venerdì 4 ottobre 2013

San Francesco d'Assisi nella poesia

Sono talmente tante le poesie dedicate a San Francesco d'Assisi che esiste un'antologia: La fiorita francescana, a cura di Tommaso Nediani, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo 1926, che raccoglie le più significative. È un libro di 374 pagine che comprende 77 poeti, da Jacopone da Todi a Giovanni Pascoli, da Dante Alighieri a Marino Moretti, tutti così colpiti e entusiasmati dalla figura del santo d'Assisi da scrivere almeno una lirica (ma alcuni di loro hanno scritto anche opere intere) ispirata a San Francesco o ai francescani. L'antologia è divisa nelle seguenti sezioni: I - FRATE FRANCESCO; II - AUREOLE FRANCESCANE; III - LA CANTICA DANTESCA PAUPERRIMUS BONORUM - L'ABISSO; IV - CONVENTI E PAESAGGI FRANCESCANI; V - LA POESIA E LA LEGGENDA FRANCESCANA.
 Aprendo il libro a pagina 72 si può leggere una bella poesia di Enrico Panzacchi: Perfectum gaudium, dove San Francesco cammina in compagnia di Frate Leone verso Perugia e durante il percorso fa una meditazione chiedendosi dove sia la gioia piena, dopo aver scartato una serie di possibilità giunge alla conclusione finale: «Ascolta, ascolta, pecora di Dio, / dentro a Perugia, se una turba ostile / ne verrà intorno, e come a due gaglioffi, / ne schernirà, ne strapperà i cappucci, /ne brutterà le tonache di fango, / poi, passando alle pietre ed ai randelli, / ne lascerà per terra mezzo morti, / sappi che solo in questo è gioia piena». Proseguendo la consultazione dell'antologia, a pagina 91 c'è il bel poemetto di Marino Moretti: La tonica del fraticello seguito, a pagina 96 da una lirica di Corrado Govoni: S. Francesco che negli ultimi versi nega la morte del fraticello d'Assisi: «Perchè tu non sei morto; i tuoi fratelli / non ti han chiuso per sempre nella bara, / ma ti han portato a braccia / sul ruvido burraccio / più puro dei lini della messa / ignudo come un'immensa eucarestia / a comunicar la terra amara. / Tu ti sei sciolto tutto in luce: / ti sei diffuso palpitando / in un'infinita benedizione». A pagina 110 si può leggere una poesia di Angiolo Silvio Novaro: S. Francesco e le creature, il cui inizio in parole molto semplici fa ben capire il messaggio di pace universale del poverello d'Assisi: «Agli uomini che aveano elmo e corazza, / che avean la spada e la ferrata mazza, / Dicea: - Gesù nessuna guerra vuole, / vuol che vi amiate sotto il dolce sole. / Dicea: - Gesù non vuol nessuna guerra, / vuol che vi amiate sulla dolce terra». Passando alla parte dedicata ai luoghi che in qualche modo ricordano San Francesco, a pagina 229 c'è una poesia di Angiolo Orvieto: San Francesco del deserto, che descrive un'isoletta della laguna veneziana dove si trova un convento di frati francescani, qui il poeta trova un'oasi di pace dove non giungono i tanti rumori provenienti da luoghi vicini (come Burano): «Sulle lastre che fragore /di sonanti zoccoletti, / o Burano dei merletti, / o Burano dell'amore! / Ma non giunge quel rumore / qui, nell'ombra claustrale, / nel silenzio sempre uguale, / sempre uguale a tutte l'ore. / Qui la pace delle aurore / dura tutta la giornata: / solitudine beata / per chi vive e per chi muore!». A pagina 232 si trova una tenera lirica di Giulio Salvadori in cui sono protagoniste le rondini e in particolare una: La rondinella di S. Francesco che ha fatto il nido sotto il tetto del convento francescano posto sul monte della Verna, l'uccello ha l'abitudine di intonare il suo melodioso canto solo e soltanto nei pressi del convento, tacendo altrove: «Passano i frati pii / dicendo: Ave! / la rondinella canta / sotto la trave. / / Tenera e delicata / la melodia; / la rondine la tace / lungo la via. / / Del picciol core amante / tutto il tesoro / effonde ella in quel canto / dolce e sonoro; / / la rondine lo tace / tra i tetti alteri / là dove l'aria è grave, / biechi i pensieri. / / Ma qui venne Francesco: / tra queste mura, / la rondinella canta / senza paura». La Passeggiata francescana (p. 257) scritta da Vittoria Aganoor Pompilj vuole sottolineare la visione in positivo che Francesco aveva della vita e della realtà; il santo infatti non badava a ciò che sembra pericoloso, sgradevole e preoccupante, si concentrava sulle cose rassicuranti, gradevoli e tranquillizzanti anche se difficili da trovare: « - Santo Francesco, un lieve parmi udire / frusciar di serpi sotto gli arboscelli... / / - Io non che il placido stormire / della pineta, e l'inno degli uccelli. / / - Santo Francesco, vien per la silvestre / via, dallo stagno, un alito che pute... / / - Io sento odor di timi e di ginestre, / io bevo aria di gioia e di salute. / / - Santo Francesco, qui si affonda, e omai / vien la sera, e siam lungi dalle celle... / / - Alza gli occhi dal fango, uomo, e vedrai / fiorire nei celesti orti le stelle». Semplice e bella è la poesia di Silvio Cucinotta: Convento francescano (p. 258) in cui il poeta tende a rimarcare l'impressione di profonda pace che emana il luogo religioso: «Dolce pace di convento / dove l'anima traduce / ne l'angoscia di un accento / una speme che riluce! / / Ecco, picchio a la tua porta, / solitudine di pace: / cerca l'anima risorta / pace, pace, pace, pace». A pagina 285 è possibile leggere una poesia di Giosuè Carducci intitolata Santa Maria degli Angeli che è ambientata nella Porziuncola, cappella situata all'interno della basilica di Santa Maria degli Angeli in Assisi. Nella Porziuncola andava a pregare San Francesco e qui, in questo luogo ancora così pregno della presenza del santo, il poeta toscano lo invoca emozionato: «Frate Francesco, quanto d'aere abbraccia / questa cupola bella del Vignola, / dove incrociando a l'agonia le braccia / nudo giacesti su la terra sola!». Carducci spera di sentire Francesco cantare le sue preghiere, di vederlo in volto e, come ultima immagine, s'immagina il santo con le braccia aperte mentre declama a Dio il famoso "Cantico delle Creature": «Ti vegga io dritto con le braccia tese / cantando a Dio - Laudato sia, Signore, / per nostra corporal sorella morte! -».
Prima di concludere mi sembra opportuno fare un veloce accenno a qualche poesia posteriore all'antologia testè analizzata. In Momenti francescani, raccolta poetica di Luigi Orsini pubblicata nel 1927, c'è un bel sonetto intitolato Il giardino che descrive un lieto momento serale vissuto nel "giardinetto della pia sorella" (forse in riferimento a Santa Chiara) che sembrerebbe essere già stato vissuto dal poeta, non si sa quanto lontano nel tempo. In questo angolo di verde si respira un'atmosfera paradisiaca e nello stesso tempo incantata: «Vi crescevan le rose e l'ulivella, / e il timo aulente vi facea ghirlanda. / / Pendea dal ciel su l'umile veranda / l'argenteo raggio della prima stella; / e c'era il canto d'una fontanella / odorosa di gigli e di lavanda». Nella raccolta poetica Via delle cento stelle di Aldo Palazzeschi c'è una poesia intitolata Messer lo frate solo che mette in risalto un elemento caratteristico della vita di Francesco, in particolar modo per quel che riguarda gli anni successivi all'allontanamento dalla sua famiglia: la solitudine; ecco i versi iniziali della lirica: «Solo / curvo e stanco ti vedo avvicinare / nello sfondo di un prato / ricoperto di margherite. / Solo / al chioccolio delle fontane / seduto un istante / e all'uso di un mendicante / mangiare un pezzo di pane. / Solo / nella luce del tramonto / verso la Porziuncola / in un concerto di campane / non più terrene / ma che dal cielo / con un'ebbrezza paradisiaca / invadono l'ètere». Nella sezione Un abbaino in Piazza Teofilo Folengo del libro di Umberto Bellintani Nella grande pianura c'è una poesia intitolata Il lupo di Gubbio dove il poeta sembra rivivere le sensazioni di terrore provate dagli abitanti del paese umbro quando, secondo una leggenda, ai tempi di Francesco un pericoloso lupo si aggirava nei dintorni di Gubbio; il poeta lombardo descrive l'animale in maniera molto simile a quella con cui Dante descrisse l'infernale traghettatore Caronte: «L'orrido spavento / nero di lupo / con gli occhi di bragia / e ridisceso dal monte / e ringhia alle porte / malchiuse di Gubbio». Nella seconda parte della breve poesia è come se parlasse la popolazione di Gubbio, che, rivolgendosi al santo d'Assisi dice: «portaci alla Cantica / delle Creature: / la Cittadella è in pericolo / di cruda morte».

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