Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
martedì 14 febbraio 2012
Una frase di Bertrand Russell
Questa frase del filosofo britannico Bertrand Russell (1872-1970) pone in evidenza una reltà tristissima e incontestabile; tutti penso siano a conoscenza dei motivi per cui, sia in tempi recenti che in tempi lontani sono scoppiate le guerre, e risulta chiaro il fatto che, a parte le grandi rivoluzioni, mai è stato il popolo a decidere in tal senso ma soltanto una persona o al massimo un piccolo gruppo di persone le quali da queste guerre cercavano dei vantaggi economici e di altra natura. Né è mai accaduto che chi ha deciso di iniziare una guerra sia sceso sul campo di battaglia ed abbia rischiato la propria vita; per il fronte sono sempre partite le classi sociali più basse delle nazioni: contadini, operai, pescatori, disoccupati e molti di questi hanno perso la vita in giovane età.
Una frase di Voltaire
Questa famosa frase di Voltaire, pseudonimo del famoso filosofo e scrittore francese François-Marie Arouet (1694-1778), rirengo che vada posta alla base di qualsiasi società democratica che metta al primo posto la libertà di opinione e di espressione. Purtroppo nelle dittature del passato e in quelle del presente, è proprio la libera opinione ad essere proibita; si potrebbero fare centinaia di esempi, ma basti, nel caso della nostra nazione, il periodo del fascismo, quando fu praticamente vetata qualsiasi espressione personale che criticasse il potere politico vigente. Da qui la chiusura di molti quotidiani e giornali che si opponevano al regime e, in alcuni casi, le azioni repressive violente nei confronti degli editori e dei giornalisti che continuavano a voler esprimere liberamente le loro opinioni. Due esempi per tutti: Pietro Gobetti e Antonio Gramsci, entrambi eliminati dal regime soltanto per le loro idee dissimili da quelle fasciste. Fortunatamente oggi sono assai di meno i paesi oppressi da questa totale mancanza di libertà, e si può sperare che in un futuro prossimo ve ne siano ancora meno.
lunedì 13 febbraio 2012
Momenti
Ho raggruppato queste otto mie poesie, intitolandole “Momenti”, perché sono versi che descrivono, per l’appunto, dei momenti più o meno importanti della mia vita. Esclusa la 3° poesia (che parla delle tante giornate estive trascorse presso la casa dei mie nonni, a giocare fino a sera da solo o coi miei compagni d’infanzia), si tratta di momenti o attimi, da me vissuti tra il 1990 e il 1999. La 6° poesia è incentrata sul ricordo di un amore breve (era l’estate del 1991), nato nelle corsie di un ospedale romano.
Piccola stazione di un paese
qualunque, con due binari e un terzo
staccato, abbandonato.
Si cammina lentamente sui sassolini
del terreno e si ascolta il dolce
rumore dei passi.
Ci si siede su una vecchia panchina
verniciata da poco con un verde
intenso e si guarda il paesaggio.
Davanti c'è un'altra panchina
con un altro signore seduto,
in attesa del treno che arriverà.
Più lontano lontano c' è un campo
giallo con degli uccelli che vi sostano
e poi volano via.
Si sente il rumore delle cicale e
null'altro.
È un quieto pomeriggio di settembre,
l'aria è ferma,
Il treno fra dieci minuti
passerà...
2
Passeggiare sulla spiaggia
deserta
in una grigia giornata
di fine ottobre.
Osservare i gabbiani che cercano il cibo,
guardare le onde del mare
che lentamente s'infrangono
a riva;
cercare l'orizzonte lontano...
meravigliarsi delle impronte
lasciate dai passi sulla sabbia,
rattristarsi alla visione
di detriti sparsi lasciati dal mare.
Respirare l'odore di salsedine,
immergersi nell'aspetto più languido
e affascinante dell'autunno.
Andare...
3
Ricordo di un giorno d'estate.
Svegliarsi poco prima dell'alba e osservare attraverso le persiane la nascita di un nuovo giorno.
Alzarsi felici pensando alle ore future come si pensa ad un paradiso in Terra.
Uscire sull'amato cortile e passare tutto il tempo a giocare.
Sapersi divertire con poco, con nulla: magia e incanto dell'età infantile.
Sentirsi chiamare e rientrare in casa delusi, consumare il pasto velocemente, desiderosi di tornare a giocare.
Trascorrere il pomeriggio assolato su strade deserte e invitanti, inventando fantasiose avventure.
Rincasare, arrivata la sera, con una tristezza indefinibile, pensare al giorno seguente.
Una giornata d'oro è terminata ma un'altra uguale ci attende.
Così è stato in un tempo e in un luogo al di fuori della realtà eppure reale.
4
Pensieroso, insoddisfatto
vagavo nelle viùcole
della città eterna
in cerca di vecchi volumi,
di parole scolpite
e misteriose.
Il mite pomeriggio invernale
pian piano moriva
lasciando alla sera
gelida e triste
l'ingrato compito
di uccidere il giorno.
5
Autunno glorioso
che ci regali, oh Roma,
antichissima, meravigliosa città
che offri agli occhi estasiati
dei tuoi ammiratori
una moltitudine di strade
alberate, le tue mura
battute dal sole pomeridiano,
le tue mille chiese nascoste,
le tue invitanti fontane;
e il tuo immenso cielo
che fa da sfondo
ad uno spettacolo ineguagliabile:
Cosa c'è più bello di Roma?
6
Ricordi quel giorno
che noi ci vedemmo
in quella piazzetta
svuotata dal caldo
tremendo d'agosto;
ricordi i piccioni
volare d'intorno
e gli alberi alti,
le foglie cadute
già in terra;
ricordi le risa
e il sole sui tetti
che illuminava
le anime nostre;
ricordi le fonti
cercate tra i vicoli,
quell'acqua purissima
nelle nostre mani.
Dove sei andata,
in quale punto,
luogo della Terra
ora vivi e pensi?
Ricordi ancora
i nostri giorni
distanti, sognanti
vissuti per caso
sommersi oramai
dal tempo spietato?
Io ancora ti vedo
ti cerco nel fondo
del cuore ormai stanco
e penso quel tempo
di fuori dal tempo.
Ci ritroveremo...
...
Tu scenderai le scale
di Trinità dei Monti;
io ti verrò incontro
e ci sembrerà
di non esserci
mai separati...
7
E ritorna novembre
coi suoi santi ed i suoi morti,
con la sua mite estate
di San Martino,
con le sue foglie secche
sparse sul terreno,
con le sue pioggie
sempre più fitte,
con le sue notti
fredde e lunghe,
con la sua aria di tristezza,
col suo messaggio che ammonisce:
«Un altro anno
sta per finire,
preparati
a morire».
8
È una gelida sera decembrina
ed io ritorno alla mia casa
in questo treno colmo di gente
e vuoto di felicità.
È finita un'altra giornata,
se ne è volata via
senza colpo ferire,
tra un nulla ed un altro
nulla, tra un viaggio di andata
e ritorno, tra un'alba
e un tramonto.
E la vita piano piano
ci lascia, se ne va
lentissimamente;
e si va avanti
solo perché si deve,
solo per necessità.
Una giornata è finita
e un'altra comincerà.
domenica 12 febbraio 2012
Da "Le confessioni" di Jean-Jacques Rousseau
Le confessioni di Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712 – Ermenonville 1778) rappresentano qualcosa di veramente speciale nel panorama vastissimo della letteratura europea e mondiale. Si compongono di ben 12 libri, in cui lo scrittore elvetico ricorda i suoi primi 53 anni di vita. Cominciò a scriverle nel 1764, ma furono pubblicate postume, a partire dal 1782 (la seconda e ultima parte uscì nel 1789). Devo ammettere che io ho letto soltanto una piccola parte delle Confessioni; con tutto ciò sono rimasto affascinato dalla magistrale scrittura autobiografica di Rousseau, e, in certi frammenti (come quello che ho riportato qui sotto) mi ci sono perfettamente ritrovato.
sabato 11 febbraio 2012
Antologie: "Dai nostri poeti viventi"

DAI NOSTRI POETI VIVENTI
Da "I quaderni di Malte Laurids Brigge" di Rainer Maria Rilke
venerdì 10 febbraio 2012
Poeti dimenticati: Giovanni Croce
![]() |
Piatto anteriore di "L'anima di Torino" |