Mi rialzo alle colline
(Così lustre di pula lenta nel soffio d'agosto)
Silvestro, dolce amico, mi rassegni
D'ogni cosa trascorsa, dell'usura
Che fa liscia la pietra sopra il grano,
E una foglia mi porgi sulla mano
Generosa. Nel torpido alone
Della giovane luna ti chiudi
E parli di tante allegrie.
Fresco il vento sugli occhi si avviva
E rintoccano i sonagli alle vette.
Sono luci di San Lorenzo
Le fole che vidi ardere: tu ridi
Se penso la fila lunga
Di formiche che bruci.
COMMENTO
Sera di San Lorenzo è il titolo di una poesia di Leonardo Sinisgalli (Montemurro 1908 - Roma 1981). Fu pubblicata per la prima volta sulla rivista Letteratura (n. 2, aprile 1939), per poi entrare a far parte del volumetto intitolato Campi Elisi (Scheiwiller, Milano 1939). La si ritrova nella raccolta Vidi le Muse. Poesie 1931-1942 (Mondadori, Milano 1943), e quindi in Tutte le poesie (Mondadori, Milano 2020). I tredici versi di Sera di San Lorenzo appartengono senza alcun dubbio alla fase ermetica del poeta lucano; difficile risulta quindi dare un preciso significato al suo contenuto. È possibile però cercare di capirne alcuni passaggi. Nel primo verso il poeta parla probabilmente di un momento successivo ad una fase di riposo: in un luogo collinare non ben precisato (potrebbe riferirsi a qualche località della sua regione di nascita) l'uomo si alza da una posizione distesa, e guarda le colline che lo circondano. La pula - detta anche lolla - è costituita dai detriti di foglie e fiori che rimangono nel terreno dopo la trebbiatura del grano; il secondo verso vuole mettere in risalto la veduta che si offre al poeta: colline ricoperte di pula che, per i riflessi del sole calante o, più probabilmente, per il colore chiaro dei detriti di cui sono cosparse, appaiono lucide; si nota anche la presenza di un vento leggero, che muove lentamente la pula. A partire dal verso 3, Sinisgalli si rivolge direttamente all'amico Silvestro¹, definito "dolce", forse per sottolinearne la mansuetudine o i modi garbati; tale Silvestro probabilmente ha consolato l'amico, rammaricato dal tempo che velocemente passa, usurando ogni cosa (ne è un esempio la pietra sul grano). La foglia offerta da Silvestro all'amico poeta sembrerebbe quasi uno scherzo, o un tentativo di distrarre e allontanare Sinisgalli da pensieri tristi. Arduo, almeno per me, decifrare il significato dei versi 7 e 8: "Nel torpido alone / Della giovane luna ti chiudi", si può però dedurre che in cielo, in quel momento sta avvenendo una fase di novilunio (da qui la "giovane luna"); più facile è comprendere il verso 9, dove si evidenzia l'allegria di Silvestro. I due versi successivi pongono l'attenzione su piccoli particolari del luogo: il vento che soffia un po' più forte rispetto alle prime ore serali, e lo si avverte soprattutto sugli occhi; il rintocco piacevole dei campanelli al collo degli animali (pecore o capre) che pascolano sulle vette delle colline circostanti. I versi 12 e 13 finalmente fanno comprendere il titolo della poesia: le "luci di San Lorenzo" sono le famigerate stelle cadenti che in quel periodo preciso dell'anno è possibile osservare nelle notti serene (in realtà si tratta soltanto di meteore); le "fole" non sono favole ma fantasie del poeta, che qui vengono paragonate alle citate stelle di San Lorenzo. Infine torna l'immagine dell'amico Silvestro, mentre brucia - forse per puro divertimento - una fila di formiche, e ride nel vedere il poeta pensieroso, mentre guarda l'amico che sta compiendo quella strage di piccoli insetti.
NOTE
1) Grazie a una nota critica presente in Vidi le Muse, Avagliano Editore, Cava dei Tirreni 1997 (p. 164), ho saputo che si tratta di Silvestro Lobosco: uno dei "compagni prediletti" del poeta lucano, insieme a Leonardo Defina e Domenico Angerami.
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