domenica 29 marzo 2020

Poeti dimenticati: Nicola Marchese


Nacque a Trani nel 1858 e morì a Roma nel 1910. Sposatosi in giovane età, ebbe la sfortuna di perdere in breve tempo sia la moglie che il figlio; lasciata la sua terra natale, si stabilì a Roma dove si risposò e lavorò, col ruolo di amministratore, presso il Fondo per il Culto. Morì a 52 anni, mentre stava declamando i suoi versi, a causa di una congestione cerebrale. La sua poesia è variegata, e risulta difficile inserirla in un determinato gruppo o contesto letterario, anche se qualche critico l'ha avvicinata a quel clima estetizzante della Roma dell'ultimo ventennio del XIX secolo, in cui si sviluppò e si consacrò anche la lirica di Gabriele D'Annunzio. Dedicò alla città di Roma un intero poema che ne celebra la storia, i personaggi, i luoghi ed i monumenti.



Opere poetiche

"Crisantemi", Vecchi, Trani 1895.
"Canzoni a ballo", Unione Cooperativa Editrice, Roma 1901.
"Roma. Liriche", Vecchi, Trani 1911.
"Le Liriche", Vecchi, Trani 1911.




Presenze in antologie

"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. IV, pp. 162-169).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. IV, pp. 156-160).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 713-718)
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. III, pp. 108-110).



Testi

BALLATA GRIGIA

Raccogliendo ella va con lenta mano
ogni foglia che da gli alberi cade;
ogni foglia su cui le sue rugiade
versò presago il cielo antelucano.

A lo sguardo de gli occhi di viola
si stempra in un pulviscolo pallente
l'immensità de l'unico zaffiro.
La pensosa, la pia, tacita e sola,
incede in mezzo al vespero silente;
e, ad ogni foglia che aduna, un sospiro,
un sospir lungo esala. Ella un papiro
sa che in ciascuna de le tristi foglie
sempre angusto e non ultimo raccoglie,
a formar l'albo del dolore umano.

(da "Crisantemi")




ORTO CLAUSTRALE

Dorme il vecchio orto claustrale
nel meriggio accidioso;
ma letèo, ma sepolcrale
è del vecchio orto il riposo.

L'edera, su pel muscoso
muro, s'abbarbica e sale:
un arancio, sospiroso,
sogna un sogno nuziale.

In van l'edera la fuga
tenta e vien l'arancio, intanto,
sognando una bianca fronte.

Qual pel solco d'una ruga,
scorre in rivolo di pianto,
per il vecchio orto, una fonte.

(da "Le liriche")

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