domenica 13 ottobre 2019

Sera d'ottobre a Viterbo


Una fontana povera nel largo
serale delle case e intorno il verde
degli alberi è più solo, uno spazzino
aiuta il vento delle foglie morte.
Oltre le mura vidi nella polvere
un piazzale deserto, il cielo rosa
con il fumo celeste della sera.




Sera d'ottobre a Viterbo è il titolo di una breve poesia di Alfonso Gatto (Salerno 1909 - Orbetello 1976). L'ho trascritta dal volume Tutte le poesie (Mondadori, Milano 2005), dove è possibile trovarla all'interno della sezione Arie e ricordi 1940-1941 (p. 95).
Questi sette bellissimi versi, scritti dal poeta campano nel pieno della stagione ermetica e nel tragico periodo in cui il nostro paese partecipò al conflitto più cruento e sanguinoso della storia, palesano quelle caratteristiche così marcate e personali, che resero Gatto uno dei poeti più importanti del Novecento. Queste peculiarità si possono riassumere nell'analogismo delle immagini, nelle forti sensazioni espresse tramite l'uso dei colori in maniera simile a ciò che fa un pittore riempiendo una tela, e nel potere magico della parola, ovvero nella sua sacralità. Qui si parla di una sera autunnale trascorsa nella città di Viterbo. Gli aggettivi usati dal poeta trasmettono sensazioni malinconiche, attenuate dai colori delicati o vividi, con cui viene descritto il paesaggio: una fontana disadorna, alcune case e il colore verde degli alberi; unica presenza umana è quella dello spazzino che, insieme al vento, con la scopa raduna le foglie cadute dagli alberi. In un punto diverso della città (fuori le mura), ecco un altro paesaggio: il piazzale deserto circondato da un'atmosfera insolita, creata dal colore del cielo (rosa) e da una sorta di fumo (forse la nebbia) che ha un colore simile al celeste, messo in risalto dal calare della sera.

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