mercoledì 25 novembre 2020

Alba di novembre

 

Ai confini della città.

Quattro fanali dimenticati,

tutti soli e trasognati,

per la lunga strada vuota,

- due di qua due di là, -

sotto un cielo color di mota.

 

Su l'asfalto del pavimento

lustro come una cerata,

quattro sprazzi di livido argento.

 

Dentro l'aria addormentata

un lontano rotolamento

di carrozzone che se ne va.

 



 

Alba di novembre è il titolo di una poesia di Diego Valeri (Piove di Sacco 1887 - Roma 1976); fu pubblicata come prima delle Canzonette milanesi, nella rivista La Diana del 25 novembre 1915; fu quindi inserita - col titolo più generico di Alba e con leggerissime varianti - nella prima sezione della raccolta Crisalide (Taddei, Ferrara 1919); successivamente ricomparve in tutte le raccolte ricapitolative dell'opera poetica di Valeri, fino alla definitiva Poesie (Mondadori, Milano 1962).

In questi versi del poeta veneto si ha una descrizione di visioni, sensazioni e impressioni, relative ad un'alba novembrina vissuta dal poeta stesso, in un luogo non ben precisato della periferia milanese. Ciò che focalizza l'attenzione di Valeri, in quel preciso momento della giornata, è la visione di quattro fanali situati in una zona isolata della città, ai margini di una strada deserta. Tale visione fa emergere l'estremo senso di solitudine che si respira in quel luogo abbandonato, ed anche un senso di malinconia, accentuato da quel "cielo color di mota", ovvero tra il grigio ed il marroncino, che si sovrappone e completa il paesaggio cittadino osservato dal poeta. Quindi, gli occhi di Valeri si indirizzano verso la parte più bassa di tale paesaggio, ossia il pavimento lucido come una tela cerata (probabilmente a causa della pioggia recente), e sui riflessi argentei della luce dei fanali, che somigliano a schizzi ("sprazzi") di argento freddo ("livido"), e che quindi contribuiscono non poco, in un contesto già assai desolato, ad aumentare la dose di rigidità che caratterizza quel preciso spazio. Chiude la poesia una percezione uditiva: il rumore lontano delle ruote di un carrozzone che si allontana, e che sembra quasi disturbare "l'aria addormentata" del luogo.

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