Ho sempre amato il suono delle campane, e i primi ricordi che ho in tal senso, naturalmente, sono legati al periodo infantile. Era piuttosto lontana dall'abitazione della mia famiglia l'unica chiesa presente nella frazione in cui vivevo e vivo: soltanto quando ero nei pressi della casa dei nonni materni riuscivo a udire i lievi rintocchi delle campane, proveniente dalla Basilica di Sant'Aurea. Ma quante volte mi trovai proprio davanti a questo piccolo ma incantevole edificio religioso, e potei sentire ben forte quel suono caratteristico, che col tempo divenne familiare. Era il periodo in cui frequentavo la chiesa perché andavo regolarmente a messa, oppure perché ero un catechista. Da allora, credo, cominciai ad amare il suono delle campane, e negli anni seguenti - quelli della giovinezza e della maturità - ricordo di averlo ascoltato sempre con piacere, dovunque mi trovassi e per quanto fosse forte o fievole. È una sorta di balsamo per l'anima, e mi trasmette una dolcezza interiore imparagonabile, così come una sensazione di pace e di tranquillità che, forse, neppure una musica soave può eguagliare. Oggi non mi succede quasi più di ascoltare quel dolce suono, ammenoché mi trovi in qualche borgo sperduto dell'entroterra italiano. Penso che alle nuove generazioni sia del tutto estraneo il fascino mistico del suono delle campane.
LE CAMPANE IN 10 POESIE DI 10 POETI ITALIANI DEL XX SECOLO
CAMPANA D'ALBA
di Francesco Arcangeli (1915-1974)
Che sono addormentati i campanari
in buie stanze ancora, angeli in bianche
rustiche vesti scendono, su stanche
corde vanno tentando con amari
sorrisi un tremito.
Corre le pale,
sugli altari di Rimini, un respiro
d'ultima estate, in un piccolo giro
d'orizzonte è già nato maestrale.
*
Risorge il canto della voce sola
e angelica, brandisce in cielo il nome
triste e fiero che porti. Non consola
più di sé il volto diafano, le chiome
non han più cenere soave. Sola
voce, e condanna dolcemente, un nome.
(da "Polvere del tempo", Vallecchi, Firenze 1943, p. 77)
CAMPANE DI SERA
di Sandro Baganzani (1889-1950)
Andare mi piace
per questa distesa di orti
a macchie verdi-rosse
con gli alberi dei peschi morti
che si specchiano nelle fosse,
col campanile all'orizzonte che taglia
l'oro smunto della nuvolaglia
al tramonto.
Cavedagna tra due siepi
di spine aguzze del Signore
che sa appena d'umidore
di terra vangata,
dove il fiume giunge appena
con la sua girovaga cantilena.
Cosa mi conti?
Bene stassera si tace e si ascolta
già che i monti
s'incappucciano d'ombria distante.
Chi ci starà lassù,
si siede davanti la tavola
tutti insieme, senza pensieri.
C'è l'orto
c'è il fuoco,
c'è il pane,
anche c'è il cane che si chiama
Fido.
È la mia casa.
Pensa, la casa mia, la nostra casa
senza malinconia.
Si andrebbe su bel bello
al suono delle campane…
. . . . . . . . . . . .
Campane randagie per il cielo
che singhiozzano
a torrenti versando
il rombo insistente
da non so dove, dal buio,
sul mio capo forse sospese,
che ci fermiamo d'improvviso ad ascoltare
con un brivido per tutto il corpo,
come suonassero a morto,
Amore, Tristezza,
per noi
che non troviamo la via
d'arrivare lassù!
(da "Senzanome", Mondadori, Roma-Milano 1924, pp. 147-150)
C'È, A NOTTE, UNA CAMPANA
di Mario Bergomi (1913-?)
C'è, a notte, una campana
che più nessuno ascolta;
entro una tomba d'aria,
da secoli, sepolta.
Una campana enorme
e crepolata e ròsa,
che tutto il giorno dorme
nella sua torre ignota.
Poi, come in gran volume
d'acque oscillando sola,
gorgoglia il suo rintocco
notturno, entro la gola.
E le campane intorno
vibrano, come in onda
affioran morti cerchi,
se un morto peso affonda.
(da "Le liriche", Vallecchi, Firenze 1947, p. 27)
LE CAMPANE
di Ugo Betti (1892-1953)
Quando le città prendono fuoco, a sera,
Ognuno esce dal covo come una fiera.
Le donne, vestite di seta vermiglia,
Hanno un riso, battono le ciglia...
Ognuno ride, i denti hanno un bagliore...
— O fratello, tra le tue braccia
Che porti, come una grave bisaccia?
— Porto il mio cuore!
E nel fuoco lo voglio buttare
Perché nel fuoco si deve consumare! —
Allora dall'ombra, cauto come un lupo,
Ognuno esce col suo cuore cupo.
Intanto le campane si mettono a suonare
Perché si fa buio, e s'ha da pregare.
Ma quando l'alba appare alle finestre,
Hanno un brivido, i lumi rossi delle feste!
Tra le cortine s'affaccia un biancore...
E ognuno si ritrova col suo cuore!
Ognuno si volta come ad una voce...
E si ritrova inchiodato alla croce!
Ognuno si volta, come toccato sulla spalla
E vede la faccia bianca dell'alba!
Intanto le campane si mettono a suonare
Perché si fa giorno, e s'ha da pregare.
(da "Il Re pensieroso", Treves, Milano 1922, p. 61)
AVE
di Dina Ferri (1908-1930)
Mormoravano lievi campane,
mormoravano: Ave! Lontane.
E passava nel cielo vermiglio
un sospiro, un odore di giglio.
E solinga cantò capinera;
cosa disse alla brezza di sera?
(da "Quaderno del nulla e altri testi", Le Lettere, Firenze 2020, p. 41)
LE CAMPANE
di Corrado Govoni (1884-1965)
Nel mio cuore, in un gran celeste,
da solitudini lontane
piangono piangono campane
l'addio di sconosciute feste.
E tutte le onde del dolore
e le vicine e le lontane
sotto quel pianto di campane,
cozzan lo scoglio del mio cuore.
E tutte e tutte le tristezze
dalle profondità lontane
salgono al pianto di campane
nel cuor con tutte le amarezze.
E il cuore sotto il peso affonda
mentre il pianto de le campane
ora vicine ora lontane
lo culla adagio come un'onda.
(da "Gli aborti", Taddei, Ferrara 1907, pp. 117-118)
LE CAMPANE
di Tilde Nardi (1923-?)
Le campane della domenica
colla bocca spalancata
sia pioggia sole o vento
di buon mattino
a mezzodì
vanno vengono su e giù
su e giù
come rondini a vespro.
Più non squillano: levati va'
nella casa del Signore
a cantarne le laudi
tu, creatura prediletta,
in purezza ed umiltà,
a render grazie per la casta suora
acqua, per l'aere nubilo e sereno
per la terra paziente
e lo scintillìo delle notti.
Per la gioia, il dolore e la morte
di': sia fatta la Tua volontà.
Ma invitano: levati porta
uomo, tra il freddo balenìo dei marmi
tra gli ori appannati
nell'agonia dei ceri
nella frusciante penombra porta
l'arido cuore.
Vieni a muovere le labbra
anche se i balbettii non hanno eco
in te, se smarriti a mezza via
la navata li inghiotte e li frantuma,
se il pensiero ti vola impaziente
a ciò che lasci alla soglia.
Uscirai santificato
per sette giorni interi
da mezz'ora di genuflessioni
e da una goccia d'acqua
sulla fronte e sulle dita.
(da "Colore del tempo", Ricciardi, Milano-Napoli MCMLV, pp. 8-9)
SUONATE SUONATE CAMPANE
di Mario Novaro (1868-1944)
a Italo Scovazzi
Suonate suonate campane
dei giorni quando ero fanciullo.
Sì è questo il sole di allora
è questo delle apriche
fasce d'ulivi il solitario riso.
Concilïato è il cuore col mondo,
passata ogni tempesta.
Il cielo è così festivo e puro, il mare in pace
e l'anima s'invola.
(da "Murmuri ed echi", All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1994, p. 126)
NELLA GRANDE CAMPANA VERDE
di Giorgio Vigolo (1894-1983)
Nella grande campana verde
della torre abbandonata
un pavone ha fatto il nido
un bel pavone turchino.
Quando sono entrati i soldati
hanno bivaccato
intorno alla torre abbandonata.
Era sera. Hanno veduto
la grande campana verde
da cent'anni non suonava più.
Si sono appesi alla fune.
Allora è volato via, per aria
il bel pavone turchino
e non è tornato più
(da "Lirismi. Scritti poeti giovanili 1912-1921", a cura di Magda Vigilante, Edizioni della Cometa, Roma MMIII, p. 61)
LA CAMPANA
di Mario Vugliano (1883-1964)
Fievole or sì, or no, mi reca il vento
nell'ombra vespertina una lontana
soave e mesta voce di campana
singhiozzante in un tremito d'argento.
Dan, dan, dan... forse vien da un convento:
la suona un frate nella chiesa vana;
forse romba sui monti qualche frana,
nel mondo giacque qualche umano spento.
Dan, don, dan, don..., pietà, pietà, Signore,
per quei che cadde vinto nella guerra,
pace, pietà per quei che nasce o muore.
Tutto il divino bene che rinserra
soavemente l'urna del tuo cuore,
sparga, o Signore, sopra questa terra.
(da «La Riviera Ligure», ottobre 1904)
![]() |
Carlos Schwabe, "Cloches du soir" (da questa pagina Web) |