Nacque a Catania
nel 1885 e ivi morì nel 1965. Laureatosi in lettere, divenne insegnante e
svolse la sua attività lavorativa in varie città italiane, tra le quali anche
Catania, dove fu docente di diversi licei. Scrisse versi e pubblicò opere
poetiche già in giovanissima età, attraversando più di una corrente letteraria
allora in voga. Da un iniziale decadentismo, la sua poesia si allontanò
decisamente ricercando nuove strade; fu infatti il futurismo che trovò spazio
nei successivi versi del Manzella Frontini, pur scévri degli sperimentalismi
più accentuati di Marinetti e sodali. Distanziatosi anche dal movimento
futurista, diradò le sue pubblicazioni, e nei rari casi in cui tornò a scrivere
versi, lo fece inserendovi una buona dose d'ironia, mostrando una evidente
simpatia nei confronti della poesia scanzonata e sarcastica di Aldo Palazzeschi
e di Luciano Folgore. Fu collaboratore nonché direttore di svariate riviste e
andrebbe ricordato anche per i suoi romanzi ed i suoi saggi.
Opere poetiche
"Novissima.
Semiritmi", Galatola, Catania 1904.
"Le Rosse
Vergini", Battiato, Catania 1905.
"Il prisma
dell'anima. Canti liberi", Muglia, Catania 1911.
"Sui gigli
gocce sanguigne", Casa Ed. La Nave, Firenze 1920.
"Mio libro
dei campi P W", Ed. Camene, Catania 1949.
Presenze in
antologie
"I Poeti
Futuristi", Edizioni Futuriste di «Poesia», Milano 1912 (pp. 285-292).
"Le più
belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe,
Carabba, Lanciano 1928 (vol. 4, pp. 144-151).
"I poeti del
Futurismo 1909-1944" a cura di Glauco Viazzi, Longanesi & C., Milano
1978 (pp. 262-266).
"Dal
simbolismo al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (tomo
secondo, pp. 455-460).
"Sicilia,
poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma
2001 (pp. 399-401).
Testi
CORTEO
Non sentite i
rulli paurosi
battenti la fine
de le speranze?
Passa ne la notte
il funebre corteo de' fantasmi,
li avete visti?
Col capo mozzato
l'inno satanico
battendo sui vacui teschi?
Passano gli
scheletri: nero il vessillo si svolge,
vi spicca
luminosa e strana la Fede incatenata;
ed essi vanno,
despoti,
e vincitori de la
vita.
L'indomita turba
segue avvilita:
sono le idee,
sono le speranze,
o i dolci sogni e
le soavi chimere.
Ma le catene
stridono una voce di pianto
sul suolo vitreo;
e al suono ebbro
de li scheletri trionfatori
si mesce l'ululo
dei vinti acuto.
E passa il corteo
ne la notte funerea.
(da
"Novissima", p. 28)
Da "LA
RINUNZIA"
VERSO L'EREMO
Io vivrò solo, e
mi sarà da canto
la mesta teoria
evocatrice.
(Non piangerò,
non piangerò l'incanto
de l'ebrezza
d'amor suaditrice!)
Vedrò riflesso il
mio sfiorir nel santo
viso dolente de
la genitrice;
l'occhio non
brillerà arido al pianto,
conscio di tua
beltà distruggitrice.
E, solo udrò ne
l'albe porporine,
i fremiti d'amor
fecondi in torno,
come di baci a
l'armonie divine.
Ne la rinunzia
poi sarà scordato
il folle nostro
amor senza ritorno
nel pallido
languore del passato.
(da "Le
Rosse Vergini", p. 39)
NULLA
Ora l'autunno
sfoglia le cime fiorite,
ora rivela i rami
scoperti
intirizziti.
Cadono foglie e
pampini
alla crudezza del
vento,
come lodole
stecchite.
L'Autunno caccia
grumi di nubi
pigre
e fa scompigli:
il sole
s'affaccia
e torna
tristezza e
bonaccia.
Così t'avvolgi,
cuore di nebbie,
ma le radici
stanno rivolte al cielo:
- albero divelto
è la vita
fuor dalla terra
onde beveva i giorni.
Novembre, incubo
di ritorni,
desideri
spietati,
impeti strozzati.
Novembre, fissità
del tempo
giornate senza
ore
fiume senza
sponde
corrente senza
bagliori: perplessità: nulla.
(da "Mio
libro dei campi P W", pp. 43-44)
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