domenica 10 settembre 2023

Riviste: "La Vita Letteraria"

 

La Vita Letteraria è il titolo di una rivista italiana che uscì tra il 1904 ed il 1911. Fondata a Roma da Armando Granelli, che ne fu sempre il direttore, si occupò esclusivamente di letteratura, pubblicando prose, poesie, saggi e bibliografie; ebbe principalmente il merito di dare spazio ad alcuni poeti crepuscolari, come Corrado Govoni, Sergio Corazzini, Fausto Maria Martini, Marino Moretti e Tito Marrone; ma la linea editoriale di Granelli, si indirizzò verso orizzonti poetici lontani dal crepuscolarismo; così, il direttore ed i suoi sodali, finirono spesso per criticare la poesia di quelli che, malgrado i gusti personali, erano ritenuti degli amici. Tornando alle collaborazioni di cui la Vita Letteraria si avvalse, occorre ricordare altri nomi prestigiosi di fine Ottocento e d’inizio Novecento, come furono Domenico Gnoli, Arturo Graf, Luigi Pirandello e F. T. Marinetti; nello stesso tempo, vi pubblicarono per lo più versi, molti amici di Corazzini, che insieme a lui formarono una sorta di cenacolo nella capitale italiana; tra di essi si ricordano Gino Calza-Bini, Antonello Caprino, Carlo Basilici, Federico De Maria, Giorgio Lais, Guido Milelli, Giuseppe Piazza, Yosto Randaccio, Guido Ruberti e Cesare Giulio Viola. In conclusione, ecco tre poesie “crepuscolari” che uscirono per la prima volta sulle pagine della rivista romana.

 

 


 

 

TRA LE AIUOLE

di Giorgio Lais

 

Guardo e cerco... nel giardino

oltre i fiori sono fiori,

su cui indugiano i bagliori

dell'incendio vespertino.

 

Guardo e cerco... m'incammino

nell'incanto degli odori

fin che in alto trascolori

tutto il cielo adamantino.

 

Guardo e cerco... ma la sera

sopravviene in mezzo al verde

soavissima e leggera.

 

Piange il vento tra il fogliame,

che tremando si disperde

sotto un velo senza trame.

 

(da «La Vita Letteraria», 16 ottobre 1905)

 

 

 

 

L’ORFANO

di Sergio Corazzini

 

Le tue case, non altro, le tue case

bianche nel sole, bianche nella luna,

povero angiolino pensi, ad una ad una,

poi che nel cuor niente altro ti rimase.

 

E ne piangi il ricordo che t’invase

l’anima tutte le tristezze aduna,

tu che non hai da piangere nessuna

parola, piangi le tue vecchie case.

 

Rivederle! Non sogni questo bene?

Pur se lontane dalla scarna croce

che segna il tuo paese al viatore,

 

e se vi sieno ancor tutte e serene

domandare col pianto nella voce,

domandare col tremito nel cuore.

 

 (da «La Vita Letteraria», 1° novembre 1905)

 

 

 

 

IL MANICHINO

di Tito Marrone

 

In uno studio di via Margutta,

rifugio estremo

degli orpelli

naufragati nelle vendite;

fra un Pulcinella scemo

senza capelli,

con mezza faccia,

confinato in un angolo

e una Bautta

rimasta senza

piedi né braccia,

vidi vostra Eminenza.

 

Indossava la porpora

come ne' giorni di solennità,

volgendomi le spalle:

un po' curva, seduta su la sedia

di damasco a righe gialle,

con rassegnata aria di povertà.

Il cielo nuvoloso lesinava la sua luce

dall'altissima finestra a inferriata,

come dentro un pozzo.

E c'era tanfo di muffa e d'umido,

Eminenza, in quel vostro abito rosso.

 

Ma come da palazzo Vaticano

v'eravate ridotta

a vivacchiare invalida laggiù?

Qual caso strano

vi aveva poi condotta

quell'altra miseranda compagnia?

E dalla prigionia

chi v'avrebbe ora liberata più?

Quando m'avvicinai

per leggervi sul viso la risposta

fiammeggiante di sdegno,

m'accorsi che la vostra

fronte e il naso e la bocca

eran di legno;

vidi - ma senza

maraviglia, Eminenza -

che il vostro capo grigio era di stoppa.

 

 (da «La Vita Letteraria», 1° marzo 1907)

 

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