Ai confini della
città.
Quattro fanali
dimenticati,
tutti soli e
trasognati,
per la lunga
strada vuota,
- due di qua due
di là, -
sotto un cielo
color di mota.
Su l'asfalto del
pavimento
lustro come una
cerata,
quattro sprazzi
di livido argento.
Dentro l'aria
addormentata
un lontano
rotolamento
di carrozzone che
se ne va.
Alba di novembre è il titolo di una poesia di Diego Valeri (Piove di
Sacco 1887 - Roma 1976); fu pubblicata come prima delle Canzonette milanesi, nella rivista La Diana del 25 novembre 1915; fu quindi inserita - col titolo più
generico di Alba e con leggerissime
varianti - nella prima sezione della raccolta Crisalide (Taddei, Ferrara 1919); successivamente ricomparve in
tutte le raccolte ricapitolative dell'opera poetica di Valeri, fino alla
definitiva Poesie (Mondadori, Milano
1962).
In questi versi
del poeta veneto si ha una descrizione di visioni, sensazioni e impressioni,
relative ad un'alba novembrina vissuta dal poeta stesso, in un luogo non ben
precisato della periferia milanese. Ciò che focalizza l'attenzione di Valeri,
in quel preciso momento della giornata, è la visione di quattro fanali situati
in una zona isolata della città, ai margini di una strada deserta. Tale visione
fa emergere l'estremo senso di solitudine che si respira in quel luogo
abbandonato, ed anche un senso di malinconia, accentuato da quel "cielo
color di mota", ovvero tra il grigio ed il marroncino, che si sovrappone e
completa il paesaggio cittadino osservato dal poeta. Quindi, gli occhi di
Valeri si indirizzano verso la parte più bassa di tale paesaggio, ossia il
pavimento lucido come una tela cerata (probabilmente a causa della pioggia
recente), e sui riflessi argentei della luce dei fanali, che somigliano a
schizzi ("sprazzi") di argento freddo ("livido"), e che
quindi contribuiscono non poco, in un contesto già assai desolato, ad aumentare
la dose di rigidità che caratterizza quel preciso spazio. Chiude la poesia una
percezione uditiva: il rumore lontano delle ruote di un carrozzone che si
allontana, e che sembra quasi disturbare "l'aria addormentata" del
luogo.
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