martedì 18 giugno 2024

Le ortensie in una poesia di Vittorio Sereni

 Le ortensie sono piante di una bellezza ineguagliabile, che fioriscono dall'inizio di giugno fino all'autunno inoltrato. Mia madre, che amava quasi alla follia i fiori, ne aveva piantate un paio nel nostro giardino di casa. Le ricordo ancora perfettamente, malgrado siano trascorsi più di quarant'anni. Certo, io non ho mai amato come lei il giardinaggio ed i fiori (grande fu il suo rammarico per questo motivo), però non posso dimenticare la bellezza di quelle piante che la mamma sapeva curare in modo perfetto. Ora, ogni volta che mi succede di vedere, in qualche luogo, delle ortensie bellissime (ed è accaduto anche di recente), mi è giocoforza ripensare a lei, e alle "sue" ortensie dai colori delicati eppur splendenti.

Anche la poesia senza titolo che ho trascritto di seguito a questo preambolo parla di ortensie; è di Vittorio Sereni (Luino 1913 - Milano 1983) e fu pubblicata nella raccolta d'esordio dello scrittore lombardo: Frontiera (Edizioni di «Corrente», Milano 1941); in realtà, tutte le cinque poesie - compresa questa - che fanno parte della sezione Versi a Proserpina, furono aggiunte al volume citato soltanto in una ristampa del 1966 (All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1966), pur risalendo agli anni immediatamente successivi alla pubblicazione di Frontiera. In questi versi le ortensie divengono simili agli esseri umani, e, come loro, sono in grado di parlare; così avvertono il poeta che una figura femminile non precisata - ma certamente cara al poeta -, tale Proserpina (il nome è fittizio o simbolico), è partita dal luogo dove i due hanno vissuto per un periodo assieme. Tale dipartita ha conseguenze negative sul paesaggio circostante che, anche a causa dell'ormai declinante stagione estiva, improvvisamente assume i primi aspetti dell'autunno, manifestantisi in pioggia e umidità. Secondo me è - in assoluto - una delle più belle poesie di Sereni.




[DICONO LE ORTENSIE]


Dicono le ortensie:

- è partita stanotte 

e il buio paese s'è racchiuso

dietro la lanterna 

che guidava i suoi passi - 

dicono anche: - è finita l'estate, è morta in lei 

e niente ne sapranno i freddi 

verdi astri d'autunno -.

Un cane abbaiava all'ora fonda

alla pioggia all'ombra del mulino 

e la casa il giardino

si vela di leggera umidità.


(da "Frontiera. Diario d'Algeria", Guanda, Parma 2013, pp. 205-207)


Nessun commento:

Posta un commento