lunedì 16 gennaio 2012

Poesia

La poesia è qualcosa di eccezionalmente grande ed inarrivabile perchè in grado di suscitare emozioni ed immagini con la sola forza della parola scritta. Grazie alla poesia è possibile sentirsi in sintonia con persone vissute anche parecchi secoli prima di noi, scoprirsi in perfetta simbiosi coi loro pensieri, i loro sentimenti e la loro spiritualità. Esiste però una piccola imperfezione, anche in questa stupenda forma d'arte, ed è la lingua: per capire la straordinaria bellezza di una poesia non scritta nella nostra lingua, occorre una buona (o meglio ottima) traduzione e la cosa non è affatto trascurabile poichè a mio avviso chi traduce una poesia deve essere a sua volta un bravo poeta. Ecco, infine, una poesia che ho scritto rivolgendomi alla Poesia come se fosse un essere vivente, o, forse, un dio invisibile ma ben presente.
 
 
Poesia
sii l'anima mia
sii la vita
e l'armonia.
Rimani
insieme a me
per il resto
dei miei poveri
anni.
Non mi abbandonare
non rendere inutile
questa poca
miserevole
stanca
esistenza.
Ti prego
non andare
via.
Rimani
e fammi
compagnia.

 
 
 

venerdì 13 gennaio 2012

Simbolo

Nel senso attribuito dalla poesia (e dal simbolismo in particolare), la parola non si pone soltanto come equivalente di «segno», come un termine che indica un'altra realtà, ma diviene oscura e misteriosa interpretazione di una realtà assoluta e remota. Nell'allegoria il simbolo era la cosa significata nel suo valore letterale, che naturalmente rinviava a un significato allegorico; ma i termini rimanevano intatti, perché si trattava di un rapporto intellettualistico ed esteriore, mentre per le recenti correnti poetiche il simbolo istituisce rapporti essenziali fra le cose e fra queste e l'Assoluto. Tutte le cose contingenti, anche le minime, sono simboli che conducono l'uomo a comprendere un'Idea, sostiene Baudelaire, e aggiunge: «Tutto è geroglifico e noi sappiamo che i simboli sono oscuri soltanto in senso relativo, in proporzione, cioè, alla purezza, alla buona volontà e alla perspicacia nativa delle anime. Che cos'è ora un poeta... se non un traduttore, un decifratore?». Per i simbolisti la poesia è tutta un simbolo, una «magia evocatrice».

(Dal "Dizionarietto" presente all'interno del volume curato da Giorgio Barberi Squarotti e Stefano Jacomuzzi: "La poesia italiana contemporanea dal Carducci ai giorni nostri", D'Anna, Messina-Firenze 1963)

martedì 3 gennaio 2012

L'abito nella poesia italiana decadente e simbolista

L'abito, soprattutto quello femminile, assume spesso una valenza fortemente simbolica in alcune poesie italiane scritte e pubblicate tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Fondamentale in tal senso è il colore del vestito o del capo d'abbigliamento che, a seconda delle tonalità, può indicare candore (bianco), mistero (nero), passione (rosso), carnalità (rosa), tristezza (grigio, lilla ed altri colori spenti) e così via. Altrettanto centrale è l'erotismo che in molti casi scaturisce da un semplice indumento indossato dalla donna e che può essere un copricapo con veletta, una sciarpa o un abito decoltè.
 

Poesie sull'argomento
Giovanni Camerana: "Il velo nero" in "Poesie" (1968).
Guelfo Civinini: "L'abito viola" in "L'urna" (1900).
Federico De Maria: "Guardaroba" in "Poesia", novembre 1908.
Francesco Gaeta: "Quando è piovuto su l'estate afosa" in "Soneti voluttuosi e altre poesie" (1906).
Corrado Govoni "Le sete" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf: "La feluca" in "Dopo il tramonto" (1893).
Fausto Maria Martini: "Elegia del primo abito decoltè" in "Tutte le poesie" (1969).
Marino Moretti: "Strascico" in "Poesie di tutti i giorni" (1911).
Solone Muti: "Vieux chiffon" in «La Settimana», giugno 1902.
Aldo Palazzeschi: "Il manto" in "I cavalli bianchi" (1905).
Aldo Palazzeschi: "Frate Rosso" in "Poemi" (1909).
Enrico Panzacchi: "Una sera a Venezia" in "Poesie" (1908).
Romolo Quaglino: "Le etere strette in vesti di broccato" in "I Modi. Anime e simboli" (1896).
Salvatore Quasimodo: "Cilicio" in "Notturni del re silenzioso" (1989).
Fausto Salvatori: "Fasciata dalla tua veste..." in "In ombra d'amore (1929).
Domenico Tumiati: "Rosea veste" in "Musica antica per chitarra" (1897).
 

Testi
QUANDO E' PIOVUTO...

Quando è piovuto su l'estate afosa
e, a spopolar le notti di falene,
vento nevato da le alture viene,
tu t'avviluppi d'uno sciallo rosa.

Come più caldo allor, mia freddolosa,
penso e di forme più fragranti e piene
il nido de 'l tuo petto, ove sì bene
morrei, dove a svernare Amor si posa!

T'affacci a sera, e tra i dormenti fiori
(t'arde a l'orecchia il lume un diamante)
fingon frugar le inanellate mani:

dentro, odo un suon di cembalo; e di fuori,
morendo da 'l piacer d'esserti amante,
te che susurri a 'l mio balcon: «Domani...»

(Da "Sonetti voluttuosi e altre poesie" di Francesco Gaeta) 
 

sabato 31 dicembre 2011

Fola

In una notte di luna nuova, sulla torre alta alta del castello antico, comparve una donna di nero vestita, il suo viso era orribile, bianco, di cera; qualcuno la vide e, terrorizzato, immediatamente urlò, ma la donna subitamente scomparve; l'unico testimone raccontò a tutti della sua spaventosa visione ma non fu creduto, così, dopo venti lunghi anni di pazzia, morì disperato. L'alba del giorno dopo c'era una nebbia fitta fitta. Improvvisamente, sulla torre del castello antico la bruma scomparve e la figura dal volto cereo riapparì; chi la vide non ne parlò con alcuno.



Fin da quando ero bambino mi hanno sempre affascinato i castelli e tutto ciò che orbitava in torno a queste fortezze medioevali, come i cavalieri, le loro armature, le loro sfide e, soprattutto, i fantasmi che di notte si aggiravano – secondo le molteplici leggende – all’interno delle stanze dei castelli. Proprio dalla lettura di alcuni di questi terribili e fantasiosi racconti, nacque la prosa poetica intitolata Fola. L’ho pensata in una sera estiva, guardando da fuori il Castello di Giulio II, che è poi il castello di Ostia Antica, ovvero del borgo dove ho sempre vissuto.


mercoledì 28 dicembre 2011

Quello di cui parlo

Quello di cui parlo è un mondo lontano lontano, difficile da raggiungere: laggiù ascolti le campane celesti e rimani estasiato; laggiù osservi la grigia pioggia con malinconia; laggiù senti nell'aria profumi dolcissimi, e respiri la luce; laggiù parli con i cari morti, quanti che non hai più visto!; laggiù ti accorgi di aver ritrovato qualcosa che avevi perduto per sempre, e mai pensavi che ciò accadesse; laggiù ti incammini in un sentiero erboso, vai e vai, poi ti fermi e ti siedi a parlare con gli amici cantori. Laggiù non ci sono mostri, non c'è il dolore né la guerra e nemmeno la morte.
Laggiù, in questo mondo così lontano...

martedì 27 dicembre 2011

Immagini

...Ecco ora io dico quello che sento e non è niente di vero, è il vento che muove le foglie degli alberi, la nuvola che passa, il buio della notte, un rumore indefinito. La mente vola tra i colori: rosso, bianco, viola, lilla, verde... La ragione non esiste più, ha perso, è una macchia in terra e il cavallo ha ali bianche, si dirige verso il sole che lo acceca, ma lui sa che non può tornare indietro.



Questa mia breve prosa poetica, altro non è che un meraviglioso sogno che, come tanti, non ha alcun senso, ma si compone di una serie di immagini diverse fra loro e a volte contraddittorie. Quando mi svegliai, ricordavo soltanto alcuni particolari del sogno meraviglioso che si interruppe improvvisamente, e volli scriverli subito su carta perché non svanissero più dalla mia mente.


lunedì 12 dicembre 2011

Meditazioni

1

Voi che siete già partiti
per un viaggio dal quale
nessuno è più tornato,
dove siete?
è possibile che in qualche modo
possiate essere ancora vivi?
che il vostro vivere
il vostro morire
abbiano un senso, un riscatto?
Il silenzio, solo il silenzio
domina la scena del mondo.
Non ci sono risposte
né mai ci saranno.
Il gorgo inghiottirà chiunque
e mai sapremo il motivo
del nostro esistere.
 
 
 
2

La luce scema lentamente,
presto è sera
e un altro giorno se n'è andato
per sempre;
né mai tornerà.
Il tempo passa quasi
impercettibilmente
e ciò che appariva come
un'eternità
si sgretola inesorabilmente:
diviene polvere.
 
 
 
3

Tornare sui banchi di scuola
a recitar preghiere che dicano:
«Padre nostro che sei nei cieli...»
Ritrovare le illusioni,
le speranze
e i sogni
di un'età lontana.
Ora che l'anima
appare disseccata
come una zolla
d'argilla.
 


4

Quando superi la boa
il confine il limite
della mezza età
ti accorgi che la vita
non ti offrirà più
di quello (poco o molto)
che ti ha già dato.
Eppure prosegui il cammino
con l'inconscia speranza
di trovare qualcosa
lungo il resto della strada:
un tesoro,
una chimera,
un'illusuione,
una passione,
un ideale,
qualcosa d'imprevisto
e di meraviglioso.
Ma dentro di te
già avverti una voce
che sembra dirti:
«Quel che doveva essere
è stato...
Ora è giunto il tuo autunno,
sei quasi vecchio,
rassegnati».