Le porte, nei versi dei poeti qui analizzati, rappresentano quasi esclusivamente dei simboli. Molto spesso sono chiuse da un tempo estremamente lungo; a volte sono fatte di un metallo prezioso (come il bronzo) oppure di legno. Quando le porte sono serrate, racchiudono qualcosa di particolarmente misterioso (e a volte si intuisce che tali porte rappresentino il confine tra la vita e la morte); in alcuni casi, le porte sono quelle di una sorta di prigione, e chi vi rimane rinchiuso, è sovrastato dall’angoscia e dalla solitudine. Nella poesia di Govoni, si parla di una serie di porte che, in sostanza, simboleggiano il percorso vitale di ogni essere umano. Ci sono anche poesie in cui le porte fanno parte di vecchie abitazioni dove non c’è più nessuno, poiché i residenti sono già deceduti da tempo; quasi sempre è il poeta che rivive il suo passato in modo angoscioso, a causa delle molte perdite affettive susseguitesi nel tempo. Infine, nella poesia di Quasimodo, tratta da una raccolta giovanile inedita degli anni ’20 del XX secolo - che dimostra quanto il giovane poeta siciliano fosse vicino alla poetica dei decadenti e dei simbolisti -, la porta che rimane chiusa è quella della città straniera in cui il viandante si è recato con entusiasmo, pensando di essere accolto in tutt’altra maniera (si potrebbero fare dei collegamenti con i nostri orrendi tempi).
Poesie sull’argomento
Mario Adobati:
"La porta aperta" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Vittoria Aganoor:
"La porta di bronzo" in "Leggenda eterna" (1900).
Diego Angeli:
"Notturno" in "Il Marzocco", settembre 1897.
Diego Angeli:
"Una porta che si apre" in "L'Oratorio d'amore" (1904).
Ugo Betti: "Le
porte di ferro" in "Il Re pensieroso" (1922).
Giuseppe Casalinuovo:
"Porta chiusa" in "Dall'ombra" (1907).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Porta a mezzo chiusa" in "Il cuore e l'urna"
(1923).
Carlo Chiaves:
"La vecchia porta" in "Sogno e ironia" (1910).
Guglielmo Felice
Damiani: "Su la soglia" in "Lira spezzata" (1912).
Emilio Girardini:
"Passato" in "Chordae cordis" (1920).
Corrado Govoni:
"Le porte" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf: "La
porta di bronzo" in "Morgana" (1901).
Aldo Palazzeschi:
"La porta" in "Poemi" (1909).
Giovanni Pascoli:
"Di là" in "Poesie varie" (1912).
Salvatore Quasimodo:
"La porta chiusa" in "Bacia la soglia della tua casa"
(1981).
Testi
LA PORTA DI BRONZO
di Vittoria Aganoor
(1855-1910)
Un uomo batte ad
un'antica porta
di bronzo, ma nessuno
ode. La Luna
appena mette una
scintilla smorta
sulle sfingi dei
fregi e sulla bruna
man di colui che
batte a quella porta;
non s'ode voce né
risposta alcuna.
Sola l'eco dai cupi
anditi porta
il rimbombo dei colpi
alla soggetta
palude, intorno alla
campagna morta,
dove luccica a gore
la costretta
acqua livida e trema
la ritorta
vetrice alla
pestifera belletta.
Non trillo d'alati
ospiti conforta
quel deserto, né
strige a quelle in vetta
nere torri giammai la
Luna ha scorta.
Chi sa da quanto il
pellegrino aspetta?
Chi sa da quanto
batte a quella porta
cinto dalla maremma
maledetta?
(da “Leggenda eterna”,
Roux & Viarengo, Torino-Roma 1903, pp. 217-218)
LA VECCHIA PORTA
di Carlo Chiaves
(1882-1919)
O vecchia porta che
ancora
grave sui cardini
stridi;
porta che schiudersi
io vidi
sempre, negli anni,
come ora,
Da quanto tempo tu
guardi
de la mia casa la
soglia,
dove una rosa si
sfoglia
lungo una siepe di
cardi?
Tu cingi su la
cornice
una ghirlanda ben
viva
di verdi fronde,
giuliva,
che accoglie e che
benedice:
Pur tu conosci lo
schianto
d'ogni dolore, e ben
sai
ciò che non torna più
mai
lungo la traccia del
pianto.
E sai la scossa repente
del cuor che attende
in travaglio,
quando, percosso dal
maglio
sonoro, vibra il
battente.
E sai la mano che
schiude
lieve, con dolci
moine;
il gesto che sempre,
al fine,
sbatte, d'un impeto
rude.
Conosci l'eco lontana
e, fra i massicci
battenti,
il sibilare dei
venti,
l'urlo de la
tramontana.
Romba la porta e poi
tace.
Passa chi viene e chi
va,
ogni fortuna, ogni
età,
di sotto a l'arco
capace.
Oh! quando il mondo è
più muto,
oppresso da un cielo
di piombo,
per me risuona quel
rombo
ogni anno, come un
saluto.
Io penso: -
Rifioriranno
le rose, presso quel
varco,
e in vetta in vetta
de l'arco
le fronde
rinverdiranno.
Ma un'altra gioia è
finita,
tutto scompare e
s'oblia,
ed io non so dove sia
la porta de la mia
vita -.
(da “Tutte le poesie
edite e inedite”, IPL, Milano 1971, pp. 103-104)
Fernand Khnopff, "I lock my door upon myself" (da questa pagina web) |
Nessun commento:
Posta un commento