queto,
Se non ci sei.
Se non ci sei, rifaccio il mio sentiero
A fronte bassa,
E i colli, i fior, la nuvola che passa,
Tutto mi è strano e nero
Se non ci sei.
Se non ci sei, se non ti leggo in volto
Che sai ch’io t’amo,
Che irrequieto ti sogno e ti chiamo,
Che il raggio mio m’è tolto
Se non ci sei;
Se non ci sei, mi avvinghia oscuramente
Nelle sue braccia
La Noia, incùbo dalla tetra faccia;
L’ore son nebbie lente
Se non ci sei;
Ma se ti trovo, sfuggon via col volo
Delle farfalle;
Ride la casa, un cantico è la valle,
Un trillo d’usignuolo,
Quando ti trovo!
(Da "Poesie", Einaudi, Torino 1968)
QUI REGNA AMORE
di Giosuè Carducci (1835-1907)
Ove sei? de’ sereni occhi ridenti
A chi tempri il bel raggio, o donna mia?
E l’intima del cor tuo melodia
A chi armonizzi ne’ soavi accenti?
Siedi tra l’erbe e i fiori e a’ freschi venti
Dài la dolce e pensosa alma in balía?
O le membra concesso hai de la pia
Onda a gli amplessi di vigor frementi?
Oh, dovunque tu sei, voluttuosa
Se l’aura o l’onda con mormorio lento
Ti sfiora il viso o a’ bianchi omeri posa,
È l’amor mio che in ogni sentimento
Vive e ti cerca in ogni bella cosa
E ti cinge d’eterno abbracciamento.
(Da "Rime nuove", Zanichelli, Bologna 1910)
IL VIADOTTO
di Gabriele D'Annunzio (1863-1938)
Ella era meco. Forte stringeva il mio braccio ed ansava
contro il gran vento, muta, pallida, a capo chino.
Ahi, trascinato amore! Pareami sentire in su 'l braccio
(ella stringea piú forte) premere un peso immane.
Ahi, trascinato amore, con triste menzogna, per tanto
tempo, in sí dolci luoghi! Luoghi già tanto cari
Cupa, di sotto gli archi del ponte, muggiva in tempesta
ampia di querci e d'elci la signoria dei Chigi;
ma dal contrario colle, tra i mandorli scossi, ridea,
quale da rupe un gregge pendulo, Aricia al sole.
Pendula Aricia al sole ridea su la conca profonda:
ombra mettean le nubi cerula ne la fuga.
Era un Tirreno in vista, di lungi, una spada raggiante;
eran, di lungi, i boschi isole tutte d'oro.
Ma pe 'l mio cuor mutato, pe 'l duro cuor mio da le cose
ruppero in van fantasmi, ahi, del goduto bene!
Sorsero da le cose fantasmi bellissimi. Ed ella,
auspice Sole, ed ella era pur bella in vano!
Era pur bella, o Sole. Stringeva il mio braccio ed ansava,
contro il gran vento, muta, pallida, a capo chino.
Non a lei forse ignara parlavan le cose nel vento?
“Ei piú non t'ama, o donna misera! Ei piú non t'ama!”
(Da "Versi d'amore e di gloria", Mondadori, Milano 1968)
BIANCA
di Mario Giobbe (1863-1906)
Io v'ho, Bianca, rivista. Oh, voi non vale
niun'altra bellezza, ed io mi scuso
se d'amare altra femmina ricuso
come per voto. In fiero atto regale
voi passaste, e una dolce maraviglia
il cor de i riguardanti conquistò,
ognun con disiose, immote ciglia
sino in fondo a la via v'accompagnò.
Un cor di lodi allor subitamente
levossi intorno, e ognun s'estasiava
lodandovi. Sol io, muto, tremava,
come per suo rimorso un delinquente.
Né rimorso maggior credo che sia
di questo che ne l'anima mi sta:
d'aver con voi, per non so qual follia,
ripudiato la felicità.
(Da "Gli amori", Bideri, Napoli 1891)
AMORE
di Giuseppe Maccari (1840-1867)
Io t'amo, e il mondo mi sia pur nemico.
Solitario fra l'ombre de' giardini
Su la pura collina a Dio ne parlo,
Ed egli eternamente a me ti sposa.
Io t'amo, come de' gesmini al fino
Olezzare, che l'anima saetta,
Per soavezza il capo si declina.
Io t'amo, ed or che la campagna langue,
In cerca vo della fragrante rosa;
Dimando un'infantile primavera,
Onde comporre a te l'inno più bello,
Che mai sonasse su le greche labbra.
Vo pe' viali lucidi ed aperti;
Ed ogni arbore tremola, ogni foglia
Al purissimo vento dell'autunno.
Il cocchio corre su la strada, e intorno
Passa qualche fanciulla, onde s'accresce
La serena bellezza di natura.
Fugge il mattino; scenderò dal colle.
Io l'andrò ricercando nelle chiare
Vie del paese; ch'oggi è dì festivo,
E vanno in giro tutte le donzelle.
Per gaiezza mi ride ogni pensiero.
(Da "Poesie e lettere", Barbera, Firenze 1867)
GABRIELLA
di Giuseppe Revere (1812-1889)
Cantai de' verdi paschi l'allegrezza,
e de' salici l'ombre addolorate
sovra i lucidi marghi de' fluenti
rivi canori,
dove tra l'erbe molli arcana spunta
la viola, sospiro delle meste
anime che pietose hanno pensiero
de' cari estinti.
E là fuggendo la implacata guerra
della fortuna, ai verecondi amplessi
dello spirto chiamai la dipartita
donna del cuore.
A te i lividi fior colti nel tardo
campicel della mente, o Gabriella,
e de' miei ritmi il memore concento
che ancor t'invoca.
(Da "Opere complete", Fozani, Roma 1896)
SE APPARI...
di Giacinto Ricci Signorini (1861-1893)
Se appari - tra i chiari
Ricami del velo,
Io vedo, - e non credo,
Un lembo di cielo.
Se, o giglio - vermiglio,
Sollevi la testa,
Si sfrena, serena
Nel cuore la festa.
Ma, quando - guardando
Mi volgi un saluto,
S'ammorza - ogni forza
Mi sento perduto.
(Da "Poesie e prose", Zanichelli, Bologna 1903)
NON MI PROMETTERE...
di Igino Ugo Tarchetti (1839-1869)
Non mi promettere,
Eterno amore,
Lascia che libero
Batta il tuo core:
Non ti lagnare,
Non ti crucciare
Se amore i caldi
Giuri non tiene...
L’amor sen va
L’amor sen viene.
Nulla promettimi,
Voglio i tuoi baci;
Oggi puoi darmeli?
Baciami e taci.
Non vo’ giurare
Non vo’ pensare
Se il cor domani
Pur tuo sarà....
L’amor sen viene
L’amor sen va.
(Da "Tutte le opere", Cappelli, Bologna 1967)
AMORE VIVO
di Remigio Zena (Gaspare Invrea, 1850-1917)
Amo il biondo ed il fuoco; amo l'estate
Più della primavera,
Le donne indebitate,
Trenta e quaranta, la rossa e la nera.
Amo gli acri profumi e la riviera,
Musset, le schioppettate,
La birra di Baviera
E il compagno di Sant'Antonio abate.
Ed amo te, Francesca,
Te bionda come la birra tedesca,
Te infocata che abbruci e che consumi,
Che a Montecarlo sei,
Circondata da un nuvolo d'ebrei.
Spumeggiante nel brago e nei profumi.
(Da "Tutte le poesie", Cappelli, Bologna 1974)