L'annata lava con
la pioggia il suo cadavere.
Il tempo ha un
abito da povero.
L'anima mia è un
orto senza chiave.
I miei pensieri
sono come gigli in un ricovero.
De l'edifizio
verde
de la speranza
più non resta una pietra.
Lo scudo contro i
colpi spietati del male perde
la tempera. La
via dell'avvenire è tetra.
Oh come è triste
questo sommario!
Ed è forse ancora
lontano
l'invocato
calvario.
E tutto sembra
vano, è tutto è vano...
Il vento a le
porte
urla
insistentemente;
ed il mio cuore
si sente
pieno di foglie
morte.
Sommario è la poesia XXI della prima sezione - intitolata Canto fermo - del volume Armonia in grigio et in silenzio di
Corrado Govoni (Tàmara 1884 - Lido dei Pini 1965); la prima edizione uscì nel
1903 grazie all'editore Lumachi di Firenze; fu quindi ristampato in edizione
anastatica da Scheiwiller, a Milano, nel 1989; da quest'ultima l'ho trascritta
(si trova alle pagine 49 e 50).
Il testo, formato
da quattro quartine con versi di varia misura, riprende il tema verlaniano
dell'autunno e delle foglie morte, accentuando la negatività dell'atmosfera
descritta e delle sensazioni provate. La prima parte della poesia contiene una
serie di elementi che indicano sconfitta, perdita, degrado e malessere; li vado
ad elencare:
Il cadavere
dell'anno, ormai quasi del tutto trascorso, lavato dalla pioggia.
Il tempo vestito di abiti logori, come un povero.
L'anima simile a
un orto chiuso, senza chiave.
I pensieri del
poeta somiglianti a gigli in un ricovero.
L'edificio della
speranza del tutto crollato.
Lo scudo che, a causa
dei troppi e potenti colpi del male, perde il suo aspetto originario e si
rovina.
La via
dell'avvenire che diviene tetra.
Seguono quattro
versi in cui il poeta fa una sorta di sommario, ovvero di bilancio della
situazione attuale riguardante il suo percorso esistenziale. Il risultato è
totalmente fallimentare: la tristezza lo invade, invoca un simbolico calvario -
simile a quello di Gesù Cristo - che anticipi la sua dipartita, e, infine, si
rende conto della vanità di qualunque cosa lo riguardi o lo circondi.
Gli ultimi
quattro versi, bellissimi e suggestivi, esprimono magistralmente quello spleen verlaniano a cui avevo accennato
all'inizio, mettendo in primo piano due caratteristiche classiche del clima
autunnale: il vento forte e insistente, che fa sbattere le porte e i portoni
delle case, e le foglie che cadono in gran quantità dagli alberi e che,
simbolicamente, ricoprono lo stanco cuore del poeta.
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