domenica 5 luglio 2020

10 città europee in 10 poesie italiane del XX secolo


Ecco dieci poesie dedicate a dieci città europee. L'Europa, che è anche chiamata il "vecchio continente", possiede un patrimonio inestimabile in quanto a bellezze naturali e monumentali; certamente la nazione italiana in questo preciso discorso ha un'importanza fondamentale e imparagonabile, ma ci sono anche tanti altri luoghi bellissimi e unici, al di fuori dei confini italici. Tra le città di cui parlano questi versi, c'è Bruges: affascinante, misteriosa, mistica e resa famosa da un celebre romanzo di Georges Rodenbach, nonché dai versi dei poeti crepuscolari. C'è Varsavia: capitale polacca qui descritta con amore da Fernando Bandini. C'è la stupenda Salisburgo: città austriaca che possiede un fascino unico per la posizione in cui si trova e per la particolare bellezza che la contraddistingue. C'è una breve poesia dedicata a Cadice: città spagnola dell'Andalusia che si affaccia sul mare. C'è Malmö: città svedese tra le più industriali e moderne, situata all'estremo sud della nazione scandinava. C'è Nizza: città francese che si affaccia sull'ineguagliabile Costa Azzurra; e ci sono anche altre città meravigliose come Praga, Londra, Amsterdam, Losanna... (in realtà ve ne sono assai di più, ma questo mio post non poteva rappresentarle tutte).



10 CITTÀ EUROPEE IN 10 POESIE ITALIANE DEL XX SECOLO



VARSAVIA
di Fernando Bandini (1931-2013)

A invisibili nevi che svela
un incauto tremore del giorno
si dirige quest'oggi lo stupore dell'anima,

al segnale di nevi che arriva
da remoti confini, alla piccola
piazza di Zoli Bosc

dove l'autunno ha il colore
d'una fragile patria, di foglie
ingiallite che passi leggeri calpestano.

Poi non un segno ma il vento del Nord,
ma la calda dolcezza di case
dalle porte serrate dove ronzano voci

di bambini e di donne. Là il vento,
viandante  che ha penne di sangue,
non bisbiglia sugli usci che parole d'amore.

La pioggia che schianta i telai
delle serre inondando i giardini
rifluisce alla Vistola oscura

così gonfia che forse stanotte
nascerà un altro fiume bambino.
E subito dopo la neve cadrà

da spazi lontani, la tenera
neve che lievita il mondo,
e cadranno i sorrisi e le amate speranze.

E cadranno gli uomini forti
e le donne soavi che tu
silenziosa raggera dei giorni consoli.

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2018, p. 348)




SALZBURGER
Allegro - Andante - Adagio
di Piero Bigongiari (1914-1997)

Luna candida e amara che riappari
come sull'Inn in piena in cui i fanciulli
pescavano il legname delle rive
per accendere il fuoco quest'inverno,
svelandoti a fatica dall'azzurra
bruma dell'infinito, puntuale
riaccendi le pupille, inebriata
di mondi...

            A Salisburgo dal Mönchsberg
il faro che scopriva i campanili
barocchi, a mezza costa la fortezza
e le cupole verdi di salnitro
quasi fredde meduse trasparenti
col suo bacio lontano, giù nell'alveo
che cercava delle acque della Salzach?
La chiesa della Santa Trinità
- sulla Makart piovra di speranza -
nel planetario era stella fissa...

Ora tu scendi, luna ossia raggera
a cercare che cosa, dilatata,
su boschive penombre nel silenzio
il tuo lume di cera già rappreso,
colmi il passo dei buoi, scoppi nel seme
delle piagge piagate, della rondine
sprechi l'occhio furtiva nero e cupido
sotto l'ala nel nido in cui s'è arreso:
piange il bimbo, la sua voce decade
dalla finestra nel cortile, io aspetto
nell'angolo del tetto cupo in terra
mentre il gatto nel tuo candore abbaglia
tra le botti e le tese ragnatele.

(da "Stato di cose", Mondadori, Milano 1968, pp. 251-252)




CADICE
di Vittorio Bodini (1914-1970)

Una chitarra piena
di sentinelle morte,
una bianca chitarra
fra le braccia del muscoloso Atlantico.

E verso San Fernando
i riflessi rabbiosi che saltellavano
come pulci sulle saline.

(da "Tutte le poesie", Besa, Lecce 1997, p. 181)




MALMÖE
di Paolo Buzzi (1874-1956)

Terra di Svezia, ti premo!
Ecco i navigli
che portano i nomi dei Gustavi e degli Oscar:
ecco le bandiere
di Wasa e Bernadotte che sbattono sugli alberi!
La landa vasta cerulea corre
segnata di lente ruote di mulini.
Il mare rifugge
delle danesi coste al bacio.
Solo i cannoni dei secoli si puntano
l'un contro l'altro fissi
traverso lo spazio d'aria e d'acqua.
Luccica il suolo delle vie
come argento polito,
le belle donne, pallide
dai piedi ai capegli, si bagnano
pubbliche, in faccia agli uomini.
E per le vie nitide, vestite da Nore, non guardano,
con gli occhi azzurri, che linee d'atmosfere lontane.
La primavera eterna dei gerani
fiorisce alle finestre
tutte retinate di vetri.
Nelle Colonie, poco fuori il dedalo urbano,
un'altra città di giocattoli si colora.
Ogni anima civica reclusa
trova i suoi fiori e i suoi trastulli verdi.
Tutto è bambino, fin il sorriso
dei vecchi sulla soglia al cimitero.
Un grappolo di campane
fa melodia di carnagione sulla torre.
Il vento del mare m'affama.
Mi perdo in una taverna di fiocinieri
a combatter nostalgie di risotti e maccheroni
con scorpacciate di storione e di caviale.

(da "Versi liberi", Treves, Milano 1913, pp. 229-230)




NIZZA
di Giorgio Del Vecchio (1878-1970)

Invano, o Nizza, il figlio tuo più prode
Con fiera voce protestò la pura
Tua fede contro la cession spergiura,
Patteggiata te ignara ed in tua frode.

Invan; si estorse a te la finta abiura,
E 'l vessillo, onde invitta eri custode,
Così fu tolto a le tue dolci prode
E del castello a l'indomata altura.

Ma lo spirito non muor, né si cancella,
Pur se ti pesi il novo fato amaro,
L'impronta di tua schiatta e tua favella.

Non si prescrive, né si fa men chiaro
Il dritto che natura in te suggella,
Poi che ad Italia diè confine il Varo.

(da "Poesie", Editrice Mediterranea, Roma 1953, p. 33)




LOSANNA
di Idilio Dell'Era (pseud. di Martino Ceccuzzi, 1904-1988)

Losanna, del tuo cielo confidente
e del florido lago mi rammento
e dell'Alpi remote
in un fiorir di rose.

recano i cigni sul lunato petto
l'ansia del giorno ed il sospeso addio
nell'ombra obliqua di un aguzzo tetto.

San Francesco ripenso e le campane
di Nostra Donna in cui vibra l'accento
di contrade italiane,
i dì di festa,
le selve dei ciliegi, il gabbianello
ed il suo grigio volo
sul ciglio d'acque addormentate.

(da "Liriche dal Canton Ticino", Cantagalli, Siena 2011, p. 148)




DA PRAGA
di Franco Fortini (1917-1994)

Luna e castello, quando l’estate finì,
i bei giardini sottili di anime
divideteli al cigolo del vento.

Ritornano alle case i buoni cittadini
prima che l’ora di notte tintinni.
Gli elementi lavorano, il disegno
si compie, dei cristalli, o si disgrega.
L’essenziale è questo mutamento
che non fa male o appena
riga i visi che ai vetri
fissano il fiume veloce,
spengono i sigari e sui corpi avanzano.
Resiste qualcuno più a lungo, per anni, di più
durevole creta creato; altri ancora
offre, non sazio ancora, la fresca fronte e il sangue.

Tu, chi vuoi ti conosca più, ti ha roso
il vento di vecchie cause, parabole, ipotesi,
polvere, pause, foglie.
Stacca e affina le scaglie che ti compongono.
Verso altre argille, facies camusa.

(da "Tutte le poesie", Mondadori, milano 2015, p. 274)




BRUGES
di Lorenzo Giusso (1900-1957)

Sospiran dietro linde infermerie
beghine rarefatte da clorosi,
e le campane in tocchi lamentosi
scandiscono sussulti d'agonie.

Nelle chiese sanguigne apparizioni
fanno i Cristi balzanti dai sudari
e passan fra i sepolcri lapidari
teorie di spettri in lente processioni.

Il sole che boccheggia sopra gli orti,
somiglia una reliquia d'oro spento.
Un pioppo le sue rame scheletrite

protende sui canali d'antracite.
Ed un battello afoso e sonnolento
aspetta immoto un carico di morti.

(da "Musica in piazza", Editrice Tirrena, Napoli 1930, p. 55)




LONDRA
di Camillo Pennati (1931-2016)

Gira lenta la ventola sui tetti.
Il tempo è coperto dal solito grigio
che pare quasi sereno. Dai vetri
alle finestre più d'una crocifissione
accompagna al giardino, in basso
ad una strada, al retro d'una casa
come a un pozzo che ripeterà per sempre
e solo il sentimento del segreto
che non sale nella luce del pensiero.
Il paese è straniero, il cuore
una prigione di battiti che scontrano
coi suoni sconosciuti d'altre parole
e appena un meridiano non il male
rende sordomuti dentro l'anima,
muore la parola che nasceva dalla strada.
Palombaro di me stesso.
Forse in questo istante
seguire radici più fonde. Trovare
l'amore più antico che non rechi
prigioniero ciò che reca delle cose
e del prossimo e noi
alle cose, al prossimo ugualmente.
Avere l'anima d'un fiume.
Forse questo impedisce d'affondare.

(da "L'ordine delle parole", Mondadori, Milano 1964, pp. 15-16)




AMSTERDAM
di Vittorio Sereni (1913-1983)

A portarmi fu il caso tra le nove
e le dieci d'una domenica mattina
svoltando a un ponte, uno dei tanti, a destra
lungo il semigelo d'un canale. E non
"questa è la casa", ma soltanto
- mille volte già vista -
sul cartello dimesso: «Casa di Anna Frank».

Disse più tardi il mio compagno: quella
di Anna Frank non dev'essere, non è
privilegiata memoria. Ce ne furono tanti
che crollarono per sola fame
senza il tempo di scriverlo.
Lei, è vero, lo scrisse.
Ma a ogni svolta a ogni ponte lungo ogni canale
continuavo a cercarla senza trovarla più
ritrovandola sempre.
Per questo è una e insondabile Amsterdam
nei suoi tre quattro variabili elementi
che fonde in tante unità ricorrenti, nei suoi
tre quattro fradici o acerbi colori
che quanto è grande il suo spazio perpetua,
anima che s'irraggia ferma e limpida
su migliaia d'altri volti, germe
dovunque e germoglio di Anna Frank.
Per questo è sui suoi canali vertiginosa Amsterdam.

(da "Gli strumenti umani", Einaudi, Torino 1995, p. 74)



Jacques François Carabain,  "Weeshuis in Leiden"
(da questa pagina web) 


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