Quest'anno voglio
ricordare l'anniversario della Liberazione con due poesie attinenti alle
devastazioni e ai lutti causati dalla Seconda Guerra Mondiale. Entrambe furono
scritte nell'immediato dopoguerra, quando ancora erano fresche e molto dolenti
le tremende ferite causate da un evento bellico senza pari per ferocia e per
accanimento. La prima, che è di Gaetano Arcangeli (Bologna 1910 - ivi 1970), fa parte del volume Solo se ombra e altre poesie (Mondadori,
Milano 1954); io in realtà l'ho estratta da una ristampa del citato volume,
pubblicata da Scheiwiller in Milano, nell'anno 1995. I versi aprono la seconda
sezione della raccolta, e portano il titolo della stessa, che però ha anche,
tra parentesi, gli anni limite in cui queste poesie furono scritte: 1945-1947.
Il poeta guarda le rovine causate dai bombardamenti della recente guerra, e si
lascia andare a considerazioni che includono i rimorsi per una tragedia forse
evitabile e la pietà per tutto ciò che si è perso lungo i devastanti cinque
anni del conflitto. Nella seconda parte del componimento poetico, Arcangeli
pone l'accento sull'infinita vita che continua, malgrado tutto. Là dove il
vortice di odio aveva distrutto e annientato qualsiasi cosa o persona, ecco che
compaiono già i primi segni di una rinascita: le prime erbe che affiorano dalle
rovine, così come le persone che lentamente tornano a ricostruire ciò che è
stato raso al suolo, sono segnali evidenti della voglia di ricominciare a vivere,
pacificamente e dolcemente, magari cercando di dimenticare nel più breve tempo
possibile gli incalcolabili dolori causati da una inopinata guerra.
La seconda poesia
è di Elda Bossi (Firenze 1901 - ivi 1996), una scrittrice che, forse, oggi è stata un po' messa da parte,
malgrado sia autrice di buoni romanzi e di interessanti raccolte poetiche, tra
le quali A lume di candela (Vallecchi, Firenze 1965), in cui si
nota una fitta presenza di versi dedicati alla Seconda Guerra Mondiale, basati
sulle esperienze personali della poetessa, che fa divenire l'intero libro, come
una sorta di diario in versi, a voler rimarcare in modo inequivocabile tutte le
sofferenze, gli stupori e le meditazioni scaturite da quei terribili anni. La
poesia che ho selezionato, come quella di Arcangeli parla di rovine in cui si
rintracciano i primi segni di una rinascita naturale, rappresentata dall'erba,
che di nuovo verdeggia sul cemento, nel periodo in cui sta per terminare la
prima estate del dopoguerra. La poetessa, mentre si aggira nei pressi di questo
paesaggio ancora così fresco di distruzione, nota la costante presenza di una
donna, la quale continua a parlargli di un tragico evento accaduto a seguito di
un bombardamento: la morte di una bambina sotto le macerie di una casa
crollata; la donna insiste nell'affermare che questa bambina (forse sua figlia)
è ancora lì sotto; a questa disgrazia non sa rassegnarsi, e cerca almeno una
parola di conforto da chi incontra, per attutire il fortissimo dolore, e per
poter pensare che per lo meno, prima di morire, la piccola non abbia troppo sofferto.
Anche in questa lirica, emerge una voglia di ricominciare da parte dei
sopravvissuti, e ciò è ben esemplificato dagli ultimi due versi, riferiti ad
una attività commerciale presente in un edificio risparmiato dalle bombe, che,
finalmente, ha la possibilità di riaprire.
FRA ROVINE
IMPLORANTI
di Gaetano
Arcangeli
Fra rovine
imploranti, che sommuove
non so se questa
mia pietà che pronta
su di esse si
china a un suo soccorso,
o il rimorso
implacato della guerra,
la vita affiora
in stupite radici,
in una esitazione
di erbe nuove;
e dove d'ira
vortice più offese,
in premuroso
vortice or delira,
impaziente
reduce, un amore
che qui abitò; e
qui, mentre si aggira,
riedifica ore,
gesti, attese
dolci, di un
infinito mite vivere...
[da "Solo se
ombra (1941-1953)", Scheiwiller, Milano 1995, p. 27]
PRIME MACERIE
di Elda Bossi
Sulle prime
macerie
riverzica l'erba
all'acqua di
settembre.
Coi piedi nel
fango
una donna ferma
per ore.
Ogni giorno la
ritrovo.
«C'è una bimba -
mi dice -
una bimba,
c'è una bimba là
sotto.
Crede che sarà
morta
di colpo?»
Hanno riaperto
il bar
sull'angolo.
(da "A lume
di candela", Vallecchi, Firenze 1965, p. 18)