Per chi desidera
trascorrere una vacanza in completo relax, c'è la campagna, che permette, a chi
voglia visitarla da ospite, una meravigliosa pace, un'alimentazione sana e
appetitosa, la presenza di animali e piante in gran quantità ecc. I versi dei
dieci poeti che ho selezionato spesso indicano la campagna come
"rifugio" dalla confusione cittadina (e quante città sono circondate
da zone di campagna!); molti si soffermano su alcuni paesaggi, oppure su
determinati oggetti, piante, animali o varia e semplice umanità. Ne scaturisce
un mondo che invita alla distensione, una realtà fuori dalla realtà i cui tempi
sono estremamente lenti ma altamente produttivi. Praticamente ci si trova
davanti al ritorno di un lontano passato, quando l'Italia era prevalentemente un
paese agricolo, e poteva dirsi, è vero, molto più povero economicamente, ma
molto più ricco interiormente.
CAMPAGNA
di Sandro Baganzani
(1889-1950)
Fuggire stamattina
la polvere dei
«camions» fragorosi
che dà una mano di
bianco
agli alberi stremenziti
dei giardinetti
pubblici
per seguire un fresco
viottolo erboso
odoroso di sambuchi
amarognoli
spruzzato di gocciole
rosse
(la villanella che
conduce le oche
a pascolare
si è punto il piede
nudo?)
La gioia delle
fattorie
pitturate di rosa e
di celestino
con il maiale che
grufola nel cortile
e le pezze del bucato
sbandieranti
per la festa delle
prime cicale!
Sotto l'oleandro il
cane
sbadiglia alle
mosche.
La vecchia vigila la
teglia
per la sua gente alla
campagna.
Dolcezza di avemarie
d'un viandante cieco
nel pulviscolo
d'oro!...
Gli alberi cantano
ronzano vibrano
frullano:
chioccolio di merli:
ticchettio di picchi
spaccalegna:
pigolio di implumi:
le api si ubbriacano
nei calici
rosa, nei calici
bianchi
fino all'ultima
stilla.
Quando suona
l'Angelus
il viandante cieco si
segna
per la gioia di
vivere.
(Da "Arie
paesane", Taddei, Ferrara 1920)
CAMPAGNA
di Giulio Gianelli
(1879-1914)
Non più con poco sole
aria maligna,
non più la via
tumultuosa e stretta,
ma l'alto, d'onde la
città soggetta
apparisce una grande
orma sanguigna;
ma il mio libero
cielo e la mia vigna
che al sole i
succolenti acini affretta,
dove ogni zolla
sempre un germe aspetta
che subito fiorisce e
non traligna!
Tornare a'i cieli
eterni e della terra
a'i frutti eterni,
nuda erger la testa
a l'aquilone
purificatore.
E, riscattato d'ogni
intima guerra,
sorgere a l'alba ad
offerire, in festa
alla natura e a Dio
tutto il mio cuore.
(Da "Mentre
l'esilio dura", Streglio, Veraria Reale-Torino 1904)
IN CAMPAGNA
di Corrado Govoni
(1884-1965)
Per le fessure della
finestretta
s’inserisce una luce
scialba scialba.
Il campanile di
Saletta
è il primo a suonare
l’alba.
Le faraone ed i galli
schiammazzano dentro
il pollaio.
Nitriscon nella corte
dei cavalli.
Il vento scuote l’uscio
del granaio.
Le rondini non ànno
ancor parlato
nei loro nidi sopra
il forno...
Rabbrividiscono i
pioppi del prato.
Chissà se sarà un bel
giorno!
La scopa or su e giù
per la scala
fruscia ed ora è in
cucina;
e, al pian terreno,
il merlo nella sala
canta indomenicando
la mattina.
(Da "Fuochi
d'artifizio", Gianguzza Lajosa, Palermo 1905)
CAMPAGNA
di Arturo Onofri
(1885-1928)
Sul pendìo verdolino, aggraziato di
margheritine, il bifolco affiena il carro da buoi con la forcina d'acciaio che
brilla al sole, ingigantita dai lampi, come una pala d'argento sull'erba ancora
tutt'intrisa d'alba.
(Da
"Orchestrine", Libreria della Diana, Napoli 1917)
LA MIA CAMPAGNA
di Guglielmo Petroni
(1911-1993)
O casa di campagna
riluttante nel tuo
fondo scendo
al tuo disagio ed al
tuo pane duro.
Nelle tue notti
l'alte luci accendo
delle cortesi stelle
dell'estate
e senza sonno alla finestra
attendo
al grillo, che
tagliente fischia, amico
e vibra come vibrano
le stelle
e come l'alte punte
dei cipressi.
Un lume solo nel tuo
mondo mostri
alto, lontano e
desolato;
richiamo delle case
in fondo ai monti
opache, spente, quasi
sommerse nella terra.
Nel mezzo della
stanza
il letto mio
biancheggia
semplice, di legno
indecorato,
dentro la stanza
spenta.
[Da "Poesie
(1928-1978)", Guanda, Milano 1978]
PÀNICO
di Luigi Pirandello
(1867-1936)
Pe ’l remoto viale di
campagna,
tra fitte macchie, in
sul cader del giorno:
io solo. È tal
silenzio tutto intorno
che a un ragno
sentirei tesser la ragna.
Come si tien così
sospesa tanta
vita di foglie? Il
cuore anch'io mi sento
sospeso, oppresso da
strano sgomento;
stupito or questa guato
or quella pianta.
L'anima quasi al
limitar dei sensi
scende ansiosa, ma
alcun lieve moto
non coglie, alcun
rumore, e come un vuoto
mi s'apre dentro.
Penetra fra i densi
rami del sol l'ultimo
raggio intanto
e accende in alto
lumi d'oro strani
nella macchia dei
bigi ippocastani
che un tempio sembra
ed opera d'incanto.
Di questa intimità
con la natura
solitaria, del tutto
inconsueta,
l'anima mia divien
tanto inquieta,
quanto sarebbe forse
per paura.
De' suoi sacri
silenzii ancor non degno
dunque son io. Ma di
notturne brine
tanto mi bagnerò che,
puro alfine,
ella accoglier mi
possa in questo regno.
(Da
"Zampogna", Alighieri, Roma 1901)
IN CAMPAGNA
di Agostino Richelmy
(1900-1991)
Giugno adagio procede
profumato
dai tigli,
effusamente;
né mi disturba di
scontrare a lato
i lasciti del fieno
sul passaggio
delle carra di
maggio.
Penetrare si può
nella callaia
e trovare sul margine
del prato
un anarchico fiore
incoltivato;
là sta la vigna con
filari in gaia
schiera guerresca a
infiorescenze ritte
sui palmiti, tra
breve con migliaia
d'acini penzolanti.
Intanto al campo
appaiono già fitte
le spighe e l'orfane
goccette rosse
dei papaveri, e
sparsi azzurreggianti,
i fiordalisi teneri
tra il grano.
Vanno grondoni al
pascolo le grosse
mucche tranquille, e
un vecchio mandriano
si sdraia all'ombre
nuove
del noce or ora roseo
di foglie.
Un uccelletto
incomincia a cantare
in pace. Mi fa lieto
e mi commuove
d'esser ben «lungi
dal subdolo mare»
che sempre rumoreggia
all'orizzonte.
(Da "La lettrice
di Isasca", Garzanti, Milano 1986)
MONOLOGO AL MARGINE
DI UN CAMPO
di Roberto Roversi
(1923-2012)
Meglio dar fuoco al
cumulo di fieno
che l’acqua gonfia e
il sole non asciuga.
Lo stendo, lo raduno:
nebbia, caldo
ci cadono all’estate
come giovani amanti.
Molto galante è il
sole nell’amore.
La mia schiena si
squama poi s’incurva.
Ricordo il gelo
dell’89.
L’Ersilia è morta. Le
fragole maturano
mentre vespe
affondano nei fiori.
Non le raccolgo,
lasciale appassire;
chi mangia più le
dolci
fragole primaticce,
così stupide,
soffici?
decrepiti, affondiamo
nella terra,
stringiamo i
lombrichi con le dita.
Sono stanco di
stendere, adunare,
guardare in alto al
gelo e all’acqua intento.
Fugge il sole? non lo
chiamerò;
marcisce l’erba?
anch’io cadrò
così, fra pochi mesi.
Un mare di pena è la
mia carne.
Le fragole
anneriscono sul campo,
gli anni frustano le
spalle,
sporchi uccelli
volano i ricordi.
Ombra di un’ala sopra
l’acqua scende
adagio questa voce
nel pomeriggio
fantastico.
(Da "La raccolta
del fieno", Einaudi, Torino 1960)
CAMPAGNA
di Rocco Scotellaro
(1923-1953)
Passeggiano i cieli
sulla terra e
le nostre curve ombre
una nube lontano ci
trascina.
Allora la morte è
vicina
il vento tuona giù
per le vallate
il pastore sente le
annate
precipitare nel
tramonto
e il belato rotondo
nelle frasche.
(Da "È fatto
giorno", Mondadori, Milano 1954)
MI RICORDERÒ DI
QUESTO AUTUNNO
di Leonardo
Sinisgalli (1908-1981)
Mi ricorderò di
questo autunno
Splendido e fuggitivo
dalla luce migrante,
Curva al vento sul
dorso delle canne.
La piena dei canali è
salita alla cintura
E mi ci sono immerso
disseccato dalla siccità.
Quando sarò con gli
amici nelle notti di città
Farò la storia di
questi giorni di ventura,
Di mio padre che a
pestar l'uva
S'era fatto i piedi
rossi,
Di mia madre timorosa
Che porta un uovo
caldo nella mano
Ed è più felice d'una
sposa.
Mio padre parlava di
quel ciliegio
Piantato il giorno
delle nozze, mi diceva,
Quest'anno non ha
avuto fioritura,
E sognava di farne il
letto nuziale a me primogenito.
Il vento di
tramontana apriva il cielo
Al quarto di luna. La
luna coi corni
Rosei, appena
spuntati, di una vitella!
Domani si potrà
seminare, diceva mio padre.
Sul palmo aperto
della mano guardavo
I solchi chiari
contro il fuoco, io sentivo
Scoppiare il seme nel
suo cuore,
Io vedevo nei suoi
occhi fiammeggiare
La conca spigata.
(Da "Vidi le
muse", Mondadori, Milano 1943)
Giovanni Fattori, "Riposo in Maremma" |
Le tue selezioni sono sempre preziose, queste sono particolarmente evocative!
RispondiEliminaUn caro saluto. Sara
Ti ringrazio, un caro saluto a te.
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