Dino Garrone (Novara 1904 - Parigi 1931), parlando di letteratura italiana, è stato uno dei più promettenti scrittori che appartenevano ad una generazione assai ricca di talenti: i nati nel primo decennio del XX secolo. Fu sicuramente sfortunato, visto che morì a soli ventisette anni per una setticemia insorta a seguito di una operazione ad un dente. La sua breve storia, è quella che accomuna tanti italiani: giovanissimo, forse un po' ingenuamente, fu fervente fascista, influenzato fortemente da quelli che valutava come degli ideali rivoluzionari; poi però, dopo non molti anni si rese conto della vera natura del regime, distaccandosene definitivamente e lasciando anche la sua amata Pesaro - dove visse per la gran parte della sua vita - per trasferirsi a Parigi, dove risiedette solamente un anno e mezzo. Scrisse articoli di vario argomento su giornali e riviste come Corriere Adriatico, Il Rosai, L'Universale e Il Resto del Carlino. I suoi scritti - prose e lettere soprattutto - furono pubblicati postumi. A quanto ne so è praticamente sconosciuta la sua attività poetica, se si esclude una lirica pubblicata dalla Fiera Letteraria nell'aprile del 1948, intitolata Mia Pasqua. La trascrivo di seguito insieme ad una parte del commento di Gabriele Armandi che si trova in calce alla poesia stessa.
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Dino Garrone |
MIA PASQUA
di Dino Garrone (1904-1931)
Pasqua! Ma l'anima a dislegare
nessuno arriva, dalla sua colla.
Se gonfia al sommo, si spacca la bolla
poi della voce: non sa pregare.
Aprile! Il gusto del tempo nuovo
chi l'assapora su questa soglia?
Purpureo è il fiore, sgorga la foglia
tènera. In cuore c'è marzo e rovo.
Campane! Smania chiusa, stravolta,
che mordi le corde, vicine, lontane.
I suoni gridano come le frane
nella vallata. Ma chi li ascolta?
Gesù! Ma se fossi rinato davvero
come ci dissero da bambini,
perché tu il filo dei nostri destini
non lo fai bianco piuttosto che nero?
Chiese! Stravibrano d'organo al crollo
nelle tre porte le cattedrali.
Che vale struggersi? Anche se l'ali
squarciano gli omeri, ricurvo è il collo.
Preghiere! Il sangue dalle ginocchia
trasuda. Sanguinano le orazioni.
Indifferente fra i tristi e i buoni
la Morte fila la sua conocchia.
Morte! Ma dunque pel varco stretto
ritroveremo l'età sognate?
Ritroveremo mai quell'estate
che ci dilacera sotto il corsetto?
Morte! Preistoria, infanzia, ritorno,
fresco viaggio della prima età.
Cheto fluisce dagli occhi il giorno:
ci sarà Pasqua nell'al di là?
***
Mi è occorso, qualche mese fa (e, certo, per una singolare ventura), di ritrovare tra alcune vecchie carte, ammucchiate in un angolo del mio ufficio redazionale, un ingiallito ritaglio con la poesia «Mia Pasqua» di Dino Garrone.
Per tutto il tempo che l'ho tenuta con me, in attesa dell'occasione propizia per ripubblicarla, me la son venuta leggendo e studiando fino ad amarla con la dolcezza e la tristezza insieme con cui oggi la offro ai lettori di questo giornale, nella speranza che una luce di poesia si accenda ad illuminare il ricordo di uno tra i nostri più tormentati e gagliardi scrittori.
[...]
Gabriele Armandi
(da «Fiera Letteraria», Anno III, n. 13, 4 aprile 1948, pagina 3)
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