domenica 10 agosto 2025

Sera di San Lorenzo

 

Mi rialzo alle colline

(Così lustre di pula lenta nel soffio d'agosto)

Silvestro, dolce amico, mi rassegni

D'ogni cosa trascorsa, dell'usura

Che fa liscia la pietra sopra il grano,

E una foglia mi porgi sulla mano

Generosa. Nel torpido alone

Della giovane luna ti chiudi

E parli di tante allegrie.

Fresco il vento sugli occhi si avviva

E rintoccano i sonagli alle vette.

Sono luci di San Lorenzo

Le fole che vidi ardere: tu ridi

Se penso la fila lunga

Di formiche che bruci.




COMMENTO

Sera di San Lorenzo è il titolo di una poesia di Leonardo Sinisgalli (Montemurro 1908 - Roma 1981). Fu pubblicata per la prima volta sulla rivista Letteratura (n. 2, aprile 1939), per poi entrare a far parte del volumetto intitolato Campi Elisi (Scheiwiller, Milano 1939). La si ritrova nella raccolta Vidi le Muse. Poesie 1931-1942 (Mondadori, Milano 1943), e quindi in Tutte le poesie (Mondadori, Milano 2020). I tredici versi di Sera di San Lorenzo appartengono senza alcun dubbio alla fase ermetica del poeta lucano; difficile risulta quindi dare un preciso significato al suo contenuto. È possibile però cercare di capirne alcuni passaggi. Nel primo verso il poeta parla probabilmente di un momento successivo ad una fase di riposo: in un luogo collinare non ben precisato (potrebbe riferirsi a qualche località della sua regione di nascita) l'uomo si alza da una posizione distesa, e guarda le colline che lo circondano. La pula - detta anche lolla - è costituita dai detriti di foglie e fiori che rimangono nel terreno dopo la trebbiatura del grano; il secondo verso vuole mettere in risalto la veduta che si offre al poeta: colline ricoperte di pula che, per i riflessi del sole calante o, più probabilmente, per il colore chiaro dei detriti di cui sono cosparse, appaiono lucide; si nota anche la presenza di un vento leggero, che muove lentamente la pula. A partire dal verso 3, Sinisgalli si rivolge direttamente all'amico Silvestro¹, definito "dolce", forse per sottolinearne la mansuetudine o i modi garbati; tale Silvestro probabilmente ha consolato l'amico, rammaricato dal tempo che velocemente passa, usurando ogni cosa (ne è un esempio la pietra sul grano). La foglia offerta da Silvestro all'amico poeta sembrerebbe quasi uno scherzo, o un tentativo di distrarre e allontanare Sinisgalli da pensieri tristi. Arduo, almeno per me, decifrare il significato dei versi 7 e 8: "Nel torpido alone / Della giovane luna ti chiudi", si può però dedurre che in cielo, in quel momento sta avvenendo una fase di novilunio (da qui la "giovane luna"); più facile è comprendere il verso 9, dove si evidenzia l'allegria di Silvestro. I due versi successivi pongono l'attenzione su piccoli particolari del luogo: il vento che soffia un po' più forte rispetto alle prime ore serali, e lo si avverte soprattutto sugli occhi; il rintocco piacevole dei campanelli al collo degli animali (pecore o capre) che pascolano sulle vette delle colline circostanti. I versi 12 e 13 finalmente fanno comprendere il titolo della poesia: le "luci di San Lorenzo" sono le famigerate stelle cadenti che in quel periodo preciso dell'anno è possibile osservare nelle notti serene (in realtà si tratta soltanto di meteore); le "fole" non sono favole ma fantasie del poeta, che qui vengono paragonate alle citate stelle di San Lorenzo. Infine torna l'immagine dell'amico Silvestro, mentre brucia - forse per puro divertimento - una fila di formiche, e ride nel vedere il poeta pensieroso, mentre guarda l'amico che sta compiendo quella strage di piccoli insetti.


NOTE

1) Grazie a una nota critica presente in Vidi le Muse, Avagliano Editore, Cava dei Tirreni 1997 (p. 164), ho saputo che si tratta di Silvestro Lobosco: uno dei "compagni prediletti" del poeta lucano, insieme a Leonardo Defina e Domenico Angerami. 





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