Francesco Cazzamini
Mussi nacque a Milano nel 1888 e morì a Baveno (Novara) nel 1952. Amico di
Marino Moretti, di cui curò una monografia, scrisse versi intimisti che, per
certe caratteristiche, lo avvicinano ai crepuscolari. Seppure le sue poesie
mostrino dei pregi evidenti, fu quasi totalmente ignorato dai critici del suo
tempo, e oggi il suo nome è caduto nell'oblio.
Opere poetiche
"Canti
dell’adolescenza", Soc. Tip. Ed. Naz., Torino 1908.
"Le amare
voluttà", Baldini e Castoldi, Milano 1910.
"Fogline
d’assenzio", Ricciardi, Napoli 1913.
"Le allee
solitarie", Ricciardi, Napoli 1920.
"Il cuore e
l’urna", Treves, Milano 1923.
"La fiamma e le
ceneri", Treves, Milano 1930.
"Lacrime e
sole", Formiggini, Roma 1938.
"Passi sulla
sabbia", Guanda, Modena 1941.
"Le spiagge
dell’oblio", Guanda, Modena 1947.
"Poesie",
SEI, Torino 1953.
Presenze in antologie
"Le più belle
pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba,
Lanciano 1928 (vol. 2, pp. 42-47).
"L'Adunata della
poesia", 2° edizione, a cura di Arnolfo Santelli, Editoriale Italiana
Contemporanea, Arezzo 1929 (CXXVIII-CXXXI).
"Dal simbolismo
al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (tomo secondo, pp.
425-431).
Testi
TRISTEZZA
È il tardo autunno,
più non vi son rose;
ecco la morte
dell'umane cose;
cadon le foglie
secche ed avvizzite,
cadon dal cuor le mie
speranze ardite.
Nel languire del
vespero odoroso
l'anima invoca il
placido riposo;
laggiù, laggiù, nel
bianco cimitero,
v'è tutto quello che
nel mondo è vero.
(Da "Canti
dell’adolescenza")
FANALE
Oh quel fanale
che s'apre come
occhio smarrito
nel grigio silenzio
infinito
della notte
invernale,
or bianco or ardente;
oh quel fanale vicino
e lontano
nel piano,
in striscie di sangue
il cammino
preclude
al nero convoglio che
invoca
con voce stridula e
roca,
la libera via;
oh quel fanale è la
mia
anima, forse, che
chiede,
e dolce si perde e
s'illude
nel sogno, e non
vede?
Fremono i fili
sonori,
un globo elettrico
illumina
la strada, spicchio
di sole
nel fango, nell'acqua
raccolta
negli interstizi
d'asfalto...
O quel fanale è una
scolta
sperduta,
che vigile attende un
assalto?
Occhio di sangue,
baleni
or nella notte,
scolori
tremuli palpiti
muori,
nei cieli oscuri e
sereni...
E romba il treno
lontano
nel piano,
scompare.
Non s'ode che il
vasto silenzio infinito.
Silenzio — a vespro —
sul mare.
Ma l'occhio vaneggia,
mi guata:
si apre: si chiude
smarrito:
l'enorme pupilla
dilata.
E il treno — lontano
nel piano è un
punto...
Ma dove, ma quando
sia giunto...
(Da "Le allee solitarie")
qui c'è un suo volume:
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e anche qui:
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