mercoledì 10 luglio 2019

Scuola di campagna

È fuori dal borgo due passi
di là dal più fresco ruscello
recinta di muro e cancello
la piccola scuola di sassi.

Agnella staccata dal branco
col suono che al collo le han messo
richiama ogni bimbo al suo banco
nell'aula che odora di gesso.

C'è ancora la vecchia lavagna
con su l'alfabeto mal fatto:
lo scrisse un bambino distratto
dal verde di quella campagna.

E lei che mi vide a sei anni
c'è ancora. La voce un po' fioca,
vestita d'identici panni,
la vecchia signora che gioca.

C'è ancora il vasetto d'argilla
che m'ebbe suo buon giardiniere:
è verde, fiorito di lilla,
e un bimbo gli porta da bere.

Il tempo passò senza lima,
su queste memorie. Ritorno
lo stesso bambino d'un giorno
sereno nell'aula di prima.

E in punta di piedi, discreto,
nell'ultimo banco mi metto
e canto, nel dolce coretto
dei bimbi, l'antico alfabeto.

Renzo Pezzani


Renzo Pezzani (Parma 1898 - Castiglione Torinese 1951) è stato uno dei poeti più presenti nelle antologie scolastiche di mezzo secolo fa. Io stesso, che conservo ancora i libri delle elementari, ritrovo spesso il suo nome e i suoi versi semplici. Lo scrittore parmense dedicò la maggior parte della sua opera letteraria al pubblico infantile; per quel che concerne la poesia, sono memorabili alcune sue raccolte come Sole solicello, Belverde, Innocenza, Odor di cose buone e Il fuoco dei poveri; in quest'ultima, è presente anche Scuola di campagna. Però i versi di questa poesia, particolarmente belli ed evocativi, non essendo riuscito a reperire l'opera originale, li ho trascritti dall'antologia Un secolo di poesia, a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957. 
Si noterà la sensazione di rimpianto e, nello stesso tempo, di stupore, che prova il poeta nel ritornare sui banchi di scuola che frequentò da bambino; il suo visitare lo stesso edificio scolastico - situato in un luogo suggestivo e incantevole - che lo vide, bambino, assistere alle lezioni di una maestra che è ancora la stessa (ma decisamente invecchiata), fa nascere in lui una nostalgia indicibile di quel periodo felice e favoloso, e allora prova, quasi di nascosto, a fingere di essere tornato fanciullo, sedendosi all'ultimo banco dell'aula, per ascoltare di nuovo la voce dell'anziana maestra, mentre insegna ai suoi scolari l'alfabeto. A pensarci bene, quanti di noi hanno rimpianto e rimpiangono ancora quel magico tempo in cui si trascorrevano le mattine e i pomeriggi a scuola; eppure, proprio quando ciò accadeva, un po' tutti non vedevamo l'ora che suonasse la campanella dell'ultima ora di lezione, per poter uscire e tornare a casa o, magari, a giocare con gli amici. Soltanto dopo anni ed anni ci si rende conto che quelle ore trascorre all'interno di un'aula scolastica, apparentemente noiose ed inutili, erano così importanti per la nostra formazione educativa e culturale; e proprio in quei momenti cominciavamo ad apprendere quelle nozioni basilari, pertinenti a svariate materie, che ci sarebbero venute utilissime nel momento in cui avremmo deciso di migliorare e approfondire la nostra conoscenza. E ci rendiamo anche conto che rimembrare i pochi momenti rimasti ancora nella nostra memoria sempre più debole, relativi al tempo trascorso nelle aule scolastiche, ci trasmette un senso di nostalgia indescrivibile per intensità ed emozione.

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