domenica 10 marzo 2019

Riva di pena, canale d'oblio...


Ora è la grande ombra d'autunno:
la fredda sera improvvisa calata
da tutto il cielo fumido oscuro
su l'acqua spenta, la pietra malata.

Ora è l'angoscia dei lumi radi,
gialli, sperduti per il nebbione,
l'un dall'altro staccati, lontani,
chiuso ciascuno nel proprio alone.

Riva di pena, canale d'oblio...
Non una voce dentro il cuor morto.
Solo quegli urli straziati d'addio
dei bastimenti che lasciano il porto.




Questi versi indimenticabili sono di Diego Valeri (Piove di Sacco 1887 - Roma 1976), e si trovano nel volume Poesie (Mondadori, Milano 1962) che raccoglie tutta l'opera poetica dello scrittore veneto, uscita entro quel preciso anno di pubblicazione. Ma le tre quartine di Riva di pena, canale d'oblio... uscirono per la prima volta sulla rivista Nuova Antologia del 1° maggio 1930, per poi entrare a far parte di Poesie vecchie e nuove, volume pubblicato dalla Mondadori nel medesimo anno, che è, in sostanza, la prima antologia dell'opera poetica di Valeri.
Riva di pena, canale d'oblio... è senza dubbio una delle migliori liriche - e, non a caso, fra le più antologizzate - di un poeta che ancora attende di essere valutato per l'enorme valore che ebbe (non esiste ancora un volume che raccolga tutti i suoi versi).
La poesia sopra riportata parla di particolari situazioni e atmosfere, da cui scaturiscono sensazioni di tristezza e di malinconia, vissute dal poeta nella sua città del cuore: Venezia. È una sera autunnale, nebbiosa, fredda, tetra e desolata; l'uomo guarda intorno a sé e non riconosce più quel luogo meraviglioso e allegro che ben ricorda; intravede soltanto un cielo buio, dei lumi sparsi la cui luce è attenuata dalla nebbia intensa, e poco altro. Non si vede l'acqua dei canali, né tutto ciò che rende Venezia una città unica e bellissima; non c'è neppure alcuna presenza umana... In questa desolazione, il poeta s'inventa il verso che dà il titolo alla poesia: Riva di pena, canale d'oblio, che chiaramente esprime la sensazione triste e dolorosa da lui provata in quel momento, simboleggiata dal margine del canale, ma anche dallo stesso canale, quasi invisibile, scomparso come qualunque voce umana, sostituita dalle sirene dei bastimenti (anch'essi invisibili) che hanno un suono straziante e che abbandonano quel porto, quasi fossero esseri viventi presi da disperazione per l'atmosfera plumbea che vi si respira.

17 commenti:

  1. quali sono le metafore e le personificazioni in questo testo?

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    1. Metafore: l'acqua spenta; la pietra malata; il cuore senza una voce; gli urli dei bastimenti.
      Personificazioni: la pietra è malata come se fosse un essere vivente e non un minerale; i lumi provano angoscia come gli esseri umani; il cuore parla e muore come un essere umano; i bastimenti urlano come gli esseri umani.

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    1. La città di Venezia, l'autunno, la sera, la nebbia, la tristezza del paesaggio e la tristezza interiore.

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    1. In questi momenti, l'autunno ha disteso la sua grande ombra dappertutto. La sera, calata all'improvviso dal cielo buio e fumoso, è fredda, e si ripercuote sull'acqua spenta e sulla pietra che ha un colorito pallido, simile a quello di un malato.
      Adesso, si avverte un'angoscia a causa della visione di lumi sporadici, giallastri, che la fitta nebbia fa apparire sperduti, staccati l'uno dall'altro e lontani; ciascuno di essi sembra chiuso nel proprio alone di luce che non si diffonde al di fuori.
      La riva sembra sofferente, il canale sembra scomparso... Il cuore è muto: ha perso qualsiasi emozione ed anche la sua vitalità viene meno. Rimane soltanto il rumore dei bastimenti che abbandonano il porto, che somiglia a delle urla strazianti d'addio alla città senza vita.

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    1. 1° assonanza: d'autunno (v. 1) e oscuro (v. 3).
      2° assonanza: radi (v. 5) e lontani (v. 7).

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  5. Puoi dirmi gli aggettivi della poesia?

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  6. Qual'è il significato dell'allegoria presente nella poesia?

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