domenica 12 ottobre 2025

Le campane in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

 Ho sempre amato il suono delle campane, e i primi ricordi che ho in tal senso, naturalmente, sono legati al periodo infantile. Era piuttosto lontana dall'abitazione della mia famiglia l'unica chiesa presente nella frazione in cui vivevo e vivo: soltanto quando ero  nei pressi della casa dei nonni materni riuscivo a udire i lievi rintocchi delle campane, proveniente dalla Basilica di Sant'Aurea. Ma quante volte mi trovai proprio davanti a questo piccolo ma incantevole edificio religioso, e potei sentire ben forte quel suono caratteristico, che col tempo divenne familiare. Era il periodo in cui frequentavo la chiesa perché andavo regolarmente a messa, oppure perché ero un catechista. Da allora, credo, cominciai ad amare il suono delle campane, e negli anni seguenti - quelli della giovinezza e della maturità - ricordo di averlo ascoltato sempre con piacere, dovunque mi trovassi e per quanto fosse forte o fievole. È una sorta di balsamo per l'anima, e mi trasmette una dolcezza interiore imparagonabile, così come una sensazione di pace e di tranquillità che, forse, neppure una musica soave può eguagliare. Oggi non mi succede quasi più di ascoltare quel dolce suono, ammenoché mi trovi in qualche borgo sperduto dell'entroterra italiano. Penso che alle nuove generazioni sia del tutto estraneo il fascino mistico del suono delle campane. 



LE CAMPANE IN 10 POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO



CAMPANA D'ALBA

di Francesco Arcangeli (1915-1974)


Che sono addormentati i campanari

in buie stanze ancora, angeli in bianche

rustiche vesti scendono, su stanche

corde vanno tentando con amari


sorrisi un tremito.


                             Corre le pale,

sugli altari di Rimini, un respiro

d'ultima estate, in un piccolo giro

d'orizzonte è già nato maestrale.


               *


Risorge il canto della voce sola

e angelica, brandisce in cielo il nome

triste e fiero che porti. Non consola


più di sé il volto diafano, le chiome

non han più cenere soave. Sola

voce, e condanna dolcemente, un nome.


(da "Polvere del tempo", Vallecchi, Firenze 1943, p. 77) 





CAMPANE DI SERA

di Sandro Baganzani (1889-1950)


Andare mi piace

per questa distesa di orti

a macchie verdi-rosse

con gli alberi dei peschi morti

che si specchiano nelle fosse,

col campanile all'orizzonte che taglia

l'oro smunto della nuvolaglia

al tramonto.


Cavedagna tra due siepi

di spine aguzze del Signore

che sa appena d'umidore

di terra vangata,

dove il fiume giunge appena

con la sua girovaga cantilena.


Cosa mi conti?

Bene stassera si tace e si ascolta

già che i monti

s'incappucciano d'ombria distante.


Chi ci starà lassù,

si siede davanti la tavola

tutti insieme, senza pensieri.

C'è l'orto

c'è il fuoco,

c'è il pane,

anche c'è il cane che si chiama

Fido.


È la mia casa.

Pensa, la casa mia, la nostra casa

senza malinconia.

Si andrebbe su bel bello

al suono delle campane…

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

Campane randagie per il cielo

che singhiozzano

a torrenti versando

il rombo insistente

da non so dove, dal buio,

sul mio capo forse sospese,

che ci fermiamo d'improvviso ad ascoltare

con un brivido per tutto il corpo,

come suonassero a morto,

Amore, Tristezza,

per noi

che non troviamo la via

d'arrivare lassù!


(da "Senzanome", Mondadori, Roma-Milano 1924, pp. 147-150)





C'È, A NOTTE, UNA CAMPANA

di Mario Bergomi (1913-?)


C'è, a notte, una campana

che più nessuno ascolta;

entro una tomba d'aria,

da secoli, sepolta.


Una campana enorme

e crepolata e ròsa,

che tutto il giorno dorme

nella sua torre ignota.


Poi, come in gran volume

d'acque oscillando sola,

gorgoglia il suo rintocco

notturno, entro la gola.


E le campane intorno

vibrano, come in onda

affioran morti cerchi,

se un morto peso affonda.


(da "Le liriche", Vallecchi, Firenze 1947, p. 27)





LE CAMPANE

di Ugo Betti (1892-1953)


Quando le città prendono fuoco, a sera,

Ognuno esce dal covo come una fiera.

Le donne, vestite di seta vermiglia,

Hanno un riso, battono le ciglia...

Ognuno ride, i denti hanno un bagliore... 

— O fratello, tra le tue braccia

Che porti, come una grave bisaccia?

— Porto il mio cuore!

E nel fuoco lo voglio buttare

Perché nel fuoco si deve consumare! —

Allora dall'ombra, cauto come un lupo,

Ognuno esce col suo cuore cupo.

Intanto le campane si mettono a suonare

Perché si fa buio, e s'ha da pregare.


Ma quando l'alba appare alle finestre,

Hanno un brivido, i lumi rossi delle feste!

Tra le cortine s'affaccia un biancore...

E ognuno si ritrova col suo cuore!

Ognuno si volta come ad una voce...

E si ritrova inchiodato alla croce!

Ognuno si volta, come toccato sulla spalla

E vede la faccia bianca dell'alba!

Intanto le campane si mettono a suonare

Perché si fa giorno, e s'ha da pregare.


(da "Il Re pensieroso", Treves, Milano 1922, p. 61)





AVE

di Dina Ferri (1908-1930)


Mormoravano lievi campane,

mormoravano: Ave! Lontane.

E passava nel cielo vermiglio

un sospiro, un odore di giglio.

E solinga cantò capinera;

cosa disse alla brezza di sera?


(da "Quaderno del nulla e altri testi", Le Lettere, Firenze 2020, p. 41)





LE CAMPANE

di Corrado Govoni (1884-1965)


Nel mio cuore, in un gran celeste,

da solitudini lontane

piangono piangono campane

l'addio di sconosciute feste.


E tutte le onde del dolore

e le vicine e le lontane

sotto quel pianto di campane,

cozzan lo scoglio del mio cuore.


E tutte e tutte le tristezze

dalle profondità lontane

salgono al pianto di campane

nel cuor con tutte le amarezze.


E il cuore sotto il peso affonda

mentre il pianto de le campane

ora vicine ora lontane

lo culla adagio come un'onda.


(da "Gli aborti", Taddei, Ferrara 1907, pp. 117-118)





LE CAMPANE

di Tilde Nardi (1923-?)


Le campane della domenica

colla bocca spalancata

sia pioggia sole o vento

di buon mattino

a mezzodì

vanno vengono su e giù

su e giù

come rondini a vespro.

Più non squillano: levati va'

nella casa del Signore

a cantarne le laudi

tu, creatura prediletta,

in purezza ed umiltà,

a render grazie per la casta suora

acqua, per l'aere nubilo e sereno

per la terra paziente

e lo scintillìo delle notti.

Per la gioia, il dolore e la morte

di': sia fatta la Tua volontà.

Ma invitano: levati porta

uomo, tra il freddo balenìo dei marmi

tra gli ori appannati

nell'agonia dei ceri

nella frusciante penombra porta

l'arido cuore.

Vieni a muovere le labbra

anche se i balbettii non hanno eco

in te, se smarriti a mezza via

la navata li inghiotte e li frantuma,

se il pensiero ti vola impaziente

a ciò che lasci alla soglia.

Uscirai santificato

per sette giorni interi

da mezz'ora di genuflessioni

e da una goccia d'acqua

sulla fronte e sulle dita.


(da "Colore del tempo", Ricciardi, Milano-Napoli MCMLV, pp. 8-9) 





SUONATE SUONATE CAMPANE

di Mario Novaro (1868-1944)


                                                 a Italo Scovazzi

Suonate suonate campane

dei giorni quando ero fanciullo.

Sì è questo il sole di allora

è questo delle apriche

fasce d'ulivi il solitario riso.

Concilïato è il cuore col mondo,

passata ogni tempesta.

Il cielo è così festivo e puro, il mare in pace

e l'anima s'invola.


(da "Murmuri ed echi", All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1994, p. 126)





NELLA GRANDE CAMPANA VERDE

di Giorgio Vigolo (1894-1983)


Nella grande campana verde

della torre abbandonata

un pavone ha fatto il nido

un bel pavone turchino.


Quando sono entrati i soldati

hanno bivaccato

intorno alla torre abbandonata.

Era sera. Hanno veduto

la grande campana verde

da cent'anni non suonava più.


Si sono appesi alla fune.

Allora è volato via, per aria

il bel pavone turchino

e non è tornato più


(da "Lirismi. Scritti poeti giovanili 1912-1921", a cura di Magda Vigilante, Edizioni della Cometa, Roma MMIII, p. 61)





LA CAMPANA

di Mario Vugliano (1883-1964)


Fievole or sì, or no, mi reca il vento

nell'ombra vespertina una lontana

soave e mesta voce di campana

singhiozzante in un tremito d'argento.


Dan, dan, dan... forse vien da un convento:

la suona un frate nella chiesa vana;

forse romba sui monti qualche frana,

nel mondo giacque qualche umano spento.


Dan, don, dan, don..., pietà, pietà, Signore,

per quei che cadde vinto nella guerra,

pace, pietà per quei che nasce o muore.


Tutto il divino bene che rinserra

soavemente l'urna del tuo cuore,

sparga, o Signore, sopra questa terra.


(da «La Riviera Ligure», ottobre 1904)


Carlos Schwabe, "Cloches du soir"
(da questa pagina Web)


Nessun commento:

Posta un commento