lunedì 11 novembre 2019

San Martino


La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.






San Martino è una delle poesie più conosciute, insieme a Davanti San Guido e a Pianto antico, di Giosuè Carducci (Valdicastello di Pietrasanta 1835 - Bologna 1907); uscì per la prima volta nel volume Rime nuove (1882)¹ e di lì a breve fu inserita nei libri di testo delle scuole italiane, tant'è che anch'io, come molti altri studenti delle generazioni che son venute prima o dopo la mia, hanno dovuto studiare e imparare a memoria questa poesia, che, al di là degli interrogativi sull'obbligo di memorizzare un testo poetico, è molto bella.
A proposito del santo festeggiato nella giornata odierna, la figura di Martino è un po' avvolta nella leggenda, secondo la quale l'uomo, ancora giovane ma già vescovo di Tours (siamo all'incirca verso la metà del IV secolo d. C.), durante una giornata rigida e piovosa vide un mendicante infreddolito e seminudo; impietosito, gli donò metà del suo pesante mantello; a distanza di poco tempo, Martino incontrò un altro mendicante, nelle medesime condizioni del primo, e non esitò a donargli l'altra metà del suo mantello. Passarono pochi minuti e il cielo schiarì, e il sole, grazie ad una anomala potenza dei suoi raggi, in breve tempo rese il clima assai meno rigido, anzi, quasi estivo. Da qui nasce la famosa espressione "Estate di San Martino", ad indicare un ritorno del caldo pur in tempi in cui si annuncia la stagione invernale.

NOTE
1) Il testo qui riportato è tratto dal volume Poesie scelte, Mondadori, Milano 1992, p. 117.

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