domenica 29 ottobre 2023

Le porte nella poesia italiana decadente e simbolista

 Le porte, nei versi dei poeti qui analizzati, rappresentano quasi esclusivamente dei simboli. Molto spesso sono chiuse da un tempo estremamente lungo; a volte sono fatte di un metallo prezioso (come il bronzo) oppure di legno. Quando le porte sono serrate, racchiudono qualcosa di particolarmente misterioso (e a volte si intuisce che tali porte rappresentino il confine tra la vita e la morte); in alcuni casi, le porte sono quelle di una sorta di prigione, e chi vi rimane rinchiuso, è sovrastato dall’angoscia e dalla solitudine. Nella poesia di Govoni, si parla di una serie di porte che, in sostanza, simboleggiano il percorso vitale di ogni essere umano. Ci sono anche poesie in cui le porte fanno parte di vecchie abitazioni dove non c’è più nessuno, poiché i residenti sono già deceduti da tempo; quasi sempre è il poeta che rivive il suo passato in modo angoscioso, a causa delle molte perdite affettive susseguitesi nel tempo. Infine, nella poesia di Quasimodo, tratta da una raccolta giovanile inedita degli anni ’20 del XX secolo - che dimostra quanto il giovane poeta siciliano fosse vicino alla poetica dei decadenti e dei simbolisti -, la porta che rimane chiusa è quella della città straniera in cui il viandante si è recato con entusiasmo, pensando di essere accolto in tutt’altra maniera (si potrebbero fare dei collegamenti con i nostri orrendi tempi).

 

 

Poesie sull’argomento

 

Mario Adobati: "La porta aperta" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).

Vittoria Aganoor: "La porta di bronzo" in "Leggenda eterna" (1900).

Diego Angeli: "Notturno" in "Il Marzocco", settembre 1897.

Diego Angeli: "Una porta che si apre" in "L'Oratorio d'amore" (1904).

Ugo Betti: "Le porte di ferro" in "Il Re pensieroso" (1922).

Giuseppe Casalinuovo: "Porta chiusa" in "Dall'ombra" (1907).

Francesco Cazzamini Mussi: "Porta a mezzo chiusa" in "Il cuore e l'urna" (1923).

Carlo Chiaves: "La vecchia porta" in "Sogno e ironia" (1910).

Guglielmo Felice Damiani: "Su la soglia" in "Lira spezzata" (1912).

Emilio Girardini: "Passato" in "Chordae cordis" (1920).

Corrado Govoni: "Le porte" in "Gli aborti" (1907).

Arturo Graf: "La porta di bronzo" in "Morgana" (1901).

Aldo Palazzeschi: "La porta" in "Poemi" (1909).

Giovanni Pascoli: "Di là" in "Poesie varie" (1912).

Salvatore Quasimodo: "La porta chiusa" in "Bacia la soglia della tua casa" (1981).

 

 

 

Testi

 

LA PORTA DI BRONZO

di Vittoria Aganoor (1855-1910)

 

Un uomo batte ad un'antica porta

di bronzo, ma nessuno ode. La Luna

appena mette una scintilla smorta

sulle sfingi dei fregi e sulla bruna

man di colui che batte a quella porta;

non s'ode voce né risposta alcuna.

Sola l'eco dai cupi anditi porta

il rimbombo dei colpi alla soggetta

palude, intorno alla campagna morta,

dove luccica a gore la costretta

acqua livida e trema la ritorta

vetrice alla pestifera belletta.

Non trillo d'alati ospiti conforta

quel deserto, né strige a quelle in vetta

nere torri giammai la Luna ha scorta.

Chi sa da quanto il pellegrino aspetta?

Chi sa da quanto batte a quella porta

cinto dalla maremma maledetta?

 

(da “Leggenda eterna”, Roux & Viarengo, Torino-Roma 1903, pp. 217-218)

 

 

 

 

LA VECCHIA PORTA

di Carlo Chiaves (1882-1919)

 

O vecchia porta che ancora

grave sui cardini stridi;

porta che schiudersi io vidi

sempre, negli anni, come ora,

 

Da quanto tempo tu guardi

de la mia casa la soglia,

dove una rosa si sfoglia

lungo una siepe di cardi?

 

Tu cingi su la cornice

una ghirlanda ben viva

di verdi fronde, giuliva,

che accoglie e che benedice:

 

Pur tu conosci lo schianto

d'ogni dolore, e ben sai

ciò che non torna più mai

lungo la traccia del pianto.

 

E sai la scossa repente

del cuor che attende in travaglio,

quando, percosso dal maglio

sonoro, vibra il battente.

 

E sai la mano che schiude

lieve, con dolci moine;

il gesto che sempre, al fine,

sbatte, d'un impeto rude.

 

Conosci l'eco lontana

e, fra i massicci battenti,

il sibilare dei venti,

l'urlo de la tramontana.

 

Romba la porta e poi tace.

Passa chi viene e chi va,

ogni fortuna, ogni età,

di sotto a l'arco capace.

 

Oh! quando il mondo è più muto,

oppresso da un cielo di piombo,

per me risuona quel rombo

ogni anno, come un saluto.

 

Io penso: - Rifioriranno

le rose, presso quel varco,

e in vetta in vetta de l'arco

le fronde rinverdiranno.

 

Ma un'altra gioia è finita,

tutto scompare e s'oblia,

ed io non so dove sia

la porta de la mia vita -.

 

(da “Tutte le poesie edite e inedite”, IPL, Milano 1971, pp. 103-104)



Fernand Khnopff, "I lock my door upon myself"
(da questa pagina web)



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