giovedì 14 novembre 2013

Poeti dimenticati: Luigi Gualdo

Luigi Gualdo nacque a milano nel 1844 e morì a Parigi nel 1898. Da bambino si trasferì con la famiglia a Parigi dove visse alternando i suoi soggiorni anche nella città natale. Appassionato di letteratura, a Parigi entrò in contatto con parecchi scrittori francesi tra i quali Gautier, Herédia, Cazalis e Coppée. Dai poeti parnassiani fu certamente influenzato come si può facilmente notare nella sua unica opera in versi che pubblicò nel 1883. Nelle poesie di Gualdo si trovano elementi che, oltre ai poeti citati, trovano riferimenti alla scapigliatura e al simbolismo; a proposito di quest'ultimo, è possibile affermare che Gualdo sia stato, insieme a Giovanni Camerana, uno dei primi esponenti italiani della corrente. Gualdo scrisse anche, con ottimi risultati, alcuni romanzi.




Opere poetiche

"Le nostalgie", Casanova, Torino 1883.



Piatto anteriore di una riedizione anastatica del volume "Le nostalgie" di Luigi Gualdo





Presenze in antologie

"Poeti della scapigliatura", a cura di Mario Petrucciani e Neuro Bonifazi, Argalia, Urbino 1962 (pp. 245-250).
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 2, pp. 148-153; vol. 3, pp. 105-107).
"Poesia dell'Ottocento", a cura di Carlo Muscetta ed Elsa Sormani, Einaudi, Torino 1968 (vol. II, pp. 2236-2245).
"La Scapigliatura", a cura di Elio Gioanola, Marietti, Torino 1975 (pp. 160-173).
"Otto secoli di poesia italiana", a cura di Giacinto Spagnoletti, Newton Compton, Roma 1993 (pp. 539-540).
"Lirici della Scapigliatura", seconda edizione aggiornata a cura di Gilberto Finzi, Mondadori, Milano 1997 (pp. 279-291).
"Dagli scapigliati ai crepuscolari", a cura di Gabriella Palli Baroni, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2000 (pp. 267-282).
"La poesia scapigliata", a cura di Roberto Carnero, Rizzoli, Milano 2007 (pp. 267-290).





Testi

NEL PARCO

Nel mistero del crepuscolo 
S'addormìa la villa e il parco. 
Io sognavo ai tempi rosei, 
E la speme moribonda 
Cui ravviva la profonda 
Solitudine degli alberi 
Al mio cor trovava un varco.

S'era spento allor l'incendio 
Del tramonto all'orizzonte 
Nelle tinte d'oro e porpora, 
Celestiale ed uniforme 
Luce blanda sulle forme 
Si spandeva e nello spazio 
Cancellando l'altre impronte. 

Cancellando ogni vestigio 
Doloroso delle lotte 
Che la vita sempre genera, 
Sul color troppo vivace 
Distendendo la sua pace, 
E annunciandone già prossima 
L'aura sacra della notte. 

Si sentìa l'epitalamio 
Ineffabil della sera, 
V'eran soffii e note languide 
Che turbavano la mente, 
E facevan che le spente 
Rose antiche rifiorissero 
In ogni anima più nera. 

(Da "Le nostalgie", 1883)

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