mercoledì 13 luglio 2022

Baracche

 

Sulla riva sinistra dell'Aniene,

vicino al Ponte Vecchio, il vento lava

i cenci della miseria. Ma spesso

sento da quelle baracche di legno

canti di cuori innamorati, e bimbi

quasi laceri ridere sereni

dai sgangherati legni della loro

fiaba. E uomini vedo un poco foschi

di fatica sperare ancora, sempre,

dalla trincea della loro aspra vita.

Quel ritmo così raro per il cuore

- Felicità - sovente lo ritrovo

nel grido-arcobaleno di un a solo

della trombetta di un bimbo felice

sulla riva sinistra dell'Aniene.

 

 


 

 

COMMENTO

 

Questi versi fanno parte della poesia intitolata Baracche, e sono di Carlo Martini (Milano 1908-1978); io li ho trascritti da un volume di Sergio Turconi intitolato La poesia neorealista italiana (Mursia, Milano 1977). In verità non so se la medesima poesia sia completa, non possedendo la raccolta da cui proviene. Lo stesso Turconi, in una relativa nota, informa il lettore che Baracche fa parte della raccolta poetica I giorni della periferia, pubblicata da Martini nel 1954 presso le Edizioni Auditorium di Roma. Questi versi mostrano, secondo Turconi, segni evidenti dell'ipocrisia e del cinismo piccolo-borghese. Forse è così, pure, a me non dispiace il modo in cui il poeta lombardo descrive le misere abitazioni di una parte cospicua della popolazione italiana, ridotta all'estrema povertà dalla guerra da poco finita (siamo nei primi anni '50 del XX secolo). In particolare, è bella l'immagine del bimbo che trova la felicità semplicemente suonando una trombetta; probabilmente Martini si rifà ad una famosa poesia di Corrado Govoni, intitolata La trombettina, che, similmente, pone in risalto l'allegria e l'entusiasmo infantile impersonato da una bambina che ha avuto in dono una piccola tromba-giocattolo. 

Nessun commento:

Posta un commento