Non si sa molto
di questo poeta che, ad un certo punto della sua carriera artistica, volle
aggiungere al suo nome e al suo cognome la dicitura "dall'Aquila",
probabilmente per sottolineare le sue radici e la sua affezione verso il
capoluogo abruzzese dove nacque nel 1877 e dove morì nel 1946. Dalle pochissime
notizie biografiche che lo riguardano, ho saputo che ha vissuto per un lungo
periodo a Roma e che nella capitale italiana ha stretto importanti amicizie;
sempre a Roma ottenne discreta fama come poeta, e diversi critici autorevoli
recensirono favorevolmente qualche sua raccolta di versi. La poesia di Urbani,
come disse Gabriele D'Annunzio, meritava maggior fortuna, anche se non si può
definire un poeta d'avanguardia; infatti il suo fare poetico, attraverso gli
anni, non si distaccò mai da un ben radicato classicismo, avendo sempre come
punto di riferimento principale i grandi poeti ottocenteschi italiani (Carducci
e Pascoli in particolare). Nelle sue opere più tarde si nota una sintesi
maggiore e, di conseguenza, una tendenza verso la forma epigrammatica, in cui
molto probabilmente diede il meglio di sé.
Opere poetiche
"Rose e
cardi", Mele, Aquila 1899.
"Garofani
rossi", Perfilia, Aquila 1900.
"Semprevivi",
Mele, Aquila 1901.
"Il rosario
del cuore", La Vita Letteraria, Roma 1907.
"I canti
dell'amore", Edizione dell'autore, 1909.
"Il roseto
s'infiamma", Carabba, Lanciano 1923.
"Fontane
d'oro", Vecchioni, Aquila 1933
"A
vespero", Airoldi, Intra 1939.
"Poesie",
F.lli Palombi, Roma 1979.
Testi
LA VECCHIA FONTE
La vecchia fonte
a l'ombra de li abeti
come una sfinge
si disegna. Tace
la sua bocca, chi
sa, quanti segreti,
dal dì che al par
d'un simulacro giace.
O vecchia fonte,
l'edera tenace
ti stringe i
fianchi, e ai facili poeti
cui suggeristi il
murmure loquace,
la vecchia poesia
tu non ripeti...
Forse sognavi nel
tuo sogno il mare,
forse accogliesti
il pianto de le cose
e col morir
finisti a lagrimare.
O imagine d'un
cuore che si dolse,
d'un cor che
pianse e che nel pianto pose
l'ultima gioia
che il morir gli tolse.
(da "Il
rosario del cuore")
FIORI E LAGRIME
Mamma, ricordi,
quando me ne andavo
nell'orto, sotto
il mandorlo fiorito,
e, scosso il
tronco, mi scendea sul capo
una pioggia di
petali di neve?
Ora l'albero è
morto, e i secchi rami
non un riso di
verde hanno o di fiori;
solo la notte
ancora vi depone
il pianto eterno
delle sue rugiade,
ond'io, se torno
il tronco ad agitare,
o mamma, o mamma,
è tutto un lacrimare!
(da "Il
roseto s'infiamma")
COME IL NAUFRAGO
VEDE
Come il naufrago
vede
per ogni ala
d'alcion che sfiora il mare,
forse una vela, e
sente in cor vicina
la nave che lo
tragga a salvamento,
io sento, in ogni
voce di richiamo,
una nuova
speranza che m'illude.
(da "Fontane
d'oro")
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