domenica 27 dicembre 2020

Poeti dimenticati: Gesualdo Manzella Frontini

 

Nacque a Catania nel 1885 e ivi morì nel 1965. Laureatosi in lettere, divenne insegnante e svolse la sua attività lavorativa in varie città italiane, tra le quali anche Catania, dove fu docente di diversi licei. Scrisse versi e pubblicò opere poetiche già in giovanissima età, attraversando più di una corrente letteraria allora in voga. Da un iniziale decadentismo, la sua poesia si allontanò decisamente ricercando nuove strade; fu infatti il futurismo che trovò spazio nei successivi versi del Manzella Frontini, pur scévri degli sperimentalismi più accentuati di Marinetti e sodali. Distanziatosi anche dal movimento futurista, diradò le sue pubblicazioni, e nei rari casi in cui tornò a scrivere versi, lo fece inserendovi una buona dose d'ironia, mostrando una evidente simpatia nei confronti della poesia scanzonata e sarcastica di Aldo Palazzeschi e di Luciano Folgore. Fu collaboratore nonché direttore di svariate riviste e andrebbe ricordato anche per i suoi romanzi ed i suoi saggi.

 

 

 

 

Opere poetiche

 

"Novissima. Semiritmi", Galatola, Catania 1904.

"Le Rosse Vergini", Battiato, Catania 1905.

"Il prisma dell'anima. Canti liberi", Muglia, Catania 1911.

"Sui gigli gocce sanguigne", Casa Ed. La Nave, Firenze 1920.

"Mio libro dei campi P W", Ed. Camene, Catania 1949.

 

 


 

 

Presenze in antologie

 

"I Poeti Futuristi", Edizioni Futuriste di «Poesia», Milano 1912 (pp. 285-292).

"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. 4, pp. 144-151).

"I poeti del Futurismo 1909-1944" a cura di Glauco Viazzi, Longanesi & C., Milano 1978 (pp. 262-266).

"Dal simbolismo al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (tomo secondo, pp. 455-460).

"Sicilia, poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001 (pp. 399-401).

 

 

 

 

Testi

 

 

CORTEO

 

Non sentite i rulli paurosi

battenti la fine de le speranze?

Passa ne la notte il funebre corteo de' fantasmi,

li avete visti? Col capo mozzato

l'inno satanico battendo sui vacui teschi?

Passano gli scheletri: nero il vessillo si svolge,

vi spicca luminosa e strana la Fede incatenata;

ed essi vanno, despoti,

e vincitori de la vita.

L'indomita turba segue avvilita:

sono le idee, sono le speranze,

o i dolci sogni e le soavi chimere.

Ma le catene stridono una voce di pianto

sul suolo vitreo;

e al suono ebbro de li scheletri trionfatori

si mesce l'ululo dei vinti acuto.

E passa il corteo ne la notte funerea.

 

(da "Novissima", p. 28)

 

 

 

 

Da "LA RINUNZIA"

VERSO L'EREMO

 

Io vivrò solo, e mi sarà da canto

la mesta teoria evocatrice.

(Non piangerò, non piangerò l'incanto

de l'ebrezza d'amor suaditrice!)

 

Vedrò riflesso il mio sfiorir nel santo

viso dolente de la genitrice;

l'occhio non brillerà arido al pianto,

conscio di tua beltà distruggitrice.

 

E, solo udrò ne l'albe porporine,

i fremiti d'amor fecondi in torno,

come di baci a l'armonie divine.

 

Ne la rinunzia poi sarà scordato

il folle nostro amor senza ritorno

nel pallido languore del passato.

 

(da "Le Rosse Vergini", p. 39)

 

 

 

 

NULLA

 

Ora l'autunno sfoglia le cime fiorite,

ora rivela i rami

scoperti intirizziti.

Cadono foglie e pampini

alla crudezza del vento,

come lodole stecchite.

L'Autunno caccia

grumi di nubi pigre

e fa scompigli:

il sole s'affaccia

e torna

tristezza e bonaccia.

Così t'avvolgi, cuore di nebbie,

ma le radici stanno rivolte al cielo:

- albero divelto è la vita

fuor dalla terra

onde beveva i giorni.

Novembre, incubo di ritorni,

desideri spietati,

impeti strozzati.

Novembre, fissità del tempo

giornate senza ore

fiume senza sponde

corrente senza bagliori: perplessità: nulla.

 

(da "Mio libro dei campi P W", pp. 43-44)

Nessun commento:

Posta un commento