Nacque a Taranto
nel 1886 e morì a Positano nel 1958. Dopo la laurea in legge iniziò a scrivere
per vari giornali interessandosi principalmente di teatro e di letteratura. Fu
romanziere, commediografo e sceneggiatore cinematografico. Compose versi in gioventù
e pubblicò una raccolta: L'altro volto
che ride, in cui è facile notare una assidua presenza di atmosfere fosche e
macabre che lo avvicinano alla poesia degli scapigliati.
Opere poetiche
"L'altro
volto che ride", Ricciardi, Napoli 1909.
Testi
L'ALTRO VOLTO CHE
RIDE
Uomo che ascolti,
se un giorno, un tuo pazzo fratello
affondasse nel
bianco tuo volto un aguzzo scalpello,
e scavasse,
feroce scavasse
ne l'umida faccia cruenta la carne tua molle,
a vuotarti le
cave terribili occhiaie,
a slargarti la
bocca in immonde ferite,
a scuoiarti la
cute villosa del cranio; -
- fra il rosso
fluire del sangue,
fra il multiplo
intrico di tutte le fibre ritorte, -
imagine tetra da
te balzerebbe il tuo teschio giallastro,
sul folle tuo
grido di strazio e di morte;
e al guardo
febrile di quei che infrenabile squarta ed uccide,
beffardo,
apparrebbe, ghignando,
l'Altro volto che
ride.
Poeta selvaggio,
nel breve cammin di mia vita mortale,
più che l'aratro
puntuto per l'aride zolle,
più che la falce
lunata alla fulvida messe,
più che l'autunno
ferale pei rami de l'arbori macre,
più che l'aratro
e la falce e l'autunno
io mi fui per
l'effimere maschere umane.
Uomo! predando
passai sul tuo pallido viso,
come il largo
torrente pei fertili piani,
quando dei
torbidi cieli cavalcano sopra l'attonita terra,
a torme, gli
uragani.
Ed ora - nudata
del carneo suo guscio l'ambigua tua faccia -
d'innanzi al mio
cuor di sparviero,
Uomo!
perduto hai, per
sempre, il tuo grande mistero.
Che gli occhi
tuoi, gonfi di lacrime,
piangano il
pianto più amaro
di tutte le più
desolate sciagure del mondo;
che s'apra la
bocca tua rossa
al riso più
chiaro-squillante
del cuor più
giocondo;
irrida il tuo
sguardo sottile
o adocchi la
preda, o carezzi il pugnale omicida;
s'aderga la tua
larga fronte,
protesa in un
sogno d'accesa vittoria;
t'esalti il più
nobile grido di sfida,
t'accasci il più
fosco tormento
di nostalgia,
ti strozzi
l'estremo terribile rantolo
dell'agonia,
Uomo! a tuo
scherno indelebile,
ne la tua carne
polita, ti beffa, celato, il sarcastico viso
che ghigna
all'alterna vicenda
della tua vita
quello che un dì
riderà, nella fossa, al tuo lento
disfacimento;
quello che un dì
mireranno, devoti,
superstite effige
dell'avo glorioso,
i tardi nepoti.
Pure d'innanzi al
fatale sigillo
che segna la tua
poderosa mascella,
Uomo! poeta
selvaggio, io ti grido:
- Se il cuore ti
basti e l'ingegno,
sii tu della
saggia Natura, più grande e più forte:
dischiudi il tuo
labro sottile a un sorriso di sdegno,
di fronte alla
Vita e alla Morte. -
(da "L'altro
volto che ride")
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