domenica 15 giugno 2014

Le croci nella poesia italiana decadente, simbolista e crepuscolare

Quasi sempre, nei versi di questi poeti, si fa riferimento alla croce cristiana, a cui viene spesso aggiunto il calvario quale simbolo di sofferenza, di estremo dolore ma anche di purificazione e, ovviamente, di divino. In alcune poesie la croce assume la forma di un simbolo funesto, sia perché sta a ricordare fatti violenti e luttuosi, sia per il motivo che, rifacendosi alla tradizione cristiana, essa ha rappresentato e tuttora rappresenta la morte. In due composizioni c'è anche l'abbinamento Rosa-Croce: simbolo fondamentale dell'esoterismo cristiano e dell'intero occidente, dove si uniscono il dolore umano e la gloria universale.



LA CROCE E LE ROSE
di Antonino Anile (1869-1943)

Una Croce col Cristo s'erge
in fondo sull'ampia radura,
appena l'alba di sua pura
luce i cieli opachi deterge.

Della Croce solenne al piede
(poi che l'Aprile ha già disciolto
i rivoli pei campi) un folto
rosaio fiorire si vede.

Le rame, perlate di brine,
si snodano, meravigliose
di vivi boccioli di rose,
attorno alle membra divine.

Pei fianchi del Cristo morente
si tendono l'ardue volute,
e salgono, e, sotto le mute
labbra, s'apre una rosa ardente;

e salgono, e tutta la bionda
cesarie del pio Nazareno,
la fronte reclina, ecco, un pieno
serto di corolle circonda.

Al nuovo trionfo la grande
soave pupilla pensosa
sorride; e nella luminosa
aria quel sorriso si espande:

e passa su tutte le aiuole
e va coi fiumi tributari,
e brilla sui ceruli mari
co'l vasto sorriso del Sole.

Par che le rose, in un giocondo
anelito, siano salite
a detergere le ferite
di tutto il dolore del mondo.

La Croce solenne, di nera
tagliata ròvere rubesta,
come albero novo si desta
al soffio della primavera.

Le rose dischiuse fiammanti
abbracciano il Cristo che geme;
e paion bocche che a supreme
ebbrezze s'aprano anelanti;

e pare che il sangue divino
sia tutto passato alle rose,
che effondono con odorose
parole un linguaggio divino;

e par che la trama del fiore
schiuso appena, la trama d'ogni
petalo, sia quella dei sogni
che s'aprono di un Dio nel cuore.

Ritenne la Terra nell'ime
profondità il Verbo celeste;
e, quando di fiori si veste,
quel Verbo per gli uomini esprime.

Per ogni speranza, sfiorita
dentro le stanche anime umane,
ridono le balze montane
e i piani di nuova fiorita.

Per le vigilie dolorose,
pei cuori da l'Odio ritorti,
per l'ultimo sogno dei morti
la Terra fiorisce di rose.

Pel sangue fraterno, che 'n guerra
fumiga ancora su le zolle,
parole d'amore, in corolle
di rose, dischiude la Terra.

(Da "La Croce e le rose", Ricciardi, Napoli 1909)





LA CROCE
di Giuseppe Casalinuovo (1885-1942)

In fondo della strada, che protende
l'ultima curva al ciglio del ripiano,
le larghe braccia, in pio gesto cristiano,
la croce solitaria al ciel distende.

Qualche cosa d'ignoto essa contende
sempre nel sole o in mezzo all'uragano,
ed un senso di tragico e di umano
in quel suo gesto supplice risplende.

La croce è nuda, sola, senza il pondo,
tra le sue braccia immobili sospeso,
del vecchio Cristo eternamente biondo.

Ma, con il corpo martoriato e leso,
sta crocifisso tutto quanto il mondo,
alle sue braccia eternamente appeso.

(Da "La lampada del Poeta", Zanichelli, Bologna 1929)





LA CROCE
di Marcus De Rubris (Marco Rossi, 1885-?)

Sotto il Simbolo immenso, che il Calvario
profilato ne 'l ciel di Galilea
un giorno a Gerosolima tenea,
L'Artefice dispose in modo vario

la Forza e l'Umiltà divinamente,
ne i muscoli marmorei conteste
a luci inarrivate ed a profonde
ombre tenaci. - Rivelò l'ardente
sogno quest'opra di superba veste,
cui sono vita l'alme tremebonde
ne 'l gran mistero che la Croce asconde.
Effigiando quest'ardimentosa
opera, certo volle, l'ansiosa
anima, rivelare il Solitario.

(Da "Anima nova", Streglio, Torino-Genova-Milano 1906)





LA CROCE GLORIATA
di Luigi Fallacara (1890-1963)

Dal profondo di terre oscure alzata,
ripida d'oltre ogni costellazione,
in ansia d'orizzonti attraversata,
o Croce aperta in ogni direzione!

O Croce di dolore gloriata,
sullo spazio perduto in creazione
l'interezza d'amor t'ha dilatata,
e l'universo ha nome Passione.

Profondità, distanza, perdutezza
d'astri che si ricolmano d'assenza,
ardendo impietosi di desio,

lontananza che sei sola pienezza,
Passione, vastissima presenza,
dell'universo che dolora Iddio.

(Da "Illuminazioni", Casa dei poeti, Varese 1925) 





ALLA CROCE
di Giulio Gianelli (1879-1914)

Un dì che mi parevi irta di spine
estenuato dal tuo peso immenso
proruppi: - tu non mi darai compenso,
voglio un rogo innalzar per la tua fine!

Io voglio, o croce, rotto quel confine
che non si varca mai per tuo consenso,
tutto il piacere... poi, mille rovine!

Ma perdonami, o croce; ecco, felice
oggi grido abbracciandoti: - il Calvario
è la più amena e florida pendice.

In lui coversi tutto il mio desio:
vivere amando, pianger solitario,
né ricrearmi che lassù, con Dio.

(Da "Mentre l'esiglio dura", Castellotti, Torino 1903)





LA CROCE NEL TRONCO
di Arturo Graf (1848-1913)

Tu, che scolpisti nel core
Di questo lugubre legno
Il formidabile segno
Dell’immortale dolore;

O vïator sconosciuto,
O sognator vagabondo,
O nauseato del mondo,
Le tue vestigia saluto!

Ancora vivi? Gli ascosi
Greppi e le selve erri ancora?
O nell’oscura dimora,
Placato alfine, riposi?

In grembo alla madre antica,
Sotto le morbide zolle,
Ove si cheta la folle
Smania e la vana fatica?

E se ancor vivi, rammenti
L’ora del tuo passaggio
Per questo bosco selvaggio,
Ignoto quasi ai viventi?

E ti sovviene il pensiero,
Che in te qui fisse l’artiglio,
Qui, dove manca sul ciglio
Dell’erma balza il sentiero?

Ah, se ancor vivi, di certo
Ricordi il tutto: l’accesa
Fede, l’inganno, l’offesa...
Questo silenzio deserto.

E se non vivi... La scura
Tua piaga vive nel segno;
Che lacera questo legno,
E incancellabile dura.

(Da "Le rime della selva", Treves, Milano 1906)





IL CROCIFISSO
di Guido Marta (1882-?)

C'è una finestra con le sbarre in croce,
a cui m'affaccio immobile, proteso
verso il cielo sereno, alto, disteso
come un fiume d'azzurro — ampio — alla foce:

e la mia vita — stretta all'inferriata —
sospesa sotto il cielo sull'abisso,
appare, a un tratto, logora e sbiancata,
come un povero sogno crocifisso.

(Da "La neve in giardino", Il Giornale dell'Isola, Catania 1922)





LA CROCE
di Fausto Maria Martini (1886-1930)

Penso quell'ore, e mi si sgrana ognuna
(quell'ore!) come avemarie seguaci,
se l'altra sorga e non ancora l'una
si spenga con un murmure di baci...

Così, per te, mi son fatto un rosario,
da dirsi ogni mattina a bassa voce,
se mai m'esorti a questo mio calvario...
finché non trovo in fondo, ahimé! la croce.

La croce! Quella che sola ci resta
d'ogni dolcezza: ancora, qualche odore
d'incenso... sera d'un giorno di festa...
Singhiozzo d'una lampada che muore...

(Da "Poesie provinciali", Ricciardi, Napoli 1910)





UN SOLO PROFUMO DI ROSA
di Arturo Onofri (1885-1928)

Un solo profumo di rosa
In calda atmosfera veloce,
beato di sé, si riposa
nell’ombra che ha forma di croce.

È solo un profumo: è sospiro
Di farsi bontà volontaria,
che induce a color di zaffiro
il nimbo di sole dell’aria.

La terra solleva dall’ombra,
con braccia d’eterno avvenire,
il duro dolor che la ingombra,
sognando altri cieli fiorire.

E ignara ogni vita si sposa,
dall’ombra che ha forma di croce,
a un cielo che odora di rosa,
in calda atmosfera veloce.

(Da "Terrestrità del sole", Vallecchi, Firenze 1927)





LA CROCE
di Aldo Palazzeschi (1885-1974)

Laddove le vie fan crocicchio,
poggiata a un cipresso è la Croce.
Sul nero del legno risplendono i numeri bianchi:
ricordo del giorno.
La gente passando si ferma un istante
e sol con due dita toccando leggero quel legno,
fa il Segno di Croce.

(Da "I cavalli bianchi", Firenze 1905)





CROCE INCISA SUL PRATO
di Romualdo Pantini (1877-1945)

Fu nel rigoglio della primavera:
l'uom de la villa un suo fratello uccise.
Il fratello cadendo gli sorrise,
e sorridendo entrò ne la sua sera.

Al cospetto dei monti, croce nera
non sorse a benedir le zolle intrise;
ma col sasso un pastor due solchi incise
per lo scongiuro della diavolera.

La vernata non fu mite di nevi:
la pioggia imperversò per entro i brevi
solchi, li deformò peggio che buca.

Ora al maggio novello, molte spine
chiudono i pochi fili d'erba fine.
La pecora sogguarda e non vi bruca.

(Da "Antifonario", L'arte del libro, Vasto 1906)





OGNI MATTINO FU COME UNA CROCE
di Federigo Tozzi (1883-1920)

Ogni mattino fu come una croce
dove l'anima mia stette inchiodata.
E la luna, allo strazio, senza voce
restava in cielo come disperata.

Ogni mattino il canto si sovvenne
che lacrimava tutto l'infinito;
dove vedea passar le eterne penne
come un silenzio che nessuno ha udito.

(Da "Le poesie", Vallecchi, Firenze 1981)

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