Io vo lentamente
sotto la pioggia
di foglie morte,
per questo viale.
Oh rigidi olmi
nel cielo autunnale,
fra un vel di
nebbia! Oh lugubre pioggia!
Ed or crepitanti
e come contorte
da fuoco, or
tacite come vane ombre,
le foglie cadono,
cadono... Ingombre
son tutte le cose
di questa morte.
Oh! tutto n'è
ingombro. La roggia chiazza
adombra il
terreno, gli argini, i muri,
i vuoti sedili:
cumuli oscuri
qua e là si
elevano, lustri di guazza.
Eppure io ben
vedo, fra un polverìo
denso, com'è
quando turbina il vento,
qualcuno a un suo
rude lavoro intento:
spazzare,
ammucchiare con gran fruscìo.
E vedo passare
carri ricolmi
di queste piccole
morte...«Che vale?
Oh! senza posa,
ma placida, eguale,
cade la pioggia
dall'alto degli olmi.
Da tutti, da
tutti gli alberi cade
vicino e lontano
la triste pioggia,
senza posa, senza
posa: la roggia
chiazza si
allarga, dilaga ed invade...
Io vo lentamente.
Sotto il mio piede,
ecco, via via
qualche foglia percossa
manda un lieve
scricchiolìo come d'ossa
fragili, e
infranta di subito cede.
Ecco: una foglia
mi sfiora la mano,
cadendo; un'altra
mi passa rasente
agli occhi sì
ratta, che più son lente
le ciglia a
schermirsi; un'altra pian piano
mi scende
sull'òmero e alle mie vesti
s'appiglia....
Ebbene: copritemi tutto,
copritemi, o
foglie, del vostro lutto,
sì che il mio
corpo gravato ne resti.
Anch'io vo'
giacere sul nudo suolo,
che vide le
nostre fuggevoli orme;
tornare alla
terra, cumulo informe,
su cui gli
uccelletti fermino il volo.
Non io vi sentii
con l'anima (oh Aprile!)
dall'esili gemme
schiudervi al sole,
tenere come le
prime parole
ch'escano incerte
da labbro infantile?
Non io vi mirai
quando agili e pronte
ad ogni aura, le
verdi esultanze
vostre,
ampiamente, con tremole danze
d'ombre,
stormivano sulla mia fronte?
Ed ora è la
morte... E sia! Cadete,
cadete, o foglie,
vicino e lontano.
Sì, tutto è
caduco, sì, tutto è vano,
come noi siamo e
come voi siete.
Questa bellissima
poesia è di Pietro Mastri (nome d'arte di Pirro Masetti, Firenze 1868 - ivi
1932) e fa parte del volume L'arcobaleno,
stampato per la prima volta dall'editore Treves in Milano, nel 1900; quindi, in
una seconda edizione leggermente modificata, da Zanichelli in Bologna nel 1920;
da quest'ultima ho trascritto la poesia che si trova alla pagina 91 e seguenti.
Ritengo che sia
una delle migliori poesie sul tema dell'autunno e delle foglie cadenti; in
parte riprende la celeberrima Chanson
d'automne di Paul Verlaine, approfondendo però l'argomento e inserendovi
ulteriori dettagli, sensazioni e interrogazioni sulla vita e sulla morte. A
proposito di ciò, è stato il critico Glauco Viazzi, che l'ha inserita
all'interno della sua splendida antologia Dal
simbolismo al déco (Einaudi, Torino 1981), a porre in evidenza determinati
aspetti e significati di questo componimento poetico. A tale proposito ecco,
per finire, un esplicativo frammento della sua presentazione:
[...] la
figurazione simbolica delle foglie morte, proliferando, invade e riempie l'intero
spazio semantico del discorso, poggiando sui vettori /caduta/ ed /accumulo/, e
con l'istessa modalità projettiva, la dichiarazione di identificazione che da
'io-sono-come' porta a 'io-sono'. Questa sorta di reificazione della
pulsionalità, forte anche di ascendenze verlainiane (pareil à la feuille morte), si sposta dalla percezione al
trasferimento nella cosa percepita via scelta-della-figurazione, per trarne
infine un momento riflessivo. Così facendo la scrittura si converte in
ideologismo, in quel filosofare sulla 'vanità del tutto' che poi condurrà il
Mastri allo spiritualismo ed al tentativo di ricomporre la disgregazione
dell'oggettività in un sistema di rispondenze tra concreto ed astratto, tra
'terrestre' e 'spirituale' (...)¹
NOTE
1) Tratto da Dal simbolismo al déco, Einaudi, Torino
1981, tomo secondo, pp. 341-342.
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