mercoledì 6 novembre 2019

Sommario


L'annata lava con la pioggia il suo cadavere.
Il tempo ha un abito da povero.
L'anima mia è un orto senza chiave.
I miei pensieri sono come gigli in un ricovero.

De l'edifizio verde
de la speranza più non resta una pietra.
Lo scudo contro i colpi spietati del male perde
la tempera. La via dell'avvenire è tetra.

Oh come è triste questo sommario!
Ed è forse ancora lontano
l'invocato calvario.
E tutto sembra vano, è tutto è vano...

Il vento a le porte
urla insistentemente;
ed il mio cuore si sente
pieno di foglie morte.





Sommario è la poesia XXI della prima sezione - intitolata Canto fermo - del volume Armonia in grigio et in silenzio di Corrado Govoni (Tàmara 1884 - Lido dei Pini 1965); la prima edizione uscì nel 1903 grazie all'editore Lumachi di Firenze; fu quindi ristampato in edizione anastatica da Scheiwiller, a Milano, nel 1989; da quest'ultima l'ho trascritta (si trova alle pagine 49 e 50).
Il testo, formato da quattro quartine con versi di varia misura, riprende il tema verlaniano dell'autunno e delle foglie morte, accentuando la negatività dell'atmosfera descritta e delle sensazioni provate. La prima parte della poesia contiene una serie di elementi che indicano sconfitta, perdita, degrado e malessere; li vado ad elencare:

Il cadavere dell'anno, ormai quasi del tutto trascorso, lavato dalla pioggia.
Il tempo vestito di abiti logori, come un povero.
L'anima simile a un orto chiuso, senza chiave.
I pensieri del poeta somiglianti a gigli in un ricovero.
L'edificio della speranza del tutto crollato.
Lo scudo che, a causa dei troppi e potenti colpi del male, perde il suo aspetto originario e si rovina.
La via dell'avvenire che diviene tetra.

Seguono quattro versi in cui il poeta fa una sorta di sommario, ovvero di bilancio della situazione attuale riguardante il suo percorso esistenziale. Il risultato è totalmente fallimentare: la tristezza lo invade, invoca un simbolico calvario - simile a quello di Gesù Cristo - che anticipi la sua dipartita, e, infine, si rende conto della vanità di qualunque cosa lo riguardi o lo circondi.
Gli ultimi quattro versi, bellissimi e suggestivi, esprimono magistralmente quello spleen verlaniano a cui avevo accennato all'inizio, mettendo in primo piano due caratteristiche classiche del clima autunnale: il vento forte e insistente, che fa sbattere le porte e i portoni delle case, e le foglie che cadono in gran quantità dagli alberi e che, simbolicamente, ricoprono lo stanco cuore del poeta.

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