mercoledì 4 novembre 2020

Principio di novembre


Oggi l'aria è chiara e fine

e i monti son cupi e tersi,

poveri anni persi

in fantasie senza confine.

 

Qui ogni pietra ha un contorno

ogni fibra un colore,

i rami tendono intorno

una rigidità senza languore.

 

Foglie gialle cadute

per troppa secchezza,

segnano l'asprezza

di grandi arie mute.

 

Il cielo è azzurro di profondità

le cose son ferme e recise.

Passò un respiro d'eternità

in queste solitudini derise.

 

Novembre 1915.



 


Queste quattro quartine furono scritte dal poeta Carlo Stuparich (Trieste 1894 - Monte Cengio 1916) mentre era al fronte nella cosiddetta "Grande Guerra", ovvero nella Prima Guerra Mondiale che, per quanto riguarda la nazione italiana, ebbe inizio nel 1915 e terminò nel 1918. Stuparich fu una delle vittime di questo sciagurato conflitto: vistosi caduto ormai in mano ai nemici austriaci, non volle divenirne prigioniero e si tolse la vita quando non aveva ancora compiuto ventidue anni. In vita non pubblicò nulla; tutti i suoi scritti furono raccolti e pubblicati dal fratello Giani - anch'esso scrittore - nel 1919 col titolo Cose e ombre di uno. La poesia che compare in questo post, l'ho trascritta dalla terza edizione del volume citato, pubblicato dall'editore Sciascia di Caltanissetta nel 1968; più precisamente, la si può leggere alla pagina 47. Nei versi qui presenti Stuparich immortala un momento autunnale, d'inizio novembre, vissuto da un soldato che, forse grazie ad un periodo di momentanea rilassatezza, ha l'opportunità di godersi il paesaggio che lo circonda; ne esce una poesia che descrive delle sensazioni e delle impressioni molto particolari; nell'ultima quartina è presente  una meditazione che vorrebbe dimostrare una sorta di immobilità permanente della natura (ma la parola "respiro" sta a dimostrare che si tratta soltanto di un illusione); più difficile invece è l'interpretazione dell'ultimo concetto espresso dallo scrittore triestino, poiché, se è facilmente comprensibile la sensazione di solitudine provata da una moltitudine di ragazzi completamente diversi fra loro, ritrovatisi improvvisamente arruolati e spediti in luoghi mai visti in precedenza per combattere una guerra assai dura e crudele, non si comprende l'atteggiamento derisorio relativo alla solitudine stessa. Carlo Stuparich, come già detto, morì giovanissimo; pure, leggendo i suoi scritti presenti nell'unico libro che li raccoglie, s'intuisce che avrebbe potuto fare molta strada, sia come poeta che come prosatore.

 

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