venerdì 21 aprile 2017

Ogni sera Ugo ricominciava l'identico itinerario...

Ogni sera Ugo ricominciava l'identico itinerario, seguendo i canali, con un'andatura indecisa, già un po' curvo, benché non avesse che quarant'anni. Ma la vedovanza era stata per lui un autunno precoce. Aveva i capelli pieni di una cenere grigia, era stempiato. Con gli occhi appassiti guardava lontano, molto lontano, al di là della vita.
E come era triste anche Bruges, in quel morire del pomeriggio! e come gli piaceva così! L'aveva scelta appunto grazie alla sua tristezza; per quello ci si era stabilito dopo il grande disastro. Una volta, nei tempi della felicità, quando viaggiava con la moglie e vivevano una vita capricciosa, un pochino cosmopolita, a Parigi, all'estero, in riva al mare, c'era venuto con lei, così, passando, senza che quella grande malinconia potesse qualche cosa sulla loro gioia. Ma poi, rimasto solo, s'era ricordato di Bruges, e di colpo aveva avuto l'intuizione che ormai era lì che doveva stabilirsi. Era una misteriosa equazione che s'imponeva: alla sposa morta doveva corrispondere una città morta. Il suo grande lutto esigeva un simile scenario: soltanto lì avrebbe potuto tollerare la vita. C'era venuto portato da un istinto. Che fuori di lì il mondo si agitasse e facesse rumore e accendesse le sue luminarie, intrecciasse i suoi mille fragori: egli aveva bisogno di un infinito silenzio e d'una esistenza talmente monotona che quasi non gli desse più la sensazione di vivere.



È, quello sopra riportato, un frammento del romanzo di George Rodenbach (Tournai 1855 - Parigi 1898) intitolato Bruges la morta (Bruges-la-morte, 1892), tradotto e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1907, riproposto con una nuova traduzione nel 1955 (anniversario dei cento anni dalla nascita dello scrittore belga), nella celebre collana B. U. R. della casa editrice Rizzoli di Milano. Precisamente, si tratta della prima pagina del capitolo II. Questo romanzo è da annoverare tra i migliori del periodo decadente e simbolista della letteratura europea. Rodenbach, conosciuto soprattutto come poeta, creò questo capolavoro grazie al suo amore per la città di Bruges, che ebbe il merito di trasmettere a molte generazioni, comprese quelle dei nostri poeti crepuscolari come Fausto Maria Martini (che fu il primo a tradurre il libro nella nostra lingua), Marino Moretti e Corrado Govoni. A proposito di quest'ultimo, pubblicò nel 1903 l'opera poetica Armonia in grigio et in silenzio, che possiede requisiti assai vicini al romanzo di Rodenbach, comprese le citazioni della città belga e dei suoi famosi beghinaggi.

Riguardo al frammento che ho estratto, si possono notare in modo tangibile, sia l'atmosfera malinconica (tipica di tanta letteratura decadente) della città che l'autore definisce "morta", sia il simbolismo tutt'altro che nascosto della città stessa che viene paragonata alla vita ed all'umore del protagonista: un uomo maturo, affranto dal lutto (la moglie era recentemente scomparsa), solo e stanco della propria, inutile esistenza.    

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