domenica 10 luglio 2022

La Chimera

 

Non so se tra roccie il tuo pallido

Viso m'apparve, o sorriso

Di lontananze ignote

Fosti, la china eburnea

Fronte fulgente o giovine

Suora de la Gioconda:

O delle primavere

Spente, per i tuoi mitici pallori

O Regina o Regina adolescente:

Ma per il tuo ignoto poema

Di voluttà e di dolore

Musica fanciulla esangue,

Segnato di linea di sangue

Nel cerchio delle labbra sinuose,

Regina de la melodia:

Ma per il vergine capo

Reclino, io poeta notturno

Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,

Io per il tuo dolce mistero

Io per il tuo divenir taciturno.

Non so se la fiamma pallida

Fu dei capelli il vivente

Segno del suo pallore,

Non so se fu un dolce vapore,

Dolce sul mio dolore,

Sorriso di un volto notturno:

Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti

E l'immobilità dei firmamenti

E i gonfi rivi che vanno piangenti

E l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti

E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti

E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

 

 

Dino Campana (disegno di Franco Gentilini)

 

COMMENTO

 

La Chimera è il titolo di una tra le poesie più belle e celebri della letteratura italiana. L’autore è Dino Campana (Marradi 1885 - Scandicci 1932), che la inserì nella sua unica raccolta di versi: Canti Orfici, pubblicata dalla Tipografia Ravagli di Marradi nel 1914. Io l’ho trascritta da una ristampa del volume: Opere (prima edizione: TEA, Milano 1989).

 La Chimera è il primo componimento in versi della sezione Notturni dei Canti Orfici; qui, si possono leggere altre poesie particolarmente belle, come Giardino autunnale e Il Canto della tenebra. Tornando a La Chimera, fin dall’inizio s’intuisce che Campana, quasi in estasi, sta cercando di descrivere una visione – o meglio ancora, un’illuminazione – che ha caratteristiche mistiche, arcane e particolarmente coinvolgenti. Da notare, inoltre, che il poeta sembra rivolgersi direttamente a questa sorta di visione, come se essa sia in grado di ascoltarlo.  Ciò che appare al poeta, o lo colpisce più di ogni altra cosa, è il volto di una giovanissima donna, se non di un’adolescente, i cui lineamenti ricordano due capolavori pittorici di Leonardo da Vinci: La Vergine delle Rocce e La Gioconda. Ma la descrizione di questa figura femminile, non viene mai definita in modo esauriente, rimanendo sempre assai vaga; ciò che si percepisce chiaramente, è il fascino straordinario che possiede, così come il senso di profondo mistero che la avvolge, e la fa assomigliare a qualcosa di divino. Si potrebbe parlare di un’apparizione, ovvero qualcosa di straordinario e indefinibile che il poeta osserva incredulo ed estasiato, non potendo far altro che adorare il volto pallido di un essere metafisico, che racchiude tutte le maggiori attrattive delle arti più famose: poesia, pittura, musica e scultura. Il fatto che Campana, nella descrizione di questa figura, dichiari più di una volta la sua incertezza (quel “Non so” che compare al primo, al ventunesimo e al ventiquattresimo verso), rafforza l’indeterminatezza di essa; anche il nome con cui Campana decide di chiamarla: Chimera, oltre a mitizzarla, la precisa quale essere irraggiungibile, ovvero alla stregua di un sogno meraviglioso, impossibile da realizzare; niente a che vedere, è ovvio, con il mostro che è così chiamato nella mitologia greca (Χίμαιρα).

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