I castagnai dei bastioni
Di nuovo accendono i fuochi.
La giostra della nebbia
I lumi di Porta Venezia.
Seduta al parapetto
Mi parli all'orecchio.
L'odore di neve,
Le tue parole.
Piove non piove.
COMMENTO
Porta Venezia è il titolo di una poesia di Raffaele Carrieri (Taranto 1905 - Pietrasanta 1984). Io l'ho trascritta dal volume Stellacuore, pubblicato dalla Mondadori di Milano nel 1970, dove la si può leggere alla pagina 176 (vedi foto sopra); in questo volume c'è la possibilità di leggere anche quasi tutti i versi di Carrieri, dai suoi esordi (la prima raccolta poetica che diede alle stampe nel 1945 s'intitola Lamento del Gabelliere) al 1970. Io lessi per la prima volta questi versi in una antologia della poesia italiana del Novecento pubblicata dalla Garzanti di Milano nel 1980 (ma la comperai una dozzina di anni dopo). Fu tramite la lettura delle sei poesie presenti in quest'opera antologica, che mi accorsi della indubbia bravura di Raffaele Carrieri: un poeta ancora oggi sottovalutato o addirittura dimenticato. I nove versi di questa composizione poetica si concentrano su alcuni particolari fondamentali per chi li ha scritti, perché gli hanno destato di più l'attenzione, lasciandogli un ricordo incancellabile di una parte di una giornata trascorsa al centro di Milano. Innanzi tutto c'è da dire che Porta Venezia è una delle sei porte principali di Milano, e si trova nella zona est del capoluogo lombardo; c'è da aggiungere che Carrieri trascorse a Milano diversi anni della sua esistenza, lavorando irregolarmente in svariati settori. Volendoci ora dedicare alla mera descrizione dei versi, si può affermare che fotografino un giorno tra la fine dell'autunno e l'inizio dell'inverno; l'ora, stando ad alcuni particolari come i lumi accesi, potrebbe essere tardo-pomeridiana o serale; il luogo, come detto, è il centro di Milano (presso Porta Venezia), dove il poeta si trovava forse per una passeggiata, insieme ad una donna che, probabilmente, era la sua compagna. Ed ecco una serie di piccoli accadimenti che si susseguono in questo preciso contesto, descritti in modo magistrale, che praticamente immortalano quel momento: i castagnai che si sono appostati presso le mura spagnole di Milano (i famosi bastioni), stanno accendendo i fuochi sui quali pongono - all'interno di una padella forata - le castagne, per poterle cuocere e quindi venderle (le squisite caldarroste che è possibile gustare anche al centro di Roma); l'immancabile, tipica nebbia milanese che si muove come fosse una giostra; i lumi già accesi nella piazza per il calare della visibilità; le parole segrete, dette sottovoce dalla donna (che è seduta su un parapetto) vicino all'orecchio del poeta; un odore di neve che preannuncia l'inizio della stagione invernale e che fa pensare ad una temperatura vicina allo zero; l'eco delle parole della donna che rimane impresso nella mente del poeta e infine una pioviggine discontinua. Una serie di elementi, quindi, che possono essere paragonati ad una serie di scatti fotografici atti a cristallizzare dei momenti particolari, all'apparenza di un giorno qualunque, ma in realtà importanti, perché è molto probabile che il poeta stesse vivendo un giorno o un periodo d'intensa felicità, e volesse immortalarlo con una piccola sequenza di versi, capaci di ben rappresentare quello stato di benessere fisico e mentale.

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