Aretusa è il titolo di una rivista fondata a Napoli nel 1944 da Francesco Flora. Dal 4° numero (settembre-ottobre 1944), a Flora subentrò Fausto Nicolini. Una nuova e decisiva svolta per la rivista si ebbe a partire dal 7° numero (marzo 1945), perché la sede si trasferì a Roma, da bimestrale divenne mensile e alla sua direzione passò Carlo Muscetta. Aretusa chiuse i battenti nell'agosto del 1946. Nata quando ancora non erano del tutto chiare le sorti dell'Italia in guerra, la rivista si pose subito in contrasto con la dittatura fascista, rivendicando una purezza della parola scritta e un umanesimo volto alla libertà in senso lato. Con Muscetta alla direzione, Aretusa si incanalò verso temi concernenti una disamina del ventennio appena trascorso, e di una nuova, fruttuosa collaborazione tra anime appartenenti a varie e diverse opinioni di pensiero. Le pagine della rivista romana non videro soltanto articoli e testi letterari, poiché vi comparvero anche saggi di politica, storia e arte in generale. Tra i collaboratori più illustri di Aretusa si ricordano i nomi di Benedetto Croce, Corrado Alvaro, Vitaliano Brancati, Walter Binni, Alberto Moravia e Libero Bigiaretti. Ecco, per finire, tre poesie comparse per la prima volta su Aretusa.
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| Prima pagina del primo numero di "Aretusa" (da questa pagina web) |
LA CASA SUL MARE
di Sergio Ortolani
Avevo, nel tempo, una casa
toccata ogn'intorno dal mare.
S'udiva per dentro la scala
il succhio delle onde gonfiare.
Al sommo le cento vetrate
tinnivano fragili ai venti:
era una materia vibratile
musicata dagli elementi.
In quella casa solitaria
cresciuta per me dalle spume
tanto era il mare che l'aria
prendeva un verdissimo lume.
E sulle ignude pareti
che aveano la grana del sale
mettean le tempeste magnetiche
cangianti fluori d'opale.
A volte cortine di fiamme
iridate d'arcobaleni,
come siderali orifiamme
frangiavano i cieli sereni.
Poi diaccia la notte d'acciaio
rendeva ogni luce dal mondo.
I denti d'un solo ghiacciaio
bucavano il mare di piombo.
Passavano bastimenti
con velature d'argento,
senza ciurma, a lumi spenti,
le sartie fischiavano al vento.
Con la fronte alla vetrata
li vedea naufragare pian piano
e quella musica delirata
mi strappava il cuore lontano.
(da «Aretusa», maggio/giugno 1944)
VERSI A GIAIME PINTOR
di Antonio Russi
È permesso a chi cadde nella lotta
di marcire
solo?
È permesso alla foglia imputridita dall'autunno
di sciogliersi nella terra
per sempre?
È permesso alla rondine
abbandonata all'inverno straniero
di nascondersi tra la neve
la testa sotto l'ala?
È permesso al figlio di un paese defunto
di lasciarsi morire con in bocca
un pugno della terra
che si chiama ancora
Italia?
(da «Aretusa» maggio/giugno 1944)
SERENATA
di Giorgio Bassani
Ora che in lenti vortici come una chioma di neve
che oscure dita tormentano, la nebbia delle paludi
fuma alla tua finestra, e una bufera di buie
lacrime ti ridesta dentro sudate e grevi
coltrici; ora che è gelo e tenebra, dà voce
chiusa forma in ascolto a quel tuo tetro grammofono.
Uscita dalla nube al vetro, atroce
calma mano salutami, amaro riso sepolto.
(da «Aretusa», gennaio/febbraio 1946)

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