lunedì 20 febbraio 2017

Poeti dimenticati: Angiolo Orvieto

Nacque a Firenze nel 1869 e ivi morì nel 1967. Grazie alle ottime condizioni economiche della sua famiglia ebbe modo di dedicarsi con passione e assiduità alla letteratura. Fondò due riviste: Vita nuova, che, malgrado prestigiose collaborazioni, ebbe breve durata, e Il Marzocco: uno dei periodici più importanti d'inizio Novecento, che ebbe il merito di contribuire in modo fondamentale al rinnovamento della poesia italiana. Come poeta Orvieto iniziò dimostrandosi convinto pascoliano, ma molti suoi versi mostrano anche descrizioni di luoghi esotici, nati in seguito ai molti viaggi effettuati dal poeta toscano. Svariati sono anche i componimenti che tendono a decantare la Toscana: regione alla quale l'Orvieto si sentì sempre ben radicato e che amò moltissimo. Nelle ultime raccolte emergono pensieri e argomenti legati alla sua adesione al sionismo. Fu anche autore di alcuni egregi libretti per opere liriche.



Opere poetiche

"Sposa mistica e altri versi", F.lli Bocca, Firenze 1893.
"La maggiolata", Civelli, Firenze 1895 (con Pietro Mastri).
"La sposa mistica. Il velo di Maya", Treves, Milano 1898.
"Verso l'Oriente", Treves, Milano 1902 (2° edizione, Bemporad & figlio, Firenze 1923).
"Le sette leggende", Treves, Milano 1912 (2° edizione, Bemporad, Firenze 1921).
"Primavere della cornamusa", Bemporad, Firenze 1925.
"Il vento di Sion", Israel, Firenze 1928.
"Il gonfalon selvaggio", Mondadori, Milano 1934.
"Il vento di Sion e I canti dell'escluso", Turolla, Roma 1961.
"Poesie scelte", Olschki, Firenze 1979.





Presenze in antologie

"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 288-293).
"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913 (pp. 1278-1280).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 424-426).
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (pp. 229-230; 334-335).
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. VI, pp. 3-13).
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. IV, pp. 350-352).




Testi

MARCIA LUGUBRE

Le nubi affittian senza posa
al cielo notturno il suo vel,
e in linea lunga, dogliosa
gemeano i fanali nel gel.

In fievole lume i fanali
gemean; mezzanotte scoccò
e il primo dei lugubri pali
la tenue fiammella agitò.

Al cenno, tre volte si scosse
ogni altra fiammella e assentì,
il primo fanale si mosse
e ognun lento lento seguì.

Il vento fischiava fischiava,
le nubi addensavansi ancor,
e il cupo corteo seguitava
la marcia lentissima ognor.

Movean lungo un tacito fiume
le smorte fiammelle pel ciel,
riflesso dell'acque un barlume
più smorto seguiva fedel.

Alfine la schiera dolente
dal fiume nei boschi passò;
pei boschi infinita, silente,
spandendosi tutta, sostò.

Discese la candida neve,
le nere boscaglie coprì;
gli smorti fanali, giù lieve
calando, d'estinguer finì.

La neve ogni cosa sommerse,
nascose ogni cosa nel cuor,
i boschi e i canali coperse
d'immane, d'algente candor.

(Da "Sposa mistica e altri versi")




PENDOLA FRA I BOSCHI

La pendola del settecento,
impaurita ai clamori del vento
fra i solitari abeti,
pare che tremi quando
dal timido cuore d'argento
sospira un lamento blando,
le ore annoverando.

Non solea noverar l'ore a poeti
che ascoltassero il gran fremito arcano
della foresta come un mar lontano;
a poeti cui fosse allegro suono
il correre pei cieli alti del tuono
e l'ampio sibilar della foresta
nella tempesta.

Oh dame incipriate
nella sala lontana,
ove fra ninnoli di porcellana
la pendola del settecento
col suo tintinno d'argento
soleva in ritmo modular gl'inchini
dei damerini!

Ma forse un qualche giorno,
fra i cappelli a tricorno,
le candide parrucche e gli spadini,
vide il sorriso amaro del Parini.

(Da "Verso l'Oriente", 1902)



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