Giovanni Tecchio,
malgrado il fatto inoppugnabile che sia stato sempre (o quasi) ignorato dalla
critica, riveste un ruolo importante nell'ambito della poesia italiana
decadente e simbolista; aggiungo poi che, per certe sue poesie, può essere
considerato - insieme a Cosimo Giorgieri Contri e Diego Angeli - uno dei
precursori del crepuscolarismo. Mysterium
è il titolo della sua opera poetica più famosa (fu commentata dal critico
Glauco Viazzi all'interno dell'antologia Dal
simbolismo al déco); uscì a Milano,
nel 1894, presso l'editore Galli di Chiesa e Guindani. Per chi fosse
interessato alla lettura di questa raccolta, aggiungo che è stata ripubblicata
di recente in edizione anastatica ed è consultabile nonché scaricabile, in
formato digitale, all'interno di due siti presenti sulla rete. Le 28 poesie del
libro, sono suddivise in due sezioni: la prima, che porta il titolo dell'opera,
comprende 23 liriche, e si può senz'altro definire la parte più interessante
della raccolta di Tecchio; la seconda, intitolata Odi, è composta da sole 6 liriche.
Andando ora ad analizzare
la sola prima sezione, che, come detto, mi sembra sicuramente la più
interessante, non vi è alcun dubbio sul fatto che le poesie più significative
siano quelle maggiormente vicine a correnti e movimenti letterari molto in voga
- soprattutto in Europa - nell'ultimo decennio del XIX secolo¹; ce ne sono una
quindicina circa, tutte raggruppate nella prima sezione. La prima poesia è, in
sostanza, una dedica appassionata all'amata donna. La seconda s'intitola Prologus e già dal titolo si capisce la
sua funzione (tra l'altro è un sonetto che ricompare in varie opere poetiche
del Tecchio, con diversi titoli²); il simbolismo qui è palese, poiché è facile
comprendere che il labirinto in cui corrono le Anime stanche (gli esseri umani) è il corso della vita, che si
riduce tutta ad un fuggire dalla Morte
galoppante alle loro spalle e sempre pronta a ghermirle; una via d'uscita,
secondo il poeta, è innalzarsi al di là del Mistero
per ritrovare, grazie ai santi ideali
e all'Amore, una strada sicura verso
i Cieli. Segue Mysterium, lirica che dà il titolo alla raccolta e che può
definirsi tra le più belle della stessa; il poeta si trova con una donna -
forse la sua compagna - in un luogo non precisato, quando improvvisamente
giunge la sera; il modo repentino con cui giunge questo evento giornaliero
lascia stupefatti i due, che si chiedono il motivo di una tale anomalia,
verificatasi soltanto in eventi eccezionali come le eclissi. Poi il poeta si
lascia andare ad astrazioni, pensieri e sogni che sembrano far parte di un
altro mondo, incomprensibile e fantastico: in esso si odono delle voci sognanti
che inneggiano alla Sera; si percepiscono profumi di fiori che inebriano e
creano un'atmosfera quanto mai favolosa; sopra e sotto le acque di una
peschiera si scorgono animali quali pesci e cigni che posseggono un candore
quasi ipnotico, simboleggiante l'innocenza, la purezza e la dolcezza. In questo
contesto paradisiaco, l'uomo e la donna rimangono inebetiti e sconcertati,
chiedendosi il significato di tali visioni e non trovando alcuna risposta.
Altra poesia notevole è Il Secreto:
sonetto che descrive un'urna misteriosa posizionata in un luogo somigliante a
quelli raffigurati da alcuni quadri di Arnold Böcklin o di Ferdinand Keller,
pervasi da un'aura inquietante eppure affascinanti. Pre-crepuscolare può esser
definita la lirica intitolata La
preghiera, così come la successiva Domus
conclusa; quest'ultima però, che mostra parecchi elementi relativi al
disfacimento e all'abbandono, meglio si colloca nell'ambito del decadentismo.
Dopo la struggente Vespero e la
romantica Imminente luna, ecco un
altro sonetto decadente: Moriente octobre,
in cui una disperazione favorita dalle tipiche manifestazioni autunnali, si
attenua soltanto grazie alla presenza della donna amata, ancor giovane, gioiosa
e felice. L'addio è pregna di
tristezza e, similmente ad altre poesie, ha come argomento portante il momento
del giorno in cui calano le prime ombre della sera. Elegia rimanda di nuovo al crepuscolarismo, in particolare a Spleen, ovvero ad una tra le migliori
poesie di Sergio Corazzini. Sognante e appassionato è il sonetto intitolato Aurora. Bellissima è la poesia Umbrae mysterium, in cui il poeta
ricorda un episodio della sua vita in cui si ritrovò, nuovamente in compagnia
di una donna, in un tramonto autunnale, all'interno di un parco; il luogo,
pregno di atmosfere ed elementi riconducibili al migliore decadentismo, diviene
una sorta di scena teatrale; ogni situazione, ogni oggetto, ogni sentimento ed
ogni azione diviene simbolo di qualcosa non ben definito. Suspiria extrema ricorda moltissimo L'incurabile di Gabriele D'Annunzio, e, quasi certamente, da
quest'ultima è ispirata. La triste sera
è il racconto doloroso di un addio, che presenta, una volta di più,
caratteristiche vicine alla poetica crepuscolare. Chiude Epilogus, che, come auspicato in Prologus, mostra un'Anima
ormai libera da catene, si fa guidare dal sol
de l'Ideale e s'innalza staccandosi dalla terra prava; l'ultima terzina del sonetto mette in evidenza un
simbolismo oscuro, rappresentato da una voce
udita e da un capo biondo chinato
sull'Anima in atto sovrumano.
A compendio di
questo post, riporto due tra le più belle poesie di Mysterium.
1) ovviamente mi
riferisco al decadentismo e al simbolismo, che in Italia inizialmente
faticarono a trovare spazio, per poi diffondersi in modo piuttosto ampio,
grazie a prosatori e poeti come Antonio Fogazzaro, Giovanni Pascoli e Gabriele
D'Annunzio (per non citare certi scapigliati), i quali, insieme ad altri
scrittori meno conosciuti, contribuirono in modo rilevante alla nascita di un
decadentismo italiano che non ha nulla da invidiare - a parte la Francia - agli
altri paesi europei. Per quanto riguarda il simbolismo, nel nostro paese è
sempre rimasto un po' in ombra, e soltanto poeti tutt'ora poco conosciuti, come
Gian Pietro Lucini e Agostino John Sinadinò, si prodigarono a lungo affinché
anche l'Italia potesse vantare un certo numero di seguaci del movimento poetico
più intrigante dell'Ottocento. Tecchio era uno di quei poeti che facevano parte
di un cenacolo milanese in cui Lucini era decisamente la figura più
carismatica.
2) Bisogna
precisare che Tecchio ripropose, magari apportando delle modifiche, poesie già
pubblicate in precedenti raccolte, a partire da Mysterium (che è la seconda), fino al volume Canti, del 1931. Prolugus
venne inserita, oltre che nella raccolta del 1894, in Le visioni (1896), col titolo Una
cara visione.
MORIENTE OCTOBRE
Muore l'Ottobre.
Tristi, funerali
fra una tetra e
monotona giallura
e dando al cuore
un senso di paura,
s'ergono ignudi i
tigli ne' viali.
Cala il corvo
librandosi su l'ali
per le macchie
che imprunan la pianura.
Muore l'ottobre e
par che la Natura
tristemente il
sospiro ultimo esali.
Or non fioriscono
più le rose, o Amore.
Funebri su le
tombe i crisantemi
han sussurri di
morte e di dolore.
Ma il Dolore e la
Morte Tu non temi,
poi che T'arride
giovinezza in fiore:
di gioia e di
salute esulti e fremi!
UMBRAE MYSTERIUM
Languiva ancor ne
l'occidente il giorno
con una luce che
facea stupore.
Parea quasi
funereo l'autunnale
vespro e ci
guardavam spesso d'in torno
come presi da un
senso di timore.
Quello pareva un
vespero fatale:
triste moriva,
triste assai quel giorno.
Ne l'aria c'era
non so che lamento.
Nel silenzio
solenne di quell'ora
sognava forse
l'Anima ammalata.
Tristi cadean le
foglie gialle al vento.
Ritorna a quel
ricordo umiliata
l'Anima ed a
quell'erme rive ancora.
Ne l'aria c'era
non so che lamento.
Andavam soli,
senza meta, errando
per il parco.
Tacevan le fontane
che, in quel
silenzio antico, armoniose
facean tra il
verde un dì murmure blando.
Pur narrava una
Venere lontane
storie d'amore
liete e dolorose,
che andavan lungi
per il parco errando.
Giungemmo ad un
castello antico, immenso.
Per l'alta scala
tutta quanta bianca
incominciammo
taciti a salire.
Incombeva il
silenzio cupo e intenso.
Ansare ella
s'udìa: forse era stanca,
poi che sentii 'l
suo braccio illanguidire.
D'avanti a noi
s'ergea il castello immenso.
Ella era stanca.
Per la scala, muti,
sostammo allora.
Era già morto il giorno;
era triste, assai
triste quella sera
in quei luoghi
lontani e sconosciuti.
Deserto il parco
si stendea d'in torno
tutto ne l'ombra
misteriosa e nera.
E discendemmo per
la scala, muti.
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