mercoledì 30 ottobre 2019

Passeggiata autunnale


Io vo lentamente sotto la pioggia
di foglie morte, per questo viale.
Oh rigidi olmi nel cielo autunnale,
fra un vel di nebbia! Oh lugubre pioggia!

Ed or crepitanti e come contorte
da fuoco, or tacite come vane ombre,
le foglie cadono, cadono... Ingombre
son tutte le cose di questa morte.

Oh! tutto n'è ingombro. La roggia chiazza
adombra il terreno, gli argini, i muri,
i vuoti sedili: cumuli oscuri
qua e là si elevano, lustri di guazza.

Eppure io ben vedo, fra un polverìo
denso, com'è quando turbina il vento,
qualcuno a un suo rude lavoro intento:
spazzare, ammucchiare con gran fruscìo.

E vedo passare carri ricolmi
di queste piccole morte...«Che vale?
Oh! senza posa, ma placida, eguale,
cade la pioggia dall'alto degli olmi.

Da tutti, da tutti gli alberi cade
vicino e lontano la triste pioggia,
senza posa, senza posa: la roggia
chiazza si allarga, dilaga ed invade...

Io vo lentamente. Sotto il mio piede,
ecco, via via qualche foglia percossa
manda un lieve scricchiolìo come d'ossa
fragili, e infranta di subito cede.

Ecco: una foglia mi sfiora la mano,
cadendo; un'altra mi passa rasente
agli occhi sì ratta, che più son lente
le ciglia a schermirsi; un'altra pian piano

mi scende sull'òmero e alle mie vesti
s'appiglia.... Ebbene: copritemi tutto,
copritemi, o foglie, del vostro lutto,
sì che il mio corpo gravato ne resti.

Anch'io vo' giacere sul nudo suolo,
che vide le nostre fuggevoli orme;
tornare alla terra, cumulo informe,
su cui gli uccelletti fermino il volo.

Non io vi sentii con l'anima (oh Aprile!)
dall'esili gemme schiudervi al sole,
tenere come le prime parole
ch'escano incerte da labbro infantile?

Non io vi mirai quando agili e pronte
ad ogni aura, le verdi esultanze
vostre, ampiamente, con tremole danze
d'ombre, stormivano sulla mia fronte?

Ed ora è la morte... E sia! Cadete,
cadete, o foglie, vicino e lontano.
Sì, tutto è caduco, sì, tutto è vano,
come noi siamo e come voi siete.





Questa bellissima poesia è di Pietro Mastri (nome d'arte di Pirro Masetti, Firenze 1868 - ivi 1932) e fa parte del volume L'arcobaleno, stampato per la prima volta dall'editore Treves in Milano, nel 1900; quindi, in una seconda edizione leggermente modificata, da Zanichelli in Bologna nel 1920; da quest'ultima ho trascritto la poesia che si trova alla pagina 91 e seguenti.
Ritengo che sia una delle migliori poesie sul tema dell'autunno e delle foglie cadenti; in parte riprende la celeberrima Chanson d'automne di Paul Verlaine, approfondendo però l'argomento e inserendovi ulteriori dettagli, sensazioni e interrogazioni sulla vita e sulla morte. A proposito di ciò, è stato il critico Glauco Viazzi, che l'ha inserita all'interno della sua splendida antologia Dal simbolismo al déco (Einaudi, Torino 1981), a porre in evidenza determinati aspetti e significati di questo componimento poetico. A tale proposito ecco, per finire, un esplicativo frammento della sua presentazione:

[...] la figurazione simbolica delle foglie morte, proliferando, invade e riempie l'intero spazio semantico del discorso, poggiando sui vettori /caduta/ ed /accumulo/, e con l'istessa modalità projettiva, la dichiarazione di identificazione che da 'io-sono-come' porta a 'io-sono'. Questa sorta di reificazione della pulsionalità, forte anche di ascendenze verlainiane (pareil à la feuille morte), si sposta dalla percezione al trasferimento nella cosa percepita via scelta-della-figurazione, per trarne infine un momento riflessivo. Così facendo la scrittura si converte in ideologismo, in quel filosofare sulla 'vanità del tutto' che poi condurrà il Mastri allo spiritualismo ed al tentativo di ricomporre la disgregazione dell'oggettività in un sistema di rispondenze tra concreto ed astratto, tra 'terrestre' e 'spirituale' (...)¹

NOTE
1) Tratto da Dal simbolismo al déco, Einaudi, Torino 1981, tomo secondo, pp. 341-342.

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