E vi rivedo, o
gattici d' argento,
nudi in questa
giornata sementina:
e pigra ancor la
nebbia mattutina
spuma dorata
intorno ogni sarmento.
Già vi schiudea
le gemme questo vento
che queste foglie
gialle ora mulina:
e io che al tempo
allor gridai «cammina»
ora gocciare il
pianto in cor mi sento.
Ora, le nevi
inerti sopra i monti,
e le stridule
pioggie, e le lunghe ire
del rovaio che a
notte urta le porte,
e i brevi dì che
paiono tramonti
infiniti, e il
vanire e lo sfiorire,
e i crisantemi, i
fiori della morte.
Questo sonetto di
Giovanni Pascoli l'ho trascritto dalla rivista Vita nuova del 17 novembre 1889. Con pochissime varianti (vedi foto
in alto¹), entrò a far parte della raccolta più celebre del poeta emiliano: Myricae, a partire dalla seconda
edizione che fu pubblicata nel 1892. Si tratta di una poesia malinconica, in
cui Pascoli manifesta il suo pessimismo esistenziale. L'occasione è data dalla
visione dei "gattici d'argento", ovvero dei pioppi bianchi, così
chiamati perché presentano dei riflessi argentei nella parte inferiore delle
foglie. La giornata, che il poeta definisce "sementina", è quasi
sicuramente quella di un novembre inoltrato; ora gli alberi sono spogli, e il
paesaggio è quello tipico autunnale, nebbioso, con il terreno pieno di foglie
cadute. Queste immagini fanno sì che il Pascoli si lasci prendere da una
intensa tristezza (e non a caso questa poesia fa parte della sezione intitolata
Tristezze), e pensando agli alberi
fioriti e rigogliosi che ricordava bene ai tempi della primavera trascorsa,
medita sulle speranze e le illusioni giovanili (la primavera dell'umanità) e
sulle rassegnazioni e le disillusioni dell'età matura (l'autunno dell'umanità);
nelle due terzine del sonetto c'è una accurata descrizione della situazione
climatica e meteorologica che contraddistingue il periodo dell'autunno già
inoltrato: monti innevati; piogge frequenti e abbondanti (definite
"stridule" nella versione in rivista e "squallide" nella
raccolta citata); un forte vento di tramontana ("rovaio") insistente,
che di notte fa sbattere le porte; e i giorni che, assai più corti e nuvolosi,
sembrano dei lunghissimi tramonti a causa della scarsa luminosità che li
caratterizza. Infine il poeta mette a confronto i tanti e colorati fiori della
bella stagione ormai sfioriti e del tutto scomparsi, col crisantemo: tipico
fiore autunnale che è facile trovare sopra le tombe dei cimiteri, soprattutto
nel mese di novembre.
NOTE
1) La poesia ritratta dalla foto si trova alla pagina 132 del volume: Giovanni Pascoli, Poesie, Garzanti, Milano 1992 (XII edizione).
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