Hermes è il titolo di una rivista d’arte e letteratura pubblicata a Firenze tra il 1904 ed il 1906; nella veste di direttori si alternarono Giuseppe Antonio Borgese ed Enrico Corradini. La periodicità di Hermes non fu sempre regolare; in totale ne uscirono dodici fascicoli. Tra i collaboratori di questa rivista fiorentina, vi furono Domenico Giuliotti, Giovanni Papini, Marcello Taddei ed Emilio Cecchi. Politicamente e ideologicamente Hermes fu molto vicina ad altre prestigiose riviste di quel preciso periodo storico, come Leonardo e Il Regno; letterariamente parlando, coloro che vi pubblicarono prose e versi, mostrarono una spiccata affinità con la scrittura di Gabriele D’Annunzio, specialmente per quel che concerne il formalismo estetico. Chiudo riportando tre poesie tratte dalle pagine di questa rivista del primissimo Novecento.
L'OSPITE
di Giuseppe
Antonio Borgese (1882-1952)
No, no, non
aprire. Se picchiano tu non aprire;
se battono tutta
la notte, e tu non udire.
All' alba egli si
stancherà.
Sta fermo, egli
udrà; non respirare, rannicchiati
nell' ombra. Se
ode i tuoi passi, egli picchia
più forte. È la
pioggia che colma la gora e trabocca
o ancora le
ferree sue nocche?
Chiudi gli occhi,
non ascoltare. Perché
tremi? Hai l’ arma tua presso di te?
Dormi, egli forse
non torna.
Crederà che tu
dorma. Non aprire: vorresti vederlo
col volto nascosto nel lungo mantello
grondante di pioggia? Sentir le
pupille ferine
traverso le palpebre chine?
Ahimè! quel suo
piccolo rosso fanale,
giallo rossastro come occhi di micidiale!
Chi, rincasando tardivo, ne vide il lucor
per le scale,
tremò d’un tremore mortale.
Accendi il tuo
lume. Lampeggia. Nell’oscurità
tremi. Senti? non picchia. Ora se ne
va.
Hai messo alla
porta il paletto e la stanga?
Non credere ch’egli
rimanga,
non credere
ch'egli ti aspetti.
Perché non accendi?
Perché con
terrore le braccia protendi?
Ah! la tua lampada
è là.
La lampada rossa
nell’oscurità!
(da
"Hermes", novembre 1904)
PICCOLA CASA DI
MORTI
di Riccardo
Forster (1869-1938)
Qui noi salimmo
uniti per la rampa
ad un asil di
genti primitive.
Sul poggio
splende il sole come lampa,
cinta da mille lampade
votive.
Qui l'uomo contro
l'uomo non s'accampa.
Non beve la sua
bocca alle sorgive
fonti più r aure
: in petto non gli avvampa
follia di sogni,
di divine rive.
Salimmo con la
Gioja tutta in fiore!
Ora sembra che
giungano nell' orto,
crocisegnato l'
ombre, e che ogni morto
della mia stirpe
chieda al nostro amore,
nell'alta
solitudine romita,
per la sua tomba
un brivido di vita.
(da "Hermes", maggio-giugno 1904)
IL RAGNO
di Federico
Valerio Ratti (1877-1944)
Poi che la ultima
nota
via dileguò ne la
sera
verso una
speranza ignota,
tornò eguale la
tastiera.
Prima
sciacquavano l’onde
contro una scala
di marmi
politi, fiorian
le sponde
di rose e l'aria
di carmi;
prima era tutto
un immenso
domo d’oro
splendente,
dove fra nubi
d’incenso
si officiava al
Sol nascente:
or, poi che l’
ultimo lagno
vanì del cembalo
bello,
tutto disparve, e
un ragno
solo abita il mio
cervello.
(da «Hermes»,
luglio 1906)
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