domenica 5 aprile 2020

La poesia di Vincenzo Cardarelli


In questo blog non poteva mancare un post dedicato a Vincenzo Cardarelli (pseudonimo di Nazareno Caldarelli, Tarquinia 1887 - Roma 1959): un poeta per me fondamentale, che ha scritto versi indelebili e che considero migliore di altri poeti italiani del XX secolo - non faccio i nomi - ben più illustri e pluripremiati. Ma Cardarelli non fu soltanto poeta, anzi, va detto che le sue ottime prose superano, per qualità e quantità, i suoi versi; non sono certamente da trascurare, poi, gli articoli giornalistici e i saggi che scrisse in diverse fasi della sua vita. Importantissime le collaborazioni di Cardarelli a diversi giornali e riviste; in particolare, sono memorabili quelle a La Voce e a La Ronda. Per quanto riguarda le poesie, comparvero già nel suo primo libro: Prologhi (uscito nel 1916) che però comprendeva soprattutto prose; lo stesso discorso vale per le opere successive dello scrittore tarquiniese, come Viaggi nel tempo e Il sole a picco. Soltanto nel 1936, ovvero alla soglia dei cinquant'anni, Cardarelli si decise a pubblicare un volume che raccogliesse i suoi meravigliosi versi. Oggi, fortunatamente, in un volume dei Meridiani Mondadori, è possibile leggere l'intera opera letteraria di Cardarelli. Ma, tornando al poeta, devo dire che già leggendo quelle poche poesie presenti nei miei libri di scuola, rimasi estasiato dal suo linguaggio limpido e convincente, dalla sua rarissima capacità di trasmettere sensazioni, emozioni e riflessioni, facendo uso di parole semplicissime racchiuse in pochi versi. Potrei citare composizioni poetiche brevi e intense come Autunno, Gabbiani, Abbandono... Però, piuttosto che insistere con le mie parole inadeguate, preferisco riportare un frammento scritto da Edoardo Sanguineti - grande poeta e critico letterario scomparso qualche anno fa - tratto dalla prefazione all'antologia da lui stesso curata Poesia italiana del Novecento, poiché mi appare tra i più consoni e precisi nell'individuare le peculiarità del Cardarelli poeta; quest'ultimo viene citato all'interno di un discorso più ampio, riguardante una certa freddezza che appartiene alla poesia dei cosiddetti "Lirici nuovi" (definizione usata da un altro illustre critico: Luciano Anceschi, in un'altra storica antologia):

[...] Non si dice questo per Cardarelli in particolare, per il quale l'etichetta di neoclassicismo è stata poco meno che micidiale. Oggi, si tratta di riscoprirlo nelle sue idiosincrasie più taglienti, quest'uomo così esposto alle stagioni, così chiaramente paziente di fronte al tempo, così angosciato del suo trasecolare, così intimamente legato da sempre alla propria morte. E non è un lavoro semplice, raggiungerlo oggi, che l'epiteto di «rondista» suona quasi esclusivamente come un dotto insulto, e dovrebbe spiegare tutto, nel caso: ma è un lavoro probabile, e può dare il suo frutto¹.

A proposito dell'aggettivo "rondista" che, come dichiarato da Sanguineti, è certamente riduttivo sia per Cardarelli che per altri grandi scrittori che collaborarono alla rivista La Ronda (uno su tutti: Riccardo Bacchelli), voglio ricordare che quest'ultima fu pubblicata mensilmente tra il 1919 ed il 1922 e alla direzione ci fu, per un breve periodo, lo stesso Cardarelli; refrattari ad ogni tipo di avanguardia e di sperimentalismo letterario, gli scrittori della Ronda ebbero Giacomo Leopardi "prosatore" come modello principale di riferimento e pubblicarono, di conseguenza, quasi esclusivamente prose d'arte nelle preziose e interessanti pagine di questa storica rivista; il medesimo discorso, ovviamente, vale anche per Cardarelli che, tra le altre cose, qui pubblicò i suoi bellissimi Argomenti poetici.
Chiudo riportando i titoli delle principali opere poetiche del nostro, seguiti da tre celebri liriche che entrano di diritto nella storia della poesia italiana del Novecento.

NOTE
1) Da Poesia italiana del Novecento, a cura di Edoardo Sanguineti, Einaudi, Torino 1969.





OPERE POETICHE DI VINCENZO CARDARELLI

"Prologhi", Studio Editoriale Lombardo, Milano 1916.
"Viaggi nel tempo", Vallecchi, Firenze 1920.
"Il sole a picco", L'Italiano, Bologna 1929.
"Giorni in piena", Novissima, Roma 1934.
"Poesie", Novissima, Roma 1936.
"Poesie" (nuova edizione), Mondadori, Milano 1942 (1948²).
"Poesie nuove", Neri Pozza, Venezia 1946.
"Poesie", Fiumara, Milano 1949.
"Opere complete", Mondadori, Milano 1962.
"Opere", Mondadori, Milano 1981.




TESTI


AUTUNNO

Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.

(da "Opere", Mondadori, Milano 1993, p. 42)




LARGO SERALE

È l’ora dei crepuscoli estivi,
quando il giorno pellegrino
si ferma e cade estenuato.
Dolcezza e meraviglia di queste ore!
Qualunque volto apparisse in questa luce
sarebbe d’oro.
I riflessi di raso
degli abitati sul lago.
Dolce fermezza di queste chiome
d’alberi sotto i miei occhi.
Alberi della montagna italiana.
Di paese in paese
gli orologi si mandano l’ora
percotendosi a lungo nella valle
come tocchi d’organo gravi.
Poi più tardi, nella quiete notturna,
s’odon solo i rintocchi dolci e lenti.

(da "Opere", Mondadori, Milano 1993, p. 70)




ALLA MORTE

Morire sì,
non essere aggrediti dalla morte.
Morire persuasi
che un siffatto viaggio sia il migliore.
E in quell'ultimo istante essere allegri
come quando si contano i minuti
dell'orologio della stazione
e ognuno vale un secolo.
Poi che la morte è la sposa fedele
che subentra all'amante traditrice,
non vogliamo riceverla da intrusa,
né fuggire con lei.
Troppo volte partimmo
senza commiato!
Sul punto di varcare
in un attimo il tempo,
quando pur la memoria
di noi s'involerà,
lasciaci, o Morte, dire al mondo addio,
concedici ancora un indugio.
L'immane passo non sia
precipitoso.
Al pensier della morte repentina
il sangue mi si gela.
Morte non mi ghermire,
ma da lontano annunciati
e da amica mi prendi
come l'estrema delle mie abitudini.

(da "Opere", Mondadori, Milano 1993, p. 98)



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