domenica 3 novembre 2019

"Mysterium" di Giovanni Tecchio


Giovanni Tecchio, malgrado il fatto inoppugnabile che sia stato sempre (o quasi) ignorato dalla critica, riveste un ruolo importante nell'ambito della poesia italiana decadente e simbolista; aggiungo poi che, per certe sue poesie, può essere considerato - insieme a Cosimo Giorgieri Contri e Diego Angeli - uno dei precursori del crepuscolarismo. Mysterium è il titolo della sua opera poetica più famosa (fu commentata dal critico Glauco Viazzi all'interno dell'antologia Dal simbolismo al déco); uscì  a Milano, nel 1894, presso l'editore Galli di Chiesa e Guindani. Per chi fosse interessato alla lettura di questa raccolta, aggiungo che è stata ripubblicata di recente in edizione anastatica ed è consultabile nonché scaricabile, in formato digitale, all'interno di due siti presenti sulla rete. Le 28 poesie del libro, sono suddivise in due sezioni: la prima, che porta il titolo dell'opera, comprende 23 liriche, e si può senz'altro definire la parte più interessante della raccolta di Tecchio; la seconda, intitolata Odi, è composta da sole 6 liriche.
Andando ora ad analizzare la sola prima sezione, che, come detto, mi sembra sicuramente la più interessante, non vi è alcun dubbio sul fatto che le poesie più significative siano quelle maggiormente vicine a correnti e movimenti letterari molto in voga - soprattutto in Europa - nell'ultimo decennio del XIX secolo¹; ce ne sono una quindicina circa, tutte raggruppate nella prima sezione. La prima poesia è, in sostanza, una dedica appassionata all'amata donna. La seconda s'intitola Prologus e già dal titolo si capisce la sua funzione (tra l'altro è un sonetto che ricompare in varie opere poetiche del Tecchio, con diversi titoli²); il simbolismo qui è palese, poiché è facile comprendere che il labirinto in cui corrono le Anime stanche (gli esseri umani) è il corso della vita, che si riduce tutta ad un fuggire dalla Morte galoppante alle loro spalle e sempre pronta a ghermirle; una via d'uscita, secondo il poeta, è innalzarsi al di là del Mistero per ritrovare, grazie ai santi ideali e all'Amore, una strada sicura verso i Cieli. Segue Mysterium, lirica che dà il titolo alla raccolta e che può definirsi tra le più belle della stessa; il poeta si trova con una donna - forse la sua compagna - in un luogo non precisato, quando improvvisamente giunge la sera; il modo repentino con cui giunge questo evento giornaliero lascia stupefatti i due, che si chiedono il motivo di una tale anomalia, verificatasi soltanto in eventi eccezionali come le eclissi. Poi il poeta si lascia andare ad astrazioni, pensieri e sogni che sembrano far parte di un altro mondo, incomprensibile e fantastico: in esso si odono delle voci sognanti che inneggiano alla Sera; si percepiscono profumi di fiori che inebriano e creano un'atmosfera quanto mai favolosa; sopra e sotto le acque di una peschiera si scorgono animali quali pesci e cigni che posseggono un candore quasi ipnotico, simboleggiante l'innocenza, la purezza e la dolcezza. In questo contesto paradisiaco, l'uomo e la donna rimangono inebetiti e sconcertati, chiedendosi il significato di tali visioni e non trovando alcuna risposta. Altra poesia notevole è Il Secreto: sonetto che descrive un'urna misteriosa posizionata in un luogo somigliante a quelli raffigurati da alcuni quadri di Arnold Böcklin o di Ferdinand Keller, pervasi da un'aura inquietante eppure affascinanti. Pre-crepuscolare può esser definita la lirica intitolata La preghiera, così come la successiva Domus conclusa; quest'ultima però, che mostra parecchi elementi relativi al disfacimento e all'abbandono, meglio si colloca nell'ambito del decadentismo. Dopo la struggente Vespero e la romantica Imminente luna, ecco un altro sonetto decadente: Moriente octobre, in cui una disperazione favorita dalle tipiche manifestazioni autunnali, si attenua soltanto grazie alla presenza della donna amata, ancor giovane, gioiosa e felice. L'addio è pregna di tristezza e, similmente ad altre poesie, ha come argomento portante il momento del giorno in cui calano le prime ombre della sera. Elegia rimanda di nuovo al crepuscolarismo, in particolare a Spleen, ovvero ad una tra le migliori poesie di Sergio Corazzini. Sognante e appassionato è il sonetto intitolato Aurora. Bellissima è la poesia Umbrae mysterium, in cui il poeta ricorda un episodio della sua vita in cui si ritrovò, nuovamente in compagnia di una donna, in un tramonto autunnale, all'interno di un parco; il luogo, pregno di atmosfere ed elementi riconducibili al migliore decadentismo, diviene una sorta di scena teatrale; ogni situazione, ogni oggetto, ogni sentimento ed ogni azione diviene simbolo di qualcosa non ben definito. Suspiria extrema ricorda moltissimo L'incurabile di Gabriele D'Annunzio, e, quasi certamente, da quest'ultima è ispirata. La triste sera è il racconto doloroso di un addio, che presenta, una volta di più, caratteristiche vicine alla poetica crepuscolare. Chiude Epilogus, che, come auspicato in Prologus, mostra un'Anima ormai libera da catene, si fa guidare dal sol de l'Ideale e s'innalza staccandosi dalla terra prava; l'ultima terzina del sonetto mette in evidenza un simbolismo oscuro, rappresentato da una voce udita e da un capo biondo chinato sull'Anima in atto sovrumano.
A compendio di questo post, riporto due tra le più belle poesie di Mysterium.


NOTE
1) ovviamente mi riferisco al decadentismo e al simbolismo, che in Italia inizialmente faticarono a trovare spazio, per poi diffondersi in modo piuttosto ampio, grazie a prosatori e poeti come Antonio Fogazzaro, Giovanni Pascoli e Gabriele D'Annunzio (per non citare certi scapigliati), i quali, insieme ad altri scrittori meno conosciuti, contribuirono in modo rilevante alla nascita di un decadentismo italiano che non ha nulla da invidiare - a parte la Francia - agli altri paesi europei. Per quanto riguarda il simbolismo, nel nostro paese è sempre rimasto un po' in ombra, e soltanto poeti tutt'ora poco conosciuti, come Gian Pietro Lucini e Agostino John Sinadinò, si prodigarono a lungo affinché anche l'Italia potesse vantare un certo numero di seguaci del movimento poetico più intrigante dell'Ottocento. Tecchio era uno di quei poeti che facevano parte di un cenacolo milanese in cui Lucini era decisamente la figura più carismatica.
2) Bisogna precisare che Tecchio ripropose, magari apportando delle modifiche, poesie già pubblicate in precedenti raccolte, a partire da Mysterium (che è la seconda), fino al volume Canti, del 1931. Prolugus venne inserita, oltre che nella raccolta del 1894, in Le visioni (1896), col titolo Una cara visione.





MORIENTE OCTOBRE

Muore l'Ottobre. Tristi, funerali
fra una tetra e monotona giallura
e dando al cuore un senso di paura,
s'ergono ignudi i tigli ne' viali.

Cala il corvo librandosi su l'ali
per le macchie che imprunan la pianura.
Muore l'ottobre e par che la Natura
tristemente il sospiro ultimo esali.

Or non fioriscono più le rose, o Amore.
Funebri su le tombe i crisantemi
han sussurri di morte e di dolore.

Ma il Dolore e la Morte Tu non temi,
poi che T'arride giovinezza in fiore:
di gioia e di salute esulti e fremi!





UMBRAE MYSTERIUM

Languiva ancor ne l'occidente il giorno
con una luce che facea stupore.
Parea quasi funereo l'autunnale
vespro e ci guardavam spesso d'in torno
come presi da un senso di timore.
Quello pareva un vespero fatale:
triste moriva, triste assai quel giorno.

Ne l'aria c'era non so che lamento.
Nel silenzio solenne di quell'ora
sognava forse l'Anima ammalata.
Tristi cadean le foglie gialle al vento.
Ritorna a quel ricordo umiliata
l'Anima ed a quell'erme rive ancora.
Ne l'aria c'era non so che lamento.

Andavam soli, senza meta, errando
per il parco. Tacevan le fontane
che, in quel silenzio antico, armoniose
facean tra il verde un dì murmure blando.
Pur narrava una Venere lontane
storie d'amore liete e dolorose,
che andavan lungi per il parco errando.

Giungemmo ad un castello antico, immenso.
Per l'alta scala tutta quanta bianca
incominciammo taciti a salire.
Incombeva il silenzio cupo e intenso.
Ansare ella s'udìa: forse era stanca,
poi che sentii 'l suo braccio illanguidire.
D'avanti a noi s'ergea il castello immenso.

Ella era stanca. Per la scala, muti,
sostammo allora. Era già morto il giorno;
era triste, assai triste quella sera
in quei luoghi lontani e sconosciuti.
Deserto il parco si stendea d'in torno
tutto ne l'ombra misteriosa e nera.
E discendemmo per la scala, muti.

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