giovedì 12 ottobre 2023

Da "Ottobre a Venezia" di Diego Valeri

 Nella 1° edizione del volume Poesie vecchie e nuove (Mondadori, Milano 1932), il poeta Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), nella sezione intitolata Secondo Tempo (1920-1930) inserì sei liriche divise da un semplice asterisco, che portano il titolo complessivo di Ottobre a Venezia; tali poesie descrivono determinati punti della città lagunare in precisi periodi del giorno; sembrano brevi impressioni o a volte scatti fotografici, che si concentrano su degli aspetti assai affascinanti che ha Venezia in autunno, e in particolare durante il mese di ottobre. Tra le sei, io ho scelto di trascrivere la prima, tenendo in considerazione però, una successiva edizione del volume citato, di venti anni dopo. Queste tre quartine delineano Venezia come fosse un essere vivente; in una giornata nebbiosa d'inizio autunno, dove ovunque si guardi prevalgono le sfumature di grigio, si respira un'aria stanca, languida, quasi soffocante, dovuta alla presenza dello scirocco: vento caldo e fastidioso proveniente da sud-est. Venezia, in questo contesto stagionale, sembra una figura femminile esausta, senza forza alcuna, che ha soltanto voglia di dormire; e quando un raggio di sole riesce a penetrare chissà come la fitta nebbia, battendo insistentemente sul volto della città, essa ha l'identico atteggiamento che si riscontra in una gatta che sta dormendo, appena infastidita da un rumore o da una luce intensa: socchiude appena i suoi occhi, scruta nei pressi donde venga quel piccolo disturbo, e poi li richiude lentamente.






Da "OTTOBRE A VENEZIA"


Questi grigi di perla, e grigirosa,

e grigiverdi, in cui l'acqua ed il cielo

sembran vanire, come dietro un velo

d'eguale lontananza favolosa...


Giunge dal mare il fiato sonnolento

dello scirocco. Stancamente dondola

presso la riva l'ombra d'una gondola.

L'onda ha un singulto soffocato dentro.


Venezia giace languida e disfatta.

E se un raggio di sol, rompendo il folto

delle nebbie, le palpita sul volto,

socchiude appena i gialli occhi di gatta.

(da: Diego Valeri, "Poesie vecchie e nuove", Mondadori, Milano 1952, p. 104)

Nessun commento:

Posta un commento