domenica 14 luglio 2019

Il mistero nella poesia italiana decadente e simbolista


Si fa riferimento, qui, al mistero, parlando di versi che pongono in primo piano tutta una serie di personaggi, situazioni, musiche, opere artistiche, cose più o meno concrete e perfino ideali, che hanno caratteristiche decisamente enigmatiche, e che quindi trovano spazio e interesse proprio grazie al mistero contenuto in essi. Passando alla descrizione di alcune singole poesie, si possono certamente definire inquietanti e impenetrabili i versi di Giovanni Camerana in cui fanno la loro comparsa Tre Madri (e il numero ha un preciso significato) senza forma e senza peso; sedute su un terribil trono, appaiono come dee o come demoni: eterne, enormi, spaventose. Immobile è anche l'immagine fin troppo sfruttata poeticamente parlando, della "Sfinge"; ottima comunque la poesia di Arturo Graf, che la descrive da par suo, riuscendo a trasmettere al lettore tutto l'arcano fascino che contraddistingue questa figura mitologica. Un riferimento finale alla sfinge è presente anche in Paese notturno di Giovanni Pascoli, quando il poeta cerca di trovare un significato ultraterreno nella visione notturna che ha di un luogo una volta abitato, ma ormai in totale stato di abbandono. In un contesto notturno è ambientata anche la lirica di Enrico Annibale Butti, il quale, forse mentre tentava di addormentarsi, viene scosso da un sibilo lontano, non ben definito, che fa nascere in lui delle ipotesi allarmanti sull'origine di tale rumore, e nello stesso tempo lo induce a pensare cose molto tristi. Ancora una volta la notte è protagonista nel sonetto di Tito Marrone intitolato Le Argire: qui, in una notte autunnale pregna di profumi e incanti, il sommo mistero è rappresentato da donne velate (probabilmente le Argire del titolo), che oltrepassano le dischiuse porte di non ben precisati palagi, per dirigersi verso i taciti giardini Una situazione totalmente diversa è presente nella poesia di Angiolo Orvieto, in cui un moribondo giovane biondo sale su un treno vuoto e scompare lentamente verso l'ignoto.



Poesie sull'argomento

Diego Angeli: "Il mistero degli occhi" in "L'Oratorio d'Amore" (1904).
Enrico Annibale Butti: "Sonno interrotto" in "Il Marzocco", novembre 1900.
Giovanni Camerana: "Le Madri" in "Poesie" (1968).
Dino Campana: "La Chimera" in "Canti Orfici" (1914).
Girolamo Comi: "Mistero" in "Lampadario" (1912).
Sergio Corazzini: "Dopo" in "Piccolo libro inutile" (1906).
Adolfo De Bosis: "Rare, nel bujo, lampade..." in "Amori ac silentio e Le rime sparse" (1914).
Cosimo Giorgieri Contri: "Immagine in una villa romana" in "La donna del velo" (1905).
Domenico Gnoli: "Il carro notturno" in "I canti del Palatino. Nuove solitudini" (1923).
Corrado Govoni: "Lapide anonima" in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Corrado Govoni: "Le stranezze" in "Gli aborti" (1907).
Guido Gozzano: "L'assenza" in "I colloqui" (1911).
Arturo Graf: "Sfinge" in "Medusa" (1990).
Arturo Graf: "La croce nel tronco" in "Le Rime della Selva" (1906).
Amalia Guglielminetti: "Seguace" in "Le Seduzioni" (1909).
Virgilio La Scola: "Refrigerio" in "La placida fonte" (1907).
Giuseppe Lipparini: "Il viandante" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).
Tito Marrone: "Sestina del mistero" in "Cesellature" (1899).
Tito Marrone: "Le Argire" in "Sonetti dell'estate e dell'autunno" (1900).
Angiolo Orvieto: "Verso l'ignoto" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Nino Oxilia: "Alta è la notte sull'urbe..." in "Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi: "La croce", "Ara, mara, amara" e "Oro, doro, odoro, dodoro" in "I cavalli bianchi" (1905).
Aldo Palazzeschi: "Lo sconosciuto" in "Poemi" (1909).
Giovanni Pascoli: "Paese notturno" in "Myricae" (1900).
Giovanni Pascoli: "La felicità" in "Primi poemetti" (1904).
Francesco Pastonchi: "Fossa dell'abate" in "Il pilota dorme" (1913).
Romolo Quaglino: "Simbolo" in "Fior' brumali" (1897).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi:"Pensiero" in "Sillabe ed Ombre" (1925).
Ettore Romagnoli: "L'ora" in "Miti e fantasie" (1910).
Emanuele Sella: "Transitus vitae" in "L'Ospite della Sera" (1922).
Giovanni Tecchio: "Mistero" in "Canti" (1931).
Domenico Tumiati: "La verità" in "Liriche" (1937).
Diego Valeri: "Parole" e "Da Chopin - Preludio IV" in "Crisalide" (1919).
Alessandro Varaldo: "Sognando" in "Marine liguri" (1898).
Mario Venditti, "Cerimonia" in "Il cuore al trapezio" (1921).
Giuseppe Villaroel: "Sorpresa" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).



Testi

TRANSITUS VITAE
di Emanuele Sella

O vecchio, hai tu inteso la voce?
qualcuno m'ascolta il pensiero.
- Deh smetti, o invisibile spettro, l'atroce
tuo scherno, s'è vero che esisti... - Chi sa? -

Io dico talora a me stesso:
la vita è un perenne sognare;
che cosa ci attende di sotto un cipresso?
varcato il sogliare dell'eternità?

La vita?... la vita?... Ma nulla
ci svela la stasi eternale
del Tempo che adombra la bara e la culla
e l'anima assale con l'immensità?

E vedo sui floridi clivi,
- che sono un delirio di gialle
farfalle - sbocciare, fra i cedri e gli ulivi
ignare le calle di quel che sarà.

Ippolita in alto m'appare
nel verde: è una gioia vederla!
la stringe uno scialle colore del mare,
d'un mare di perla e riflessi lillà.

E tutto tremante l'ascolto:
«Nascosta fra i pensili rami
d'un salice, vidi il tuo pallido volto:
mi chiesi se m'ami; risposi: chi sa?»

«Non dire!... Lo so che sovrasta
sull'uomo una tragica Sfinge.
La vita è un mistero; l'amore non basta;
al nulla ne spinge la morte...». Chi sa?




MISTERO
di Giovanni Tecchio

Che notte di luna! La strada
Sì bianca diritta infinita,
Di cupi cipressi fra nere
Due lugubri immobili schiere!
Se verso la morte o la vita,
Mistero! non so dove vada.

Ma c'è pure un non so che nero
Là, in fondo, che lento si muove:
Un nero convoglio, una bianca
Scheletrica rozza che arranca,
che incespica ansante. Ma dove,
Non so dove vada. Mistero!

Chi è mai chiuso là? Chi sarà
Che gode un viaggio sì strano?
Incanto di sogno, di pace:
È forse la gioia verace.
E forse quel nero lontano
Va verso la felicità!



Odilon Redon, "Mystery"
(da questa pagina web)


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