giovedì 20 giugno 2024

Due poesie di Guido Botta

 Lo scrittore e critico letterario Enrico Falqui (1901-1974), nel 1956 diede alle stampe un corposo volume che definirei fondamentale nell'ambito della poesia italiana del secondo dopoguerra. Io, diversi anni or sono, acquistai la 2° edizione di quest'opera, uscita nel 1957 presso la Casa Editrice Carlo Colombo di Roma. Tale volume s'intitola La giovane poesia, e comprende un interessantissimo saggio di Falqui, seguito da una parte prettamente antologica, in cui vengono selezionati versi di 140 poeti italiani nati tra il 1915 ed il 1936. Quindi, nella parte intitolata Bibliografia, il lettore trova un elenco di saggi critici e di antologie relative all'argomento trattato; nella terza parte di questa sezione, col titolo di Autori, vengono elencati ben 282 poeti (compresi gli antologizzati) rientranti nelle date limite di nascita tenute presenti nella parte antologica. Leggendo quest'ultimo elenco, ho preso in considerazione altri poeti che conoscevo poco o nulla; di loro ho cercato, nei cataloghi delle librerie antiquarie italiane, alcuni volumi poetici, non sempre citati dal Falqui per ragioni cronologiche. Guido Botta è uno di questi poeti; le notizie che lo riguardano, almeno in rete, sono pochissime: nacque a Napoli nel 1918, e pubblicò diverse opere in versi e in prosa. Ignoro la data della sua morte (sempre ammesso che non ci sia più). Leggendo le due raccolte da me acquistate, ho dedotto che il suo fare poetico è senz'altro da segnalare; ecco, allora, due poesie dello scrittore napoletano ingiustamente caduto nell'oblio. 


Guido Botta




TORPORE


Odio ciò che finisce. Odio ogni suono

che si spegne, ogni lagrima che si asciuga,

ogni fiore che invecchia; odio ogni ruga

che segna un volto, ogni pensiero buono


che si corrompe, ogni ora che dilegua

ogni breve momento di dolcezza

perduta, e il vuoto che non dà più tregua,

quando il cuore s'ingolfa. Amara ebbrezza, 


rammentarsi d'un luogo, dire un nome,

svegliare un sentimento intorpidito……

È un giuoco astratto. Tu non l'ami. Tu


sei fatta per portare all'infinito

un inganno crudele. Non sai come

uscirne, o forse non vuoi uscirne più.


(da "Limbo ad oriente", Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1957, p. 55)





FELICITÀ


Com'è breve il cammino

della felicità: ti sfiora,

appena un tòcco, ed è via.

Ti volgi a guardarla. È sparita

nel giro di un giorno di un'ora.

Eppure, passando vicino,

ti brucia, ti lascia un segno

indelebile: il dolore.

Un attimo e sei arso. Come pegno

ti resta tutta la vita

e dolore, dolore, dolore.


(da "Disamore in diesis", Rebellato, Padova 1960, p. 21)

Nessun commento:

Posta un commento