domenica 24 agosto 2025

La poesia di Tito Marrone

 Tito Marrone (pseudonimo di Sebastiano Amedeo Marrone, Trapani 1882 - Roma 1967) è sempre stato un poeta sottostimato; tra i motivi che possono essere facilmente individuati di questa trascuratezza da parte degli addetti ai lavori e del pubblico della poesia, ci sono una personalità decisamente schiva e la decisione irrevocabile di scomparire totalmente dalle scene letterarie per più di un quarantennio. Eppure, come diversi critici hanno affermato, la sua importanza, soprattutto nell'ambito della nascita della cosiddetta poesia crepuscolare, risultano evidenti. Fu Marrone, infatti, ad ispirare più di una tematica cara a poeti come Corazzini e Govoni, quando, nei primissimi anni del XX secolo, lo scrittore trapanese aveva già al suo attivo diverse pubblicazioni di volumi e volumetti. Già nella raccolta Cesellature, data alle stampe quando Marrone era appena diciassettenne, si notano alcune peculiarità che diverranno basilari per la poesia crepuscolare, individuabili in un senso di vaga mestizia e di grigiore. Ma qui, come nelle successive due raccoltine: Le gemme e gli spettri e Le rime del commiato (entrambe uscite agli albori del nuovo secolo) si rintracciano anche diversi elementi che fanno del nostro un rilevante seguace della poesia simbolista. Poi, proseguendo l'analisi della breve carriera poetica di Marrone, arrivano le Liriche, che vennero pubblicate nello stesso anno - il 1904 - in cui debuttò Sergio Corazzini con la raccolta intitolata Dolcezze. Anche in questo caso, è facile trovare elementi comuni con i crepuscolari, come il rimpianto per l'età infantile e la descrizione di certe atmosfere languide, tipiche della stagione autunnale. Infine, le Carnascialate e i Poemi provinciali, due gruppi di poesie che non comparvero mai in volumi, ma che rappresentano un punto di arrivo di fondamentale importanza per la poesia di Marrone e non solo; in questi versi, che furono comunque pubblicati in riviste e giornali tra il 1905 ed il 1908, riaffiorano i temi prettamente crepuscolari, arricchiti da ulteriori caratteristiche, rifacentesi alle maschere carnevalesche e alle favole più o meno famose. Poi il lunghissimo silenzio di un poeta che probabilmente non riuscì a riprendersi completamente da un grave lutto che lo colpì. Ma, nel 1950, finalmente Marrone tornò a calcare le scene della poesia, pubblicando una memorabile, ultima raccolta intitolata Esilio della mia vita. Come ben spiega il titolo, i temi delle liriche ivi presenti sono strettamente collegati all'allontanamento volontario del poeta dal mondo letterario e non solo; in questi versi Marrone parla soprattutto di sé stesso, della sua solitudine, dei suoi stati d'animo e anche del suo passato; lo fa in modo coinvolgente, e risulta facile per il lettore percepire la spontaneità, il dolore e a volte l'amore dell'uomo ormai anziano, che attende la fine come una sorta di "liberazione" (è anche il titolo di una poesia) da un mondo dove ormai non si ritrova più. Così si conclude la storia poetica di un grande poeta italiano del Novecento, e sarebbe ottima cosa pubblicare finalmente un volume che contenesse tutti i suoi versi, visto che oggi risulta pressoché impossibile reperirne le opere. Ecco infine l'elenco delle raccolte - comprese le postume - seguito da tre poesie del purtroppo dimenticato poeta trapanese.





Cesellature, Tip. Messina, Trapani 1899.

Le gemme e gli spettri, Scheme, Palermo 1901.

Le rime del commiato, Tip. Messina, Trapani 1901.

Liriche, Artero, Roma 1904.

Esilio della mia vita, Edizioni «Pagine Nuove», Roma 1950.

Antologia poetica, Guida, Napoli 1974.


Tito Marrone in un disegno di Eugen Drăguţescu




SOPRA UNA BIBBIA


Uomo che leggi: io sono il vero Libro,

e in me racchiudo quanto v'è d'eterno.

Dall'altissimo cielo all'imo inferno

tutto comprendo, e d'ogni nota vibro.


Passa l'anima tua dentro il mio cribro

e n'esce pura, come dall'inverno

la primavera; l'umile quaderno

d'ogni enorme volume ha più calibro.


Leggi. Se prona è l'anima tua, forse

il Canto della Resurrezione

libera la farà dalle sue morse:


ma dopo che s' è resa assai più trista,

sofferendo la Sacra Passione

nel Libro di Giovanni Evangelista.


(da "Liriche", Artero, Roma 1904, p. 16)





CRISALIDE


Nella tua casa c’è

la fame e lo squallore;

vicino alla tua porta senza cardini

per ore e ore

stagna il letame

che ammorba queste vie prive di sole. 

Ombre fosche balbettano 

tronche parole,

strisciando innanzi all’uscio ove il canario 

flauta mattina e sera al cielo immenso 

la sua canzon d’esilio.


Malinconia della prigione eterna!

Lo sai tu, lo sai tu, che cuci e logori 

stracci, nell’umido 

pozzo, e sorridi;

lo sai tu che lavori e non sospiri, 

e ti trascini per il labirinto 

delle viuzze luride, 

mentre di là c’è prateria montagna 

marina cielo!


Crisalide, se aprissi una mattina 

la prigione al tuo cuore, 

liberandoti, aerea farfalla, 

per le vie dell’amore?


(da «Poesia», Gennaio 1906)






FERMARE IL TEMPO


Con passo occulto,

i consunti giardini risalii

della tua scala, donna

d'un agosto lontano.

Alla porta, origliai. S'istupidivano

i muri nell'inerzia

del pomeriggio estivo.

Mi prese il canto

afono d'una secca lavandaia

che fustigava i panni

sul marmo sordo.

Tu non c'eri: e picchiai,

dopo gli atroci secoli

che dividono il vecchio

dal suo fuggente amore.

Tacque la voce. Un urlo

di silenzio. Discesi

come ladro i gradini

e mi perdetti ancora

nell'anonimo sole.


(da "Esilio della mia vita", Edizioni «Pagine Nuove», Roma 1950, p. 108)







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