Con l’argomento
“poetiche”, ho voluto riunire delle composizioni in cui il poeta dichiara
esplicitamente o meno le sue scelte individuali nel modo di comporre versi,
ovvero tutto ciò che predilige, che gli sta più a cuore o che ritiene
maggiormente importante; in alcuni casi si tratta di vere e proprie
autopresentazioni, nelle quali non mancano degli atteggiamenti narcisistici.
Ciò che ho appena detto non vale per i poeti crepuscolari, che negano
addirittura di essere dei poeti, sottostimandosi quasi con fiero compiacimento,
e affermando di essere ben poca cosa rispetto ai vati che in quel preciso
periodo storico attiravano maggiormente l’attenzione del pubblico della poesia.
Particolarmente interessante e affascinante, a me sembrano i versi di Giovanni
Camerana, che qui dichiara la sua appassionata ricerca di una poesia
misteriosa, quasi inafferrabile, percepita soltanto da pochi
eletti, tramite alcuni simboli che la natura offre agli occhi di coloro - i
pochi - che riescono ad individuarli.
Poesie sull’argomento
Rosario Altomonte:
"Non è per me!" in «Marforio», marzo 1904.
Giovanni Camerana:
"Cerco la strofa che sia fosca e quieta" in "Poesie"
(1968).
Sergio Corazzini:
"Desolazione del povero poeta sentimentale" in "Piccolo libro
inutile" (1906).
Ettore Cozzani:
"Preludio" in "Poemetti notturni" (1920).
Federico De Maria:
"Magia" in "Poesia", novembre 1908.
Beniamino De Ritis:
"Commiato" in "Nell'orto degli ulivi" (1908).
Giuliano Donati
Pétteni: "Vengo da strane lontananze..." in "Intimità"
(1926).
Luisa Giaconi:
"A Cherilo" in "Tebaide" (1912).
Giulio Gianelli:
"Mentre l'esilio dura" in "Mentre l'esilio dura" (1904).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Domanda vana" in "La donna del velo" (1905).
Corrado Govoni:
"Sesamo, apriti!" in "Gli aborti" (1907).
Giorgio Lais:
"Commiato" in "Prometeo", gennaio 1906.
Fausto Maria Martini:
"Mia terra, mia labile strada" in "Le piccole morte"
(1906).
Nino Oxilia: "O
le mie strofe..." in "Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi:
"Chi sono?" in "Poemi" (1909).
Giuseppe Piazza:
"Proemio" in «La Vita Letteraria», marzo 1907.
Romolo Quaglino:
"Intermezzo" in "Dialoghi d'Esteta" (1899).
Salvatore Quasimodo:
"La poesia" in "Bacia la soglia della tua casa" (1981).
Yosto Randaccio:
"Divento poeta" in "Poemetti della convalescenza" (1909).
Emanuele Sella:
"L'Arte ed il Sogno" in "Monteluce" (1909).
Emanuele Sella:
"Vanitas vanitatis" in "L'Ospite della Sera" (1922).
Giuseppe Vannicola: "Corde della grande Lira" in «Leonardo», agosto 1906.
Testi
CERCO LA STROFA CHE
SIA FOSCA E QUETA
di Giovanni Camerana
Cerco la strofa che sia fosca e queta
Come il lago
incassato entro la neve;
Ier vidi il lago, ed
era il cielo greve,
Tetra la sponda e
bianca la pineta.
Cerco la strofa che
sia cupa e queta.
L’acqua pareva d’ombra, e riflettea
Gli spetri capovolti
delle piante.
Tutto era spetro; —
delle cose sante
L’alito per la triste
aura fremea.
Cerco la santa strofa
e l’alta idea.
Cerco la vaga strofa, indefinita
Come una lenta linea
di montagna
Quando incombe la
nebbia, e la campagna
Piange dell’anno la
fuggente vita;
Cerco la grigia
strofa indefinita,
La indefinita strofa orizzontale,
In cui si volga, con
cadenza blanda,
Come sui mesti
orizzonti, in Olanda,
Dei pensosi mulini a
vento l’ale,
Il fascinante sogno
sepolcrale.
(da "Poesie", Einaudi, Torino 1968, p. 31)
VENGO DA STRANE
LONTANANZE...
di Giuliano Donati
Petteni
Vengo da strane
lontananze e ancora
riprenderò domani il
mio cammino.
Da dove, verso dove?
Ecco è vicino
forse il mio giorno e
l'anima l'ignora.
Ma tu mi dici:
"Della primavera
cogli le rose, è
voluttà d'un fiore
la vita, ed
abbandonati all'amore
poichè langue nei
cuori una chimera.
Sorridi. La speranza
un nuovo giorno
dischiude, credi al
sogno che s'implora;
l'amor accogli quando
fa ritorno:
nulla è perduto e non
passata è l'ora."
Ma tace in me placato
ogni desio,
e guardo, là, sul
fiume della vita,
in disparte, pel mare
dell'oblio
degli uomini la
triste dipartita.
E nulla chiedo. Al
cuore non bisogna
più nulla. In me s'è
spenta la passione
e dolce m'è questa
rassegnazione
d'anima che non
piange e che non sogna.
(da
"Intimità", Zanichelli, Bologna 1926, pp. 26-27)
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