giovedì 13 marzo 2014

"Eros" di Gina D'Arco




Nel 1896, presso l'editore Forzani di Roma, uscì un volumetto di versi intitolato Eros, la cui autrice risultava essere tale Gina D'Arco: poetessa sconosciuta a tutti anche perché inesistente. Dietro tale nome infatti si celava il più famoso poeta romano Domenico Gnoli (1838-1915), che già allora aveva pubblicato alcune importanti opere poetiche come Odi tiberine (1879) e Nuove odi tiberine (1885), ma al suo esordio nella letteratura, quando diede alle stampe un libro di Versi (1871), si era nascosto dietro lo pseudonimo di Dario Gaddi. Vi era quindi una recidività da parte dello Gnoli all'uso di nomi falsi per la pubblicazione delle sue poesie; tale usanza si sarebbe ripetuta clamorosamente anche nel 1903: in occasione dell'uscita del famoso volume Fra terra ed astri, che fu ritenuta un'opera in versi nuova e rivoluzionaria, il cui autore, seppur misterioso, sembrava essere un giovane esordiente di cognome Orsini e di nome Giulio. Sorprendente e nello stesso tempo deludente fu la scoperta che dietro allo pseudonimo di Giulio Orsini, ancora una volta si celava proprio lui: Domenico Gnoli, che, già ultrasessantenne, di fatto aprì la nuova strada della poesia italiana del XX secolo. Non soddisfatto, Gnoli continuò a firmarsi Giulio Orsini anche nella sua successiva opera: Jacovella (1905), ma ormai la sua identità era stata ampiamente scoperta.
Ritornando ad Eros, trattasi di un volumetto di 26 pagine che contiene in tutto 10 poesie precedute da una breve prefazione intitolata: Al lettore in cui l'autrice spiega il motivo per cui ha deciso di pubblicare le sue "poesiole".
Eros fu ripubblicato con varianti da Domenico Gnoli nel suo volume riepilogativo Poesie edite e inedite (1907), presentandolo con la seguente indicazione:

Dal volumetto Eros di Gina D'Arco (Roma, Forzani 1896) e da periodici.

Delle 10 poesie presenti nel libriccino originale si rileggono: Vita nova (col titolo Vita nuova), Tivoli, Veglia, Abissi e Tristezze. Scompaiono invece le altre, ovvero: A te solo, Aprile, Voliamo, Sempre e Malìa. Vengono aggiunte infine: Il vecchio, La scala e Il lamento d'una mummia.
riporto di seguito, per concludere, una delle più belle poesie di Eros.



VEGLIA

Saliva dai tetti, recinta di pallido nimbo,
con tacito passo la luna,
con passo di madre che mova a spiare se il bimbo
riposi a la tepida cuna.

Ed io sul balcone vegliavo, che il sonno da' stanchi
miei occhi è bandito :i pensieri
novelli d'amor senza posa l'inseguono a' fianchi,
qual muta d'alati levrieri.

Un'alta fenestra, sui tetti, splendeva lontano
lontano. Chi veglia a quest'ora?
È forse una povera madre cui stanca la mano
si piega sui lini, e lavora

lavora pel pane de' figli? È un convegno d'amanti?
Là dentro è un infermo? un morente?
Si trama là dentro un delitto? son risa? son pianti?
Ascolto, ma nulla si sente.

Sui tetti dormenti, recinta d'un nimbo leggero,
la pallida luna salìa:
confuso vegliava de l'alta fenestra il mistero
con quello de l'anima mia.


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